Storie di Orgoglio Astigiano - 05 aprile 2025, 13:15

Storie di Orgoglio Astigiano. Elena, restauratrice: "Asti? È come il gesso, ingiustamente sconosciuto e scartato. Siamo pieni di chicche che non vengono comunicate"

Gallizio, 30 anni, nel 2022 ha restaurato il monumento a Vittorio Alfieri. "Serve un calendario di progettazione dei restauri delle opere di Asti. Il volersi bene di un territorio passa anche da questo"

Elena e i suoi lavori

Elena e i suoi lavori

Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Ultimo round, di Amedeo Preziosi, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify

Mi sono sempre chiesta come veda il territorio un restauratore di professione. 

Uno che, tra rovine, polveri e materiali vari, porta alla luce le vere forme di un luogo. 

L'ho chiesto a Elena Gallizio davanti a un caffè. 

Classe 1995, parla a macchinetta. 

Scrivo...

Elena, parliamo di te e di come nasce la tua passione per l'arte legata al tuo percorso di studi

Mi sono diplomata al Liceo Artistico “Benedetto Alfieri” di Asti nella sezione Rilievo e Catalogazione dei Beni culturali, che mi ha insegnato l'abc dell'arte e dell'idea del bene culturale in sé. Successivamente, ho passato il test d'ingresso per iniziare il percorso universitario presso il Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Torino in convenzione con la Fondazione Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”.  Durante il percorso accademico ho svolto differenti tirocini curriculari e cantieri formativi presso il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”; ad esempio, il restauro delle decorazioni in stucco della volta del Gabinetto degli Specchi presso Palazzo Chiablese a Torino e il restauro degli affreschi della Domus della Caccia Antica presso gli Scavi Archeologici di Pompei (NA).

In cosa ti sei specializzata?

Mi sono quindi specializzata nel percorso formativo professionalizzante n.1 (PFP1) composto da due settori, i materiali lapidei, musivi  e derivati (settore 1) e le superfici decorate dell’architettura (settore 2). La mia tesi di laurea tratta lo studio e il restauro di due bozzetti in gesso novecenteschi raffiguranti due profeti e realizzati dall’artista varesino Lodovico Pogliaghi,  provenienti dalla Casa Museo Lodovico Pogliaghi di Varese. In particolare, approfondisco due aspetti sperimentali specifici della ricerca nel campo del restauro dei manufatti in gesso, materiale artistico sempre presente nella mia attività lavorativa. Ho sperimentato molto sul gesso, che è un materiale poco conosciuto e spesso scartato, anche per i degradi che subisce e che ne influenzano la conservazione. 

Cosa succede dopo la laurea?

Arriva la pandemia. Io avevo iniziato a lavorare per delle ditte piemontesi, ma sentivo il bisogno di ampliare i miei orizzonti. Allora, sono andata a Modena e ci sono stata per un anno e mezzo. Modena è una città che mi ha dato moltissimo. Ho lavorato su una chiesa terremotata e poi sono andata anche a Ferrara. Da lì sono tornata in Piemonte e ho iniziato a lavorare per conto mio, dando vita al mio progetto "Consolidarte". 

Che rapporto hai con l'Astigiano, tu che per passione e mestiere ti trovi spesso a dover restaurare tanti gioielli del territorio?

 Sono molto legata a queste terre. Sono nata ad Alba, in realtà, e ora vivo a Chieri, ma nell'Astigiano ho trascorso gran parte della mia infanzia, nel paesino dei miei nonni materni, ad Antignano. Amo la realtà contadina e gli ambienti rurali, penso che l'Astigiano e il Monferrato abbiano bisogno di essere riscoperti. Siamo pieni di chicche che si fa fatica a scovare e, soprattutto, a comunicare. Serve valorizzarsi, per valorizzare. 

Hai lavorato su qualcosa di specifico ad Antignano, il tuo paese del cuore?

