In occasione del Consiglio comunale del 3 marzo il Sindaco Rasero ha lanciato un’idea davvero innovativa per risolvere il problema dell’ultra ventennale “bubbone” del vecchio Ospedale. L’idea è quella di conservare lo storico chiostro seicentesco attraverso un centro commerciale. Le commistioni urbanistiche non ci spaventano; legare costruzioni d’epoca con architetture contemporanee e i suoi materiali può dare risultati positivi, dipende tutto dalla capacità progettuale.
L’Europa e anche l’Italia sono piene di tali riuscite commistioni e non si può escludere, aprioristicamente, che il chiostro seicentesco del vecchio ospedale, rinato a nuove funzioni, possa legarsi, sul piano puramente architettonico, ad un centro commerciale. Ciò che stona, nella mirabolante ma soprattutto nuova proposta del Sindaco, è riproporre, ancora una volta, un’ipotesi di centro commerciale, questa volta nel cuore della città. Non solo si caldeggia l’insediamento di una funzione altamente generatrice di traffico, in un centro ridotto a “camera a gas”, ma si propone l’ennesimo insediamento commerciale in una città che, di centri commerciali e anche di residenziale privato, sta morendo per asfissia! Se il Sindaco ha deciso di uccidere il commercio ad Asti noi pensiamo che lo debba dire chiaramente!
Un centro commerciale che nasce dal recupero di quella situazione degradata comporta un investimento tale da presumere una ricaduta, sia in termini di tipologie di vendita sia in metri cubi di investimento e ritorno dello stesso, tale da far chiudere ogni tipo di attività commerciale del centro che gravita su Piazza Alfieri. Guardandoci intorno tra Via Bottallo, P.zza Alfieri, Viale alla Vittoria registriamo l’esistenza in ambito alimentare di un market sotto i Portici Pogliani, di un market tra Via Cafasso e Viale alla Vittoria e del Mercato Coperto per il quale questa Giunta non ha mai operato per un effettivo ed efficace rilancio. A tali situazioni vanno aggiunti i negozi alimentari di vicinato che resistono stoicamente, e tutte le altre tipologie merceologiche commerciali, moltissime delle quali di pregio, che insistono in tutta la zone e che si dibattono anch’esse fra mille difficoltà di sopravvivenza.
Siamo altresì certi che, nella “originale” proposta del Sindaco, manchi un “convitato di pietra” che nella storia di Asti, città condizionata da sempre “dal partito del mattone”, non può mancare: dall’area del vecchio Ospedale, dalle sue cubature su 5 piani, impossibile non ricavare, accanto al centro commerciale, una bella quota di edilizia residenziale.
La Variante al Piano regolatore, la numero 39 di un Piano vecchio di oltre 20 anni, conferma una capacità insediativa di 129 mila abitanti, una follia a fronte degli effettivi scarsi 70 mila residenti, in decrescita, che consente la continua produzione di alloggi residenziali. Alla Torre Littoria 15.600 metri cubi di nuovo residenziale, prossimamente altro residenziale nell’ex UPIM di C. Alfieri. Tutto questo mentre Confcooperative propone il social housing (la casa sociale) con affitti a 300/500 euro al mese!
A parte l’affitto per nulla sociale, a fronte dei salari esistenti, siamo certi che tali iniziative “sociali” prevedano nuovi ghetti periferici e nuovo consumo di suolo. In questa città si riuscirà mai a parlare di edilizia popolare, di “rigenerazione urbana”, abbattimento di contenitori irrecuperabili e relativa rigenerazione di spazi da assegnare ad aree verdi, giardini, attività sportive, perché no, anche nel centro cittadino?
Gruppo UNITI SI PUO’ Mauro Bosia – Vittoria Briccarello