Storie di Orgoglio Astigiano - 28 dicembre 2024, 12:55

Storie di Orgoglio Astigiano. Lucrezia: "Io e la mia doppia vita, igienista dentale e scrittrice. I sognatori? Quelli che sanno godersi il viaggio, non chi si butta senza paracadute"

31 anni, genovese, Lucrezia Pernigotti vive nell'Astigiano. È autrice del romanzo "Il dono del basilico". "Cercate quel barlume di follia che vi rende vivi e alimentatelo ogni singolo giorno"

Lucrezia

Lucrezia

Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Canta ancora, di Arisa, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify

Conosco Lucrezia Pernigotti, 31 anni, durante un evento culturale a Trino Vercellese. Entrambe siamo state invitate a parlare dei nostri libri dall'amico Raffaele Borghesio. Resto affascinata dalla parlantina di Lucrezia: emana chiaramente un'ottima energia. Viene fuori che ha dei legami con l'Astigiano, pur non essendo nata qui da noi. È autrice del romanzo "Il dono del basilico", ma quello che più mi attira di lei è che ha tante vite in una sola. Dalla dirompente emotività, mi ci sento in sintonia fin dal principio. Sono curiosa di sapere tutto di lei. 

Lucrezia, raccontami un po' di te. Chi sei?

Ho 31 anni, sono nata nel 1993 a Genova, sono 'furesta' (ride, ndr). A Genova sono rimasta fino ai 24 anni. Sono un'igienista dentale, attualmente lavoro in diversi studi tra Piemonte e Liguria, come libera professionista. 

Come arrivi a conoscere e, soprattutto, a respirare l'Astigiano?

Nel 2016 i miei genitori si sono trasferiti nell'Astigiano. Nel frattempo io me ne sono andata da Genova, per fare il Conservatorio a Milano, città in cui sono rimasta dal 2019 al 2021, quando mi sono diplomata in Canto Pop Rock e ho deciso di prendere casa nell'Astigiano. A breve mi stabilirò in autonomia a Costigliole d'Asti. L'amore per Genova resta, ma mi considero un'astigiana d'adozione molto convinta. 

Come vedi il territorio astigiano?

Ad oggi, anche se non ho ancora avuto modo di viverlo in maniera domestica, diciamo, penso che il territorio sia molto aperto al lavoro. Almeno, i settori che vedo, anche quello musicale, hanno molta cura per i dettagli, rispetto a Genova che perde un po' dei pezzi in questo senso. Asti è un centro nevralgico da cui c'è la possibilità di amare diversi interessi. E, in più, è proprio in una posizione strategica a livello geografico. Non la vivo come una realtà chiusa, trovo che ci siano persone meravigliose. Non ho percepito alcuna barriera, mi trovo su un territorio che ha tanta voglia di fare, che concede molte possibilità e in cui, se anche c'è l'errore, viene accettato come punto di partenza per l'esperienza. E non è da dare per scontato: in certe città sbagli una volta e hai finito la tua carriera. 

Cos'è cambiato in te da quando sei ad Asti?

Da quando sono ad Asti amo ancor di più il contatto con la natura. E me lo hanno trasmesso queste morbide colline. Sì che prima avevo il mare, ma dopo che facevo mezz'ora di macchina. Qui sto nel verde, sono felice. Asti va bene per la me di adesso, ma non sarebbe andata bene per la me di 20 anni. Ora ricerco e apprezzo le cose più semplici. A Genova ho il mio compagno e molti amici, che mi danno equilibrio. La mia intenzione, ad oggi, è quella di restare, mentre fino a un anno fa avevo ancora tanta confusione in testa. Poi il destino ti mette in mano carte che sei tu a dover giocare. E allora ho scelto di giocare. 

E Genova? Come la vedi? Come la senti?

Genova è tanto cambiata: all'inizio pensavo di tornare a viverci, ma per quanto tu possa amare una città, se a livello lavorativo non ti stimola, non ce la fai. Ho deciso di puntare a una qualità di vita superiore, con ritmi più umani e più sani. Sono rimasta piacevolmente colpita dall'Astigiano, c'è un bel fermento culturale. Ad esempio, di musica indipendente, che nelle grandi città spesso si perde. A Genova siamo ancora molto forti sul cantautorato, ma sul mondo dell'interpretariato, ovvero il mio mondo, no. 