Sì, nel 2022 ad Antignano ho restaurato un paliotto d’altare in scagliola policroma, ovvero gesso colorato ad imitazione dei marmi colorati pregiati. Si tratta di un'opera che non era conosciuta nemmeno dai compaesani, all'interno di una chiesa cimiteriale, che quindi era anche decentrata. Questi paliotti sono beni che devono essere portati a conoscenza dei cittadini: sono opere del tardo Seicento o inizio Settecento, che hanno storie pazzesche. 

Che particolarità ha il paliotto d'altare di Antignano?

È lavorato con materiali locali. Qui da noi c'era e c'è molto gesso, per esempio, un materiale a me molto caro, come ti dicevo prima. Il gesso è un gioiello e vorrei che venissero valorizzati di più anche i soffitti di questo materiale, che sono una nostra grande peculiarità. È un peccato che spesso si scarti, come se non ne venisse colta l'unicità. Per fortuna da qualche tempo a questa parte inizia a esserci un cambio di rotta, ma c'è comunque tanto lavoro da fare. A tal proposito, vorrei collaborare con enti privati e pubblici, ma anche con associazioni, che possano investire in progetti territoriali per valorizzare tutto ciò che abbiamo a livello paesaggistico e di beni culturali. 

L'Astigiano come il gesso. Facciamolo scorrere morbido su una lavagna, tutta da (ri)scrivere

Sapevo che l'Astigiano fosse terra fertile per il gesso, ma non avevo mai pensato alla profonda analogia che esiste tra questo materiale e il nostro territorio. Entrambi accomunati da un triste destino: essere unici, ma troppo spesso incompresi e scartati. Messi da parte, confinati nell'ombra di una linea immaginaria tratteggiata da altri. E se la chiave fosse imparare ad amarsi in tutte le nostre fragilità? Come un gesso che scorre morbido su una lavagna, tutta da (ri)scrivere. 

Fare lo 'shampoo' a Vittorio Alfieri 

Come è stato restaurare il celebre monumento di Vittorio Alfieri ad Asti e cosa hai dovuto fare al nostro 'Toju'?

È stato proprio un bel lavoro. Vittorio Alfieri aveva bisogno di manutenzione delle superfici. Essendo un monumento e quindi esposto ad agenti esterni, necessitava di pulizia. Diciamo che gli ho fatto lo shampoo (ride, ndr). Per me è stato un grande orgoglio, parliamo di un’opera dell’Ottocento di Dini, fatta di marmo, con il basamento in granito. C’erano anche delle applicazioni in bronzo, su cui ha lavorato una collega specializzata. Sono stata a tu per tu con Toju per circa tre mesi, nel 2022. Quello su Alfieri è stato uno dei miei primi lavori, prima ancora di Antignano. Sono lavori che ricordo con affetto. 

Quanto è importante garantire la giusta manutenzione alle opere della nostra città?

Fondamentale. Ad Asti, per esempio, ci sono tantissimi monumenti nelle condizioni in cui versava Alfieri prima dell'intervento (e che comunque, annualmente, avrebbe bisogno di una ripulita, come tutti). La manutenzione regolare permette anche di evitare un dispendio di denaro enorme quando poi l'opera si danneggia perché è stata trascurata. La conservazione preventiva dovrebbe essere la prassi su qualsiasi opera d'arte, per evitare i fenomeni di degrado. 

È un concetto ancora difficile da far passare, quello della conservazione preventiva?

Sì, si pensa di spendere di più facendo manutenzione ogni anno piuttosto che intervenire in caso di danneggiamento e basta, ma non è così. Forse in altre regioni ci sono più aperture in questo senso. Penso che sarebbe molto funzionale e utile creare un calendario di manutenzione di tutti i nostri monumenti. Il volersi bene di un territorio, secondo me, passa anche da gesti come questo. 

Ci sono altri tuoi lavori che ricordi con emozione?

