Informazioni tecnico-giuridiche e testimonianze di chi ha vissuto il tema della difficile integrazione nello sport e nella vita nel quarto incontro presso la Questura di Asti del progetto "Sport e legalità", nato dalla collaborazione tra CONI e Polizia di Stato.
Ieri sera, lunedì 17 marzo, alle ore 20.30, il Questore di Asti Marina Di Donato ha dato il benvenuto ai rappresentanti delle società sportive della Provincia affiliate al CONI. Al suo fianco il Dott. Domenico Papa, Dirigente dell'Ufficio Immigrazione ha affrontato il tema dei permessi di soggiorno per gli sportivi.
Permesso di soggiorno per sportivi: normativa e procedure per l'ingresso e la permanenza in Italia
L'ingresso e la permanenza degli sportivi extraeuropei in Italia sono regolati da normative specifiche, che distinguono cittadini extraeuropei che si trovano già sul territorio italiano e quelli che devono ancora entrare nel Paese. A seconda della categoria d'appartenenza, le procedure per l'ottenimento del permesso di soggiorno variano.
Se l'atleta si trova all'estero, la società sportiva deve richiedere autorizzazione al CONI. Per i professionisti è necessario un contratto di soggiorno, mentre per i dilettanti la società deve garantire vitto e alloggio. Dopo il via libera della Questura lo sportivo può ottenere il visto e completare le pratiche presso lo Sportello Unico per l'Immigrazione e l'ufficio postale.
Se l'atleta è già in Italia, basta stipulare un contratto di lavoro per ottenere il permesso di soggiorno. Per minori non in regola, da 15 a 18 anni, il vincolo perché possa essere è quello di aver frequentato almeno un anno scolastico prima del suo arrivo in Italia.
Infine, al termine della carriera sportiva, il permesso di soggiorno può essere convertito in uno per lavoro subordinato, a condizione che l'ex atleta trovi un'occupazione regolare.
Il ruolo dell'avvocato nel mondo sportivo
L'avvocato e presidente della Camera Penale Davide Gatti, ha fatto chiarezza sul suo ruolo all'interno dello sport. Erroneamente l'avvocato che si occupa di sport è troppo spesso paragonato ad un procuratore. In verità il primo si occupa della giustizia sportiva, parallela a quella ordinaria, e della parte contrattualistica.
"Le società che vogliono alzare l'asticella, devono rivolgersi a professionisti che siano d'aiuto dal punto di vista dello sviluppo manageriale. Un esempio locale è la crescita esponenziale del pugilato, con vertice Etinosa Oliha e tutto lo staff che lo segue." Conclude l'avvocato.
Le testimonianze dei protagonisti: Lys Gomis e Davi Alves Rodrigues
Lys Gomis, nato a Cuneo il 6 ottobre 1989 da famiglia d'origine senegalese, fin da bambino ha coltivato il suo sogno di diventare calciatore. Grazie a talento e determinazione è riuscito a realizzarlo, arrivando a vestire le magie di Torino, Spal, Lecce e Trapani tra le altre, in Serie A e Serie B. Ma il calcio per lui non è stato solo una carriera, ma motore di un'inclusione che gli ha permesso di sentirsi italiano, nonostante le difficoltà burocratiche che lo avevano reso l'unico extracomunitario della sua famiglia.
Dopo anni nel professionismo e la scelta di rappresentare il Senegal per rispetto dei suoi genitori, gli infortuni e la lontananza dal calcio lo hanno messo di fronte ad un vuoto inaspettato, tanto da arrivare ad odiare profondamente lo stesso sport che lo aveva fatto diventare "grande". Senza lo sport come riferimento, ha vissuto un periodo buio, segnato da dipendenze e perdita di identità :"Ero un uomo morto. Andavo in giro con una "maschera" felice, fatta di soldi e fama, ma senza lo sport avevo perso me stesso e iniziato a fare uso di sostanze e alcol. Non avevo uno scopo futuro, finchè non sono entrato nell'Associazione Narconon di Villafranca D’Asti. Grazie a loro sono tornato me stesso e hanno dato uno scopo alla mia vita, quando mi sentivo inutile."
Oggi Lys ha trasformato la sua esperienza in un messaggio di speranza per i giovani. Attraverso progetti di prevenzione, porta la sua testimonianza nei centri sportivi per sensibilizzare ragazzi e famiglie, e ai genitori dice: "Lasciate scegliere ai ragazzi la loro strada. Se è una loro decisione, faranno di tutto per arrivare all'obiettivo."
Davi Alves Rodrigues, ormai quasi 49enne, è cresciuto nella periferia più pericolosa di San Paolo, in Brasile, dove il calcio era molto più di un gioco: era l'unico modo per costruirsi un futuro. Giocava nel Corinthians in cambio di borse di studio, alternando scuola e allenamenti, sognando un'occasione per cambiare vita. A 17 anni ha lasciato casa con il benestare della madre per inseguire il suo sogno, vivendo sotto una tribuna per mesi. A 18 anni, grazie all'ex calciatore Sergio Clerici è arrivato in Italia per il Torneo di Viareggio. Si era integrato bene e stava vivendo un sogno a Milanello, ma nel 1995 le regole consentivano il tesseramento di soli tre extracomunitari: "Dopo tre mesi mi hanno detto che dovevo tornare in brasile, ero perso".
La voglia di tornare in Italia non lo ha mai abbandonato. Ha continuato a giocare e a studiare, ottenendo una borsa di studio grazie al futsal. Poi, attraverso un torneo in Belgio, ha trovato un'occasione per rientrare nel calcio italiano. Scoprì che sua nonna era italiana, perché il padre originario della Provincia di Bergamo e, con ancora tutte le relative documentazioni utili. Dopo mille peripezie Davi ottenne così la cittadinanza italiana e un contratto con la BNL, squadra che aveva appena vinto la Champions League di futsal.
Il passaporto italiano gli ha dato nuove opportunità, ma non ha cancellato le difficoltà di sentirsi sempre "diverso". Anche suo figlio, nato a Bari, con un cognome brasiliano, ha vissuto questo dualismo: cresciuto come italiano, ma spesso identificato solo come brasiliano, tanto che un telecronista continuava a definirlo così in diretta durante la sua ultima convocazione nella Nazionale Italiana, di cui ha fatto parte come più giovane convocato di sempre nell'Under 19.
"Siamo contenti di far parte di un popolo che ci ha abbracciato -conclude Davi, elogiando anche il calore italiano- Dicono del Brasile che è caloroso, ma anche l'Italia non scherza".
Due storie di sacrifici e riscatto, di identità e appartenenza, che dimostrano come lo sport possa essere una strada per realizzare i sogni e sentirsi finalmente a casa.