E "Il dono del basilico"? E la scrittura?

“Il dono del basilico” è il mio primo e unico romanzo, attualmente. Sto lavorando a dei racconti che si parlano tra loro, disconnessi e molto diversi. All'interno del romanzo c'è tanta speranza, mentre in questi scritti a cui sto lavorando c'è una parte buia di me, che però va accolta. Sono racconti molto brevi, quasi tutti in prima persona, scritti in un periodo emotivamente impattante. Non ho mai smesso di scrivere nella mia vita: ho rallentato, sì, ma non mi sono mai fermata. Da piccola mi divertivo a scrivere favole: conservo ancora il quadernino di quando avevo sette anni e scrivevo cose con errori inenarrabili. La scrittura c'è sempre stata, perché c'è sempre stata la lettura. Mamma si inventava favole da raccontarmi, c'è sempre stata una fervida immaginazione in casa e in famiglia c'è la tradizione di tramandarsi molto oralmente, come cucina o racconti. E voglio mantenere radicato nel presente qualcosa del passato che ci ha resi ciò che siamo oggi.

So che ami abbinare la scrittura alla cucina, al vino, all'arte, alla musica...

Sì, sono riuscita a creare una bella sinergia con il libro e alcuni brani. Non attraverso una vera e propria interazione teatrale: vorrei portare quei tre o quattro brani nelle sedi giuste, che possano fare da apripista ad alcuni capitoli del libro. È un mio grande obiettivo, questo. Sai, non sono sogni che stanno nel cassetto. L'obiettivo sta messo sul frigo col post it. I sogni non per forza si devono avverare, gli obiettivi forse sì e devono avere lo spazio giusto per esprimersi. Vorrei dare più voce a quei due caratteri folli di me, ovvero musica e scrittura. Per questo ho creato anche il format “Musica in bottiglia”, attraverso cui racconto i vini delle varie cantine con frasi sulla fioritura della vite, ad esempio. Un'oretta di evento con piano e voce. Ormai tanti fanno tutto di tutto e far sentire la propria voce è sempre più complesso. Per me l'importante è scrivere e cantare: io scrivo per me, come se scrivessi un diario personale. Forse, però, spero che questo prima o poi venga ritrovato e letto. Potenzialmente spero nel feedback. Anche un parere negativo, che però ti faccia capire che la tua voce è stata recepita da qualcuno. Adesso è tutto così caotico. È vero, esistono i social, ma l'interazione online è fine a se stessa, è scarna, serve non desistere. 

Tu sei igienista dentale di giorno, ma cantante e scrittrice di notte, potremmo dire... 

Sì e devo dire che ho fatto pace col fatto che sono un'igienista dentale, che come cantante sono un'interprete, ma solo nelle condizioni che piacciono a me e poi che da lettrice sono diventata autrice. Serve fare altro nella vita, oltre al lavoro: trovare altre passioni. Mi esalta capire cosa mi piace fare, anche fuori dai canoni. E non sono spaventata dal non essere preformata. Quel barlume di follia ti rende vivo: io lo cerco quotidianamente e non smetterò mai di alimentarlo. 

Cosa pensi dei sognatori?

In un momento storico così complesso, penso che ci sia ancora tempo per sognare. Ed è doloroso vedere come molte persone non si concedano la possibilità di farlo. Il sognatore non è quello che si lancia senza paracadute, è quello che sa godersi il viaggio. 

A proposito di persone. Chissà quante storie di vita sentirai dalla poltrona degli studi dentistici

Molte. Le persone si confidano e io imparo tanto. Da più giovane vedevo questo lavoro come un paracadute. Ora ho capito che devo smetterla di atrofizzarmi nella paura. Certo, non sono un Power Ranger. Paura e ansia sono sensazioni umane, che però bisogna contenere. Basta demonizzare quello che non serve: ci sarà sempre il giorno dopo per farlo o quantomeno per rimediare. 

