Storie di Orgoglio Astigiano - 08 marzo 2025, 12:00

Storie di Orgoglio Astigiano. Il teatro giovane dei Sine Vultu: "Asti non è una città da cui fuggire, ma un luogo da far rinascere"

Una compagnia teatrale emergente formata da nove ragazzi, dai 17 ai 24 anni, che dà speranza a una città che troppo spesso fa resistenza al cambiamento

I Sine Vultu

I Sine Vultu

Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Word Up!, dei Korn, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify

Con gli amici si decide di andare a una cena con delitto. Andiamo alla pro loco di Cantarana. Ad animare la serata i Sine Vultu, una giovanissima compagnia teatrale che non conoscevo prima. 

Ci innamoriamo di quella serata. L'atmosfera che si respira è incredibile: la nostra tavolata è ancor più surreale del solito. Questi ragazzi ci hanno fatto viaggiare per un paio d'ore, attraverso una scrittura coinvolgente e un carisma non scontato. A fine spettacolo voglio sapere qualcosa di più, per capire come posso, nel mio piccolo, dare una mano a giovani così in gamba che fanno cose così belle. 

Sono tutti di Asti. Capisco che il progetto di Orgoglio Astigiano è anche questo: scrivere di chi, nonostante tutto, ci sta provando. Con un'energia contagiosa. 

Ragazzi, come e quando è nata l'idea dei Sine Vultu?

È partito tutto per caso e per gioco, nel dicembre 2023. Un'associazione culturale di Castelnuovo Don Bosco voleva organizzare una cena con delitto. Noi veniamo coinvolti perché siamo o siamo stati tutti parte del teatro autogestito del Liceo Classico Alfieri di Asti. Era una proposta interessante e allora, come con gli Avengers, Gianluca Fresia ha iniziato a chiamarci per azzardare una formazione. 

E la prima cena con delitto come era andata?

Bene! Era stato molto divertente, ma anche molto alla buona. Nei giorni successivi a quel primo evento, diciamo che abbiamo riflettuto molto e ci abbiamo visto del potenziale. Per cui abbiamo provato a dare continuità al progetto. 

E gli eventi successivi?

Nel marzo 2024 a San Pietro, all’oratorio, ma era stato ancora molto scanzonato. Nel settembre dello scorso anno abbiamo ufficializzato la cosa, creando logo, social e progettazione dedicata. In quel momento abbiamo dato vita allo spettacolo “Vino per tre”, andato in scena il 21 gennaio 2025 in Sala Pastrone. 

Di cosa parla "Vino per tre"?

"Vino per tre" vede in scena tutti noi, nove persone, ma divisi in due gruppi. Due gruppi che recitano la stessa scena: prima seria e poi comica, come se la situazione si ribaltasse. Due coppie di amici e fidanzati vanno a cena al ristorante e succedono drammi su drammi, che in qualche modo scindono le coppie. Queste scissioni vengono 'arbitrate' dalla cameriera del locale. Si inizia con una parte drammatica, stemperata da un momento metateatrale in cui ci siamo noi che commentiamo l'inefficacia della scena e il secondo gruppo dei nostri che prende le redini dello spettacolo e lo fa di nuovo, ma in chiave comica. 

Cosa volevate comunicare con questo spettacolo e da chi è stato scritto?

Volevamo creare un evento per presentarci, per dire che esistevamo. La domanda che ci siamo fatti inizialmente è stata: cosa ci rappresenta come gruppo? Siamo in primis un gruppo di amici, molto unito. Quando ci vediamo passiamo dalle cose serissime a momenti cazzari. Volevamo trasmettere quel mood lì, perché, almeno in quella fase, era ed è il nostro. Lo spettacolo è stato scritto dalla nostra Beatrice Bernini, 20 anni. 

Quanto è importante per voi curare la componente autoriale dei testi che portate in scena?

Teniamo molto a questo aspetto, che ci contraddistingue. Cerchiamo di produrre sempre testi nostri o comunque, quando non si può, di riadattare il più possibile opere esistenti in chiave nostra. Ci siamo messi insieme anche per fare ordine tra il caos che abbiamo in testa, perché poi abbia un senso. 

Cosa vuol dire teatro per voi?

Il teatro è un po’ come lo specchio della vita: il tuo modo di stare in scena è simile a come prendi la vita. C’è chi ride per una scena e chi ne fa dramma: un po' come il doppio punto di vista su cui abbiamo voluto riflettere attraverso "Vino per tre". 

Il rubinetto perde? Suonaci sopra 

Già. Specialmente in questi mesi sto capendo davvero che la vita è ciò che tu vuoi vederci dentro e che tutto sta nel modo in cui prendi e affronti le cose. C'è chi ride e chi ne fa un dramma. C'è chi, quando il rubinetto perde, si dispera, ma c'è anche chi, in quel gocciolio, ci sente una melodia e ci suona sopra. 

