La Corte di cassazione, con una sentenza pubblicata l'11 dicembre 2024, ha ribadito che una condanna penale, anche per reati commessi in ambito extralavorativo, può giustificare l'espulsione di un lavoratore, qualora la condotta incriminata comprometta irreparabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.
Secondo la Suprema Corte, infatti, il dipendente è tenuto a mantenere comportamenti che non ledano gli interessi morali e materiali dell'azienda, anche al di fuori dell’ambito lavorativo. Particolare attenzione viene posta sul tipo di mansioni svolte, soprattutto se queste comportano un contatto diretto con il pubblico. In tali casi, l’azienda è chiamata a garantire l'idoneità del proprio personale, sia nei confronti dei clienti che all’interno dei rapporti tra colleghi.
La Cassazione ha sottolineato come la lesione della fiducia tra datore di lavoro e dipendente renda irrimediabile la cessazione del rapporto lavorativo, vanificando la prospettiva di una corretta esecuzione della prestazione futura.
La sentenza evidenzia che non tutti sono consapevoli che una condanna penale, anche per reati extralavorativi, può giustificare il licenziamento, qualora tali fatti compromettano la fiducia che il datore ripone nel lavoratore e nella sua capacità di svolgere correttamente le proprie mansioni. Affinché la risoluzione del rapporto di lavoro sia legittima, è necessario che il reato commesso dal dipendente sia in grado di influire negativamente sull’ambiente lavorativo, con effetti anche sui colleghi e sui clienti.