Sì, a Montechiaro d'Acqui, nell'Alessandrino, lo scorso anno ho restaurato i ruderi di una pieve romanica, Pieve del Cauro, che era stata una chiesa vera e propria fino al Novecento, per poi essere lasciata a se stessa. Insieme a una ditta edile ho recuperato tre muri, l'ho ripulita dalla vegetazione, collaborando con archeologi che nel frattempo facevano scavi per capirne meglio la storia. È stato un lavoro tosto e tenace: pulire pietre enormi da muschi e licheni mi ha assorbita parecchio, di fatto quattro mesi. Questo esempio mi fa anche venire in mente che la rete romanica che c’è in Monferrato è una delle più interessanti, è un gioiello di cui troppo spesso non siamo più in grado di vedere la bellezza. 

A cosa stai lavorando adesso e come funzionano, concretamente, le parti del tuo mestiere?

Sto per iniziare un lavoro al Castello di Monteu Roero, dove c'è un affresco da restaurare. Sono in attesa delle autorizzazioni. E per il resto, continuo a lavorare con e per il territorio (Monferrato, Langhe, Roero). Cerco di collaborare con tante realtà diverse. Vivo prettamente di cantieri, ma non lavoro solo a livello esecutivo, progetto anche. Da un lato creo progetti da inviare alle soprintendenze e dall’altro faccio manualmente, ecco. 

So che ci sono diverse tipologie di restauri. Ad ogni modo, penso che sia fondamentale il rispetto dell'opera che si ha davanti: agire, senza stravolgere. Quanto è complesso?

Esatto, tocchi un punto chiave del mio lavoro. Il restauro è un momento metodologico in cui c’è un’istanza storica e una estetica. Il bene culturale ha questa duplicità, non bisogna mai camuffare una di queste due parti. Fondamentale tenere a mente il rispetto dell’opera e l’approccio adeguato, che di solito consiste in un minimo intervento. Poche operazioni e mirate, per ridare il giusto valore a quel manufatto. Il restauratore sta dietro le quinte, studia opera e materiali, poi interviene, senza stravolgere, conservando il più possibile la materia originaria. Non siamo artisti, come spesso la gente pensa, ma medici, che curano opere d’arte che non sono state trattate bene prima e che ora hanno sviluppato patologie. Cerchiamo di guarirle, ecco. Ogni paziente, pertanto, è a sé e ti dice, implicitamente, cosa fare e cosa non fare, fino a dove puoi spingerti. Il restauratore non può mai mettere nulla di personale; c’è un metodo scientifico da applicare. Nello specifico, io tratto restauri conservativi. Non si imprime nulla di sé: l'opera ha già un valore. C'è solo bisogno di riportarlo alla luce. E questo è il mio compito. 

Un po' come la vita

Più Elena parla, più colgo similitudini tra il suo lavoro e la vita. Il rispetto, l'abbandono, lo scorrere del tempo, l'occhio clinico di chi vede valori sepolti sotto la sabbia e li vuole riportare in auge, la capacità di essere spettatori attivi di un'esistenza che possiamo plasmare, ma applicando comunque un metodo coerente con il nostro sé più profondo. Bellissimo. Le parole di Elena, mentre prendo nota, mi cullano e disegnano linee sinuose. 

Un consiglio ai ragazzi che vorrebbero intraprendere il tuo percorso?

Capire che cosa sentite. Se avete passioni forti, è giusto coltivarle. Non tenetele per voi, ma fatevi aiutare da chi vi tende la mano. Nel ramo del restauro o diventi tecnico o diventi restauratore. Si diventa tecnico di restauro dopo aver frequentato corsi regionali di tre anni. È un lavoro operativo che collabora con il restauratore. Non progetta, ma esegue. Penso sia importante far capire ai ragazzi che ci sono alternative, anche in questo campo. E, in generale, ci dovrebbe sempre essere un affiancamento lavorativo post studio: qualcuno che insegni un mestiere. Qualunque esso sia. 

Se non avessi fatto la restauratrice, che cosa ti sarebbe piaciuto fare?

