Attualità - 26 aprile 2025, 06:00

A BRASA ADUERTE

Oggi l'ultimo abbraccio del mondo a Francesco, il vescovo Prastaro tra i concelebranti. Poi la tumulazione a Santa Maria Maggiore. La cugina Carla: "Appena potrò, andrò a trovarlo"

A BRASA ADUERTE

Le braccia spalancate del colonnato del Bernini accolgono, oggi più che mai, l’umanità intera. Mater Ecclesia, la madre Chiesa, tende il suo abbraccio universale, sintetizzato in quel sorriso che in questi dodici anni tutti abbiamo imparato a conoscere. 

Un abbraccio di pietra e di preghiera, che si fa carne nel silenzio raccolto di piazza San Pietro, dove oggi si celebrano i solenni funerali del Pontefice venuto “dalla fine del mondo”.

Il cielo romano oggi vedrà un'altra pagina, un altro capitolo della sua storia millenaria. Però oggi si chiude una capitolo inedito, quello di un papa che per primo ha avuto il coraggio di assumere quel nome, Franciscus, che appena declamato dal cardinale protodiacono suonò subito un atto rivoluzionario. 

Ha fatto della Chiesa un ospedale da campo, e la pietra angolare del  suo pontificato la cura pauperum,  la cura dei poveri. Jorge Mario Bergoglio era un pastore e un padre.  

È il giorno del requiem aeternam, ma anche quello del grazie. Perché Francesco ha osato parlare un linguaggio nuovo, semplice e radicale, che ha scosso le coscienze e scavalcato muri. E' stato un papato anche controverso, e quando terminerà di salire  l'incenso, tra mesi e anni, anche la Storia potrà dare il suo giudizio, con più lucidità.  Ma tutto si potrà dire a Francesco, tranne che difettò del coraggio. Fino all'ultimo, fino a quel giro in papamobile la mattina di Pasqua quando già il filo stava per essere reciso.  

 Humilitas e tenacia, gesti improvvisi e parole spiazzanti, piedi lavati nelle carceri e silenzi pieni nei momenti più bui del mondo: questo è stato il suo pontificato. Oggi, quelle stesse braccia che hanno lavato, benedetto e consolato, tornano nelle mani di Dio. "Il pastore buono sta per essere raccolto dal pastore eterno" ha detto nella messa in suffragio il vescovo di Asti, Marco Prastaro, che oggi sarà tra le migliaia di concelebranti. 

Un corteo di cardinali, capi di Stato, religiosi e uomini comuni sta prendendo posto. Ma qui, più che i ruoli, conta il silenzio. Un silenzio che pesa, che racconta. Sul sagrato, la bara semplice con sopra un Vangelo aperto richiamerà  quella di  San Giovanni Paolo II, un altro gigante. Ma Francesco ha chiesto semplicità anche nella morte: senza pompa, senza vanità.

Oggi il mondo guarda a Roma non solo per dire addio a un Papa, ma per riconoscere un’anima che ha parlato al cuore degli uomini. L’ultimo saluto sarà preghiera, sarà canti in latino, sarà incenso che sale come speranza. E sarà, soprattutto, un abbraccio. Come quello eterno del colonnato, come quello di una madre che non lascia mai i suoi figli soli.

Poi, dopo i funerali, la traslazione nella basilica di Santa Maria Maggiore, nella nuda terra, come da lui richiesto espressamente nel testamento. Vicino a quella Salus Populi Romani che tanto ha amato e che fino all'ultimo, appena uscito dal Gemelli un mese fa,  quando già le ombre del crepuscolo terreno si allungavano drammaticamente, ha omaggiato con un mazzo di fiori gialli. 

E c'è chi andrà a trovarlo, non appena le condizioni di salute lo permetteranno. 

A spiegare chi fosse davvero Francesco per chi lo ha conosciuto prima che diventasse Papa, ci pensa Carla Rabezzana, cugina astigiana del Pontefice: un legame che nessun conclave ha mai interrotto. "Per me era più di un fratello, ogni ricordo è meraviglioso", ha raccontato con voce commossa. "Mio cugino sapeva sempre come tenerti su di morale, era sempre allegro, aveva la battuta pronta. Ogni ricordo per me è indimenticabile. Adesso è una perdita che non so spiegare… mi sembra di aver perso il resto della mia vita. Non sentire più la sua voce, non vederlo più… è un pensiero che ancora non riesco a rendermi conto".

E sul fatto che andrà a trovare il suo "Giorgio" a Santa Maria Maggiore, Carla  non ha dubbi: "Ma certo, ci può contare. Ora ho il piede ingessato, ma appena starò bene andrò con i miei figli. Andremo lì, a Roma, nella basilica dove sarà sepolto. Diremo una preghiera. Perché è quello che lui ha sempre chiesto: solo una preghiera. Sempre, fin dall’inizio. L’ha scritto anche nel suo testamento: "pregate per me". E noi lo faremo".

Alessandro Franco

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