Trova quella scintilla di follia: non farle del male, custodiscila!

Dico a Lucrezia che più che del suo libro, io ero interessata alla sua persona. E la chiacchierata serale al telefono con lei è un qualcosa di bellissimo. Mi regala spunti su cui riflettere come quando ci si scambia doni durante le feste. Lucrezia mi ricorda quanto sia importante sognare, in un mondo in cui nessuno ti insegna più a farlo, ma anche trovare quella scintilla di follia, non vergognarsene e, anzi, farne tesoro. Non farle del male, ma custodirla e alimentarla ogni singolo giorno. 

Perché è fiamma viva. Perché è vita vera. 

Cosa vuoi fare da grande?

Io tra dieci anni non so cosa farò. Da poco ho iniziato a organizzare presentazioni di libri con il format “Pomeriggi in cerca d'autore”. Tutte le passioni possono diventare dei tentativi di lavori, ma non lo devono essere per forza. Non per fare i soldi, ma perché poi conosci persone, simili e affini, che è complicato trovare di questi tempi. Basta uscire di casa e avere voglia di farlo: avere voglia di vivere. Siamo tutti stanchi, sì, ma si tratta di uscire nel modo giusto. Voglio viaggiare in van, voglio vivere la vita. Cerco di essere sempre presente nel qui e ora. Vorrei continuare a crederci. Un po' come quando ho conosciuto il mio editore. Ho portato sinossi e primo capitolo a diversi stand del Salone del Libro di Torino. Mi sono fatta da talent scout, ci ho creduto e ho bussato alle porte. Il giorno dopo ero a cantare a un matrimonio e mi ha chiamata l'editore, dicendomi che si era innamorato della mia opera. Poteva essere un buco nell'acqua, ma andava fatto, quantomeno per il rispetto del lavoro, per aver scritto qualcosa. Se siamo i primi a non crederci... Se lo fai, allora vuol dire che ci stai credendo. 

Chi è Lucrezia

Lucrezia Pernigotti nasce a Genova nel 1993. Negli anni viaggia per studio e lavoro, trasferendosi a Legnano e in seguito ad Asti. Consegue la laurea in Igiene Dentale e, successivamente, il Diploma in Canto Pop Rock presso il Conservatorio G. Verdi di Milano. Artista eclettica e curiosa, ama la vita, il lavoro, le amicizie e il buon cibo della tradizione. “Il dono del basilico” è il suo primo romanzo.

Il dono del basilico 

Ginevra, austera donna dai capelli color ghiaccio, vive la sua vita come un’ombra addossata al terreno. Immobile. Ama farsi ammirare, ma da lontano, come la magnifica Genova nella quale vive da quando è nata. Negli anni ha imparato a ritagliarsi uno spazio vitale consono alle sue necessità. Prima il lavoro, ora la pensione. Apprezza la buona cucina e ripone fiducia solo ed esclusivamente in Beppe, il venditore di frutta e verdura vicino a casa sua, in Sottoripa.

Fugge dagli sguardi dei condomini del suo palazzo sito all’interno dei tipici carruggi della città, proprio di fronte alla cornice del Porto Antico. Turbata dal suo dirimpettaio di vicolo, si chiude in se stessa, ogni giorno che passa, fino al triste arrivo della pandemia che romperà gli schemi di una routine già fragile.

Ginevra riuscirà a fronteggiare una solitudine ancora più grande? Sarà in grado di superare quelli che, lei stessa, ha definito i suoi “demoni dell’anima”? O, al contrario, lascerà che il destino riponga passo dopo passo i tasselli della sua vita collocandoli nel loro giusto ordine?

Una storia ambientata ai giorni nostri. Una ricerca di condivisione e calore umano. Un’unica speranza, quella di colmare il vuoto all’interno dei nostri cuori.

“Il dono del Basilico” rappresenta la volontà umana di superare i propri limiti e pregiudizi nei confronti dell’ignoto. Narrato all’interno della cornice di Genova, racconta un’amicizia legata dal buon cibo della tradizione e dalle sue ricette.

Elisabetta Testa


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