Probabilmente avrei comunque fatto qualcosa di artistico. Ho studiato canto, suono un po’ di strumenti per hobby, quindi forse sarei rimasta nell’arte, ma a livello musicale.

Il mondo del restauro è più maschile, femminile o c'è parità numerica?

In base ai settori di specializzazione cambiano le percentuali. Il restauro è un mondo più femminile che maschile. Va, però, un po’ a settori e generazioni. Nella parte di cantieristica ho più a che fare con uomini, per esempio. C’è bisogno di un confronto continuo: il restauratore ha necessità di figure diverse attorno. Non è un mestiere statico in nessun senso. Ti fa sempre crescere e migliorare.

E a livello di ricambio generazionale?

Si fa fatica a garantirlo, sì. Anche perché l'università specifica non c’è da sempre. A Torino c'è da 20 anni. I principali corsi un tempo erano solo a Roma, a Firenze e poco altro. È un mestiere complesso, in cui è importante avere un background interdisciplinare. Il restauratore è un paradosso vivente: ha l'arte di fronte, ma è una figura scientifica. 

Chi è Elena 

Elena Gallizio è nata ad Alba, dove tutt’oggi ha sede la sua attività lavorativa Consolidarte. La passione per l’arte si sviluppa molto presto: disegna e dipinge tra le mura di casa e si avvicina al mondo della musica già da bambina, per poi proseguire i suoi studi artistici, durante l’adolescenza, nel mondo del pattinaggio artistico su ghiaccio. 

Il suo percorso lavorativo inizia in area piemontese lavorando presso diverse ditte di restauro che la portano a maturare esperienza in campo di monumenti lapidei e facciate storiche.  

Nel 2021 prende la decisione di traferirsi in Emilia-Romagna, dove rimarrà per circa un anno. Questo periodo la formerà  molto a livello lavorativo: avrà l’opportunità di lavorare su edifici terremotati in provincia di Mirandola e su facciate di edifici storici nel centro storico di Ferrara. 

Nel 2022 ritorna in Piemonte e decide di aprire la sua attività individuale di conservazione e restauro dei beni culturali con il nome Consolidarte di Elena Gallizio, progettando ed eseguendo diversi interventi di restauro nel territorio  piemontese. In particolare, la troviamo ad Asti a progettare e ad eseguire il restauro del monumento celebrativo a Vittorio  Alfieri e, nello stesso anno, ritorna ad occuparsi di opere in gesso; si occupa, infatti, del restauro di un manufatto artistico molto particolare e specifico del territorio piemontese. Si tratta di un paliotto d’altare in scagliola policroma, ovvero gesso  colorato ad imitazione dei marmi colorati pregiati, situato presso Antignano d’Asti. In questo lavoro collabora attivamente  con diverse figure professionali, persone e realtà locali ed insieme ad una sua collega storica dell’arte approfondiscono  gli aspetti stilistico-attributivi del manufatto.  

Proseguono le sue collaborazioni sul territorio con colleghi e ditte, coniugandole con le sue attività di progettazione e  restauro di soffitti affrescati presso privati nel Torinese. 

Il 2024 segna per lei la svolta per l’inizio di nuovi stimolanti progetti e collaborazioni: si occupa del restauro dell’antica Pieve del Cauro, in Valle Bormida, presso Montechiaro d’Acqui (AL) e consolida importanti collaborazioni con colleghi  e altre realtà territoriali. 

Attualmente svolge la sua attività tra Torino, Alba, Asti ed Alessandria per enti pubblici e privati, collaborando con  diverse figure professionali, svolgendo anche attività di consulenza, manutenzione, ricerca, documentazione e per progetti di valorizzazione e riqualificazione territoriale. 

Elisabetta Testa


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Orgoglio Astigiano è un progetto che vuole portare alla luce storie di vita e di talenti del territorio, che trova il suo spazio nella rubrica settimanale “Storie di Orgoglio Astigiano”, a cura della giornalista Elisabetta Testa.

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