“Buongiorno avvocato,
alcuni mesi fa mi sono sottoposto a un intervento chirurgico e subito dopo le dimissioni ho iniziato ad avere problemi di salute e ad accusare fastidi alla zona appena operata.
Mi sono dunque recato nuovamente in ospedale, dove mi è stata diagnosticata un’infezione che ha causato un danno permanente.
Volevo dunque sapere come potessi agire nei confronti dell’ospedale e dei medici che mi hanno operato, per poter almeno ottenere un risarcimento.”
Gentile lettore,
la sua situazione è purtroppo ricorrente nelle aule di tribunale e la giurisprudenza attinente alla responsabilità dei medici è infatti copiosa.
Una delle pronunce più recenti è la n. 1833 del 27 dicembre 2024 del Tribunale di Reggio Calabria che conferma l’orientamento maggioritario della giurisprudenza della Suprema Corte, ormai consolidato a partire dalla sentenza n.589/1999.
La Corte di Cassazione aveva allora introdotto il concetto di “contatto sociale” in materia di responsabilità civile e, nello specifico, nell’ambito della responsabilità contrattuale. La responsabilità civile, infatti, si suddivide tra contrattuale ed extra-contrattuale, a seconda appunto che vi sia o meno un rapporto contrattuale tra le parti.
La responsabilità dei medici individuata nella suddetta sentenza della Cassazione, dunque, veniva ricondotta nell’alveo della responsabilità contrattuale e, precisamente, come si diceva, in quella da “contatto sociale”.
Questa espressione viene utilizzata per identificare: “una forma particolare di responsabilità contrattuale che nasce però non da un “contratto”, bensì da un “contatto sociale”, ovverosia da un rapporto che si instaura tra due soggetti in virtù non di un accordo tra le parti, ma di un obbligo legale”.
L’obbligo legale, nel suo caso, deriva dal vincolo giuridico che impone al medico specifici obblighi di diligenza e corretta esecuzione della prestazione sanitaria non appena il paziente viene accolto in ospedale.
Quanto finora affermato ha come conseguenza che il sanitario può essere ritenuto responsabile, a meno che non dimostri che il danno sia dipeso da una causa imprevedibile e inevitabile. Il medico, infatti, per dimostrare che abbia correttamente gestito il rischio infettivo derivante da un’operazione chirurgica, deve documentare scrupolosamente tutte le misure adottate per garantire la sterilità degli ambienti e la sicurezza del paziente.
Dunque, una volta che lei avrà dimostrato il nesso causale, ovverosia il rapporto causa-conseguenza, tra l’operato dei sanitari e l’aggravamento della sua patologia o l’insorgenza di una nuova, sarà onere del medico o della struttura ospedaliera provare che l’infezione derivi da una causa imprevedibile e inevitabile, che si sarebbe quindi verificata anche con l’adozione di tutte le misure necessarie individuate dalle linee guida.
In caso di infezione post-operatoria, qualora sussista il cennato nesso causale e in mancanza di una documentazione esaustiva sulle precauzioni adottate, si è pertanto in presenza di un inadempimento da parte della struttura e del medico, con conseguente responsabilità risarcitoria.
Concludendo, dunque, vista la sua diagnosi, le consiglio di rivolgersi a un avvocato di sua fiducia al fine di tutelare il suo buon diritto nei confronti dei responsabili.