Attualità - 21 dicembre 2024, 13:33

Marco Prastaro: "Il Natale, sfida alla nostra umanità"

Scrive il vescovo di Asti nel tradizionale messaggio: "Non c'è vero Natale senza gesti concreti di pace e giustizia"

Marco Prastaro

Marco Prastaro

In un mondo segnato da conflitti e disuguaglianze, il tradizionale messaggio natalizio del vescovo di Asti giunge come un richiamo alla vera essenza del Natale.  Marco Prastaro invita i fedeli e tutti gli uomini di buona volontà a riscoprire il profondo significato dell'Incarnazione, sottolineando come la nascita di Gesù sia un'opportunità per rinnovare il nostro impegno verso l'umanità. 

Con parole toccanti e riflessioni profonde, il vescovo ricorda che il Natale non è solo una festa, ma una chiamata all'azione e alla compassione.

Il Natale ci ricorda che Dio ama così tanto ciascuno di noi, da venire a vivere la nostra vita, senza badare al fatto che Lui è il Dio creatore, potente e infinito e noi siamo le creature deboli e limitate. La particolarità della nascita del Salvatore non risiede tanto nel fatto che un bambino nasca in una stalla, in una condizione terribile (ancora oggi, purtroppo, sono tanti i bambini che nascono in condizioni precarie e terribili: sotto i bombardamenti, su un barcone che attraversa il Mediterraneo, in una capanna sporca e fatiscente o in un qualsiasi altro luogo di fortuna…), ma nel fatto che quel bambino sia Dio stesso.

Forse proprio il fatto che egli nasca come tanti bambini sfortunati della terra ci dice già qualche cosa di questo Salvatore. Così appassionato della nostra vita che “non gli fa problema” condividerne anche le nostre situazioni più disagiate.

Questo Dio onnipotente divenendo uomo si fa fragile, debole, indifeso, anche Lui bisognoso di qualcuno che si prenda cura di Lui. Ce lo dirà Gesù stesso nel Vangelo: “quello che farete al più piccolo dei miei fratelli lo avrete fatto a me”. Il nostro è un Dio che “ha bisogno” delle nostre cure, della nostra attenzione. Così come la nostra umanità che non cresce se non la curiamo, se non la nutriamo coltivando interiorità, compassione, giustizia. Così come la nostra fede che non cresce se non la nutriamo con la Parola, con i sacramenti, con l’esperienza viva della vita della Chiesa, con la carità operosa. Ma soprattutto non cresce se non curiamo la nostra relazione personale con il Signore, se non coltiviamo l’interiorità e l’intimità con Lui.

Celebrare il Natale allora diventa una grande sfida, anzitutto alla nostra umanità, perché Dio l’ha amata così tanto da farla sua. Nel nostro tempo segnato da guerre e da grandi ingiustizie, non ci può essere vero Natale se non iniziamo a sentire nostro il dolore che tutto questo suscita nelle persone. Non ci può essere Natale se non proviamo a compiere piccoli e concreti gesti di pace e di giustizia. Non ci può essere Natale se non comprendiamo che siamo nati per incontrarci e non per dividerci, che siamo sulla terra per creare fraternità e non per vivere nell’indifferenza, che la vera vita non è pensare a sé stessi, ma aiutarsi gli uni gli altri.

Per noi che ci diciamo credenti non ci può essere un vero Natale se non impariamo a credere di più al fatto che Dio ama la nostra vita, che Dio ci ama così come siamo, che egli ci ama prima ancora che facciamo qualche cosa nella pia illusione di guadagnarci il suo amore, che è gratuito, cioè dato senza desiderare nulla in cambio.

Subito dopo Natale inizierà il Giubileo, il cui motto è “Pellegrini di speranza”. Che il Natale ci metta in cammino nel desiderio e nell’attesa operosa di bene per tutti, nella speranza certa che Dio mai si stancherà di amare questa umanità e questa nostra vita.

Vi benedico

 Marco

Redazione

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