Oggi è il giorno più corto dell’anno, giorno d’inizio dell’inverno. Giorno del solstizio d’inverno che è sì il più corto dell’anno per tutti i luoghi dell’emisfero settentrionale, ma è anche il più lungo per quelli dell'emisfero meridionale. Da domani le nostre ore di luce torneranno ad aumentare, mentre a sud dell’equatore inizieranno a decrescere. Mi ha sempre colpito la magia “produttiva” della Terra, casuale finché volete, ma pur sempre magica nell’alternanza di un emisfero produttivo ed uno a riposo.
E’ bastato un colpetto all’asse di rotazione terrestre ed ecco che a Buenos Aires e dintorni si può festeggiare in maniche corte la fine della recessione, mentre il suo autore, il vulcanico presidente argentino Javier Milei, detto dalle sue parti “el Loco”, rientrava in patria dopo essere stato protagonista del dibattito pubblico italiano degli ultimi giorni. Acclamatissimo ad Atreju, anche se le sue ricette economiche ultraliberiste non siano andate oltre il pacato apprezzamento. Conferma che non solo i solstizi siano relativi.
Per gli antichi era ben più facile, il solstizio d’inverno era uno, sacro perché portatore della nuova stagione. Fin dalla preistoria gli veniva attribuito il significato del trionfo della luce sulle tenebre. Non a caso dall’antichità fino ad un bel pezzo della storia dei Romani, si festeggiava la nascita del dio Mitra, il Natalis Solis Invicti. E che facevano per festeggiare? E vai di Saturnalia, o Saturnali: feste in cui si ribaltavano i ruoli fra ricchi e poveri, nel rappresentare l'antico stato di eguaglianza fra tutti gli uomini. Le classi sociali erano temporaneamente abolite in un’orgia di benessere diffuso a suon di banchetti, crapule e sesso di gruppo. Comprensibile fosse una delle più diffuse e popolari feste di Roma antica, che si celebrava ogni anno, dal 17 al 23 dicembre. I Saturnali, per il loro carattere, ricordano assai da vicino, al netto di qualche rito orgiastico, il nostro carnevale. Il senso di eguaglianza e di fratellanza umana, per pochi giorni rinato, si manifestava con la massima libertà concessa allora ai servi, per i quali i padroni stessi usavano imbandire un banchetto; e anche con la consuetudine di scambiarsi doni d'ogni genere e d'ogni prezzo.
La celebrazione del Sol Invictus restò in auge fino all’editto di Tessalonica, 27 febbraio 380, in cui l’imperatore stabiliva che l’unica religione di stato era il Cristianesimo, bandendo di fatto ogni altro culto, Saturnali inclusi. Il 3 novembre 383 il Dies Solis, diventa Dies Dominicus, giorno del Signore, giorno di riposo e non più di baldoria. Peccato.