Siete tutti astigiani per cui la domanda è d'obbligo. Come sentite Asti? 

Premettiamo che il feedback dopo l'evento in Sala Pastrone è stato ottimo. Chi è intervenuto quella sera ci ha detto che serviva una compagnia nuova. Ci hanno detto che stavamo dando speranza, in una città che credevano ferma e restia al cambiamento. È stato bellissimo sentire queste parole. Ciò detto, si potrebbe fare molto di più per questo territorio. Tra i giovani come noi c’è la tendenza a pensare che Asti sia un buco. Invece pensiamo che Asti possa essere molto più importante di ciò che è, al di là del polo enogastronomico che rappresenta. Ci dispiace che i giovani vedano Asti come un posto da cui fuggire, perché è un luogo da far rinascere. 

Qual è il problema secondo voi?

Probabilmente c’è il sentore di essere schiavi dell’Asti come città di provincia, del vino, del Palio, tutti grandi eventi, ma che iniziano ad avere sempre meno presa sul giovane, che forse guarda altro. Tradizioni forse limitanti, se prese da sole senza guardare tutto il resto che la città potrebbe offrire. La cittadinanza, per esempio, si è quasi dimenticata del suo Teatro Alfieri o del Festival Asti Teatro. C’è poco coinvolgimento dei giovani. Sarebbe bellissimo, a tal proposito, poter riportare la voglia del teatro nei ragazzi. Trasmettere loro il messaggio che fare teatro non è "roba per vecchi". C'è tanto lavoro da fare e noi speriamo di poter essere una piccolissima parte di questo cambiamento, abbattendo i preconcetti sul teatro e sul teatrante, portando in scena il nostro divertimento, per condividerlo. 

Un consiglio a chi cerca se stesso?

Rimanere aperti in primis. E poi,  se senti che vuoi fare qualcosa nella vita e sei giovane, allora non avere paura, perché piuttosto, se non è la tua strada, troverai altre porte, altre percorsi. Non fermarti: fallo e basta: questo è un mondo selettivo, dove sono più i no che i sì, ma la chiave è rappresentata proprio da quei sì che ti cambiano la vita. Fallo, vai al di là della paura, perché se rimani fermo ad aspettare il momento giusto, la persona giusta, il contesto giusto, non succederà mai niente. Inizia da qualche parte, fai qualcosa. Provare è un qualcosa che ti rimarrà, è tutta esperienza: non farlo è peggio, perché ti rimarrà il rimpianto. Vivere senza mai dire di no a nuove sfide. E trovare altre persone simili con le stesse passioni. Perché il gruppo ti sprona tantissimo: è ossigeno allo stato puro. 

Dietro i Sine Vultu 

-Gianluca Fresia, 24 anni, studia Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Torino
-Noemi Garlano, 20 anni, studia Scienze e Tecniche psicologiche a Torino 
-Alessandro Cussotto, 19 anni, studia Global Law and Transnational  Legal Studies a Torino
-Oliviero Marchiando, 20 anni, studia Scienze politiche e sociali
-Céline Beltrame, 19 anni, frequenta il quinto anno al Liceo Classico Vittorio Alfieri di Asti
-Beatrice Bernini, 20 anni, Propedeutico di recitazione e propedeutico di scrittura presso la Civica scuola di teatro Paolo Grassi di Milano. Mi dice che prende parte a vari progetti, che sta girando un film con una compagnia di Torino, che è apparsa nel video della canzone "Dimenticarsi alle 7" di Elodie. 
-Lorenzo Morosino, 17 anni, frequenta il quarto anno al Liceo Classico Vittorio Alfieri di Asti
-Francesca Viarengo, 19 anni, studia Relazioni Internazionali a Torino.
-Chiara Ferrero, 19 anni, studia Scienze biologiche all'Università degli Studi di Genova. Mi dice che la compagnia teatrale è il motivo per cui torna ad Asti, la spinta, quel qualcosa in cui crede davvero. 

Molti di loro hanno partecipato al workshop "Presente" dell'attore Simone Coppo (anche lui Orgoglio Astigiano, CLICCA QUI per rileggere l'intervista), prendendo parte anche al suo corto "Eh". 

Mi dicono che Simone è "un maestro, ma anche un amico. Un ragazzo che ha voglia di aiutare, di insegnarti cose, in un mondo in cui questo non lo fa più nessuno". 

Elisabetta Testa


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Orgoglio Astigiano è un progetto che vuole portare alla luce storie di vita e di talenti del territorio, che trova il suo spazio nella rubrica settimanale “Storie di Orgoglio Astigiano”, a cura della giornalista Elisabetta Testa.

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