Viviamo in un posto bellissimo - 04 gennaio 2025, 07:23

Viviamo in un posto bellissimo riuniti nel rispetto

Puntata dedicata alla parola dell’anno: rispetto. Parola bellissima, attuale e socialmente rilevante, così piena d’appartenenza alla medesima famiglia umana

1969, Aretha Franklin canta "Respect" con la Royal Philharmonic Orchestra

1969, Aretha Franklin canta "Respect" con la Royal Philharmonic Orchestra

Per Treccani è “rispetto” la parola dell’anno. Ce l’ha ricordato anche il Presidente Mattarella indicando la via per una revisione del vivere assieme nel suo recente discorso di fine anno. Vocabolo indubbiamente bellissimo, selezionato ”per la sua estrema attualità e rilevanza sociale quale sentimento e atteggiamento di stima, attenzione, riguardo verso una persona, un’istituzione, una cultura, che si può esprimere con azioni o parole”.

 Del rispetto ne cantava, già nel 1986, Zucchero. Ve lo ricordate? «Non c’è più rispetto / neanche tra di noi». Ne cantava, molto probabilmente influenzato dalla più famosa canzone di Aretha Franklin, “Respect”, registrata nel 1967. Canzone tirata fuori un paio d’anni prima da un grandissimo del soul: Otis Redding, con una versione incentrata sul punto di vista di un uomo che chiede considerazione e rispetto alla sua compagna. Due anni dopo Aretha ribalta le carte in tavola modificando la prospettiva, con una donna a pretendere rispetto. Brano trasformato in manifesto femminista, a sottolineare che sul tema rispetto di genere ce ne fosse da fare un tot. Ne cantavano però in anni in cui le cose si riuscivano ancora a cambiare, anni in cui la necessità portava a scendere in piazza anche per trovare un po’ più di rispetto. Non che oggi non si possa, anzi, con la vicinanza virtuale che è sempre più globale, potrebbe essere ancora più facile cambiare. Mettiamo pure che un po’ più di benessere diffuso abbia annacquato, ma alla fine credo che più che tutto ci siamo scordati di quanto sia indispensabile il rispetto.

 Passati anni, il termine è proprio giusto sia ripreso, vista la continua mancanza di rispetto alla base della violenza esercitata quotidianamente nei confronti delle donne, delle minoranze, delle istituzioni, degli uomini, della natura e del mondo animale. Parola costruttiva che affonda le sue radici nel latino respicere, letteralmente guardare di nuovo, guardare indietro, non farsi prendere da giudizi affrettati. Parola citata milioni di volte, spesso anche a sproposito. Quindi ben venga l’invito Treccani di un suo uso semanticamente e civilmente corretto, valore da condividere nella società civile. Decisione che è auspicio, desiderio di costruire, di apprezzare le ricchezze e le potenzialità degli altri, allenarsi alla bellezza del prendersi cura, del fare attenzione, del preoccuparsi per la vita altrui, nel gusto d’appartenere alla medesima famiglia umana.

Davide Palazzetti

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