Nella geografia sempre più sfaccettata dei diritti umani, Asti diventa oggi un microcosmo di resistenza intellettuale e morale. Lo Zonta Clubnon celebra semplicemente una ricorrenza, ma riattiva un dispositivo critico di memoria storica e consapevolezza sociale.
Il 10 dicembre, data emblematica del 1948 quando l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sancì la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, si configura come un palinsesto di significati stratificati. Non un mero esercizio commemorativo, ma un'operazione di archeologia concettuale che ripercorre le genealogie del riconoscimento umano.
La conclusione della campagna "Zonta Says NO to Violence Against Women" non è un punto di arrivo, ma un punto di osservazione privilegiato da cui scrutare le geometrie del potere e le dinamiche della sopraffazione di genere.
Lo Zeta Club Hasta ha organizzato un evento al Liceo Scientifico Vercelli dal titolo sintomatico: "Violazione dei diritti delle bambine: i matrimoni precoci non sono un nostro problema". Una provocazione intellettuale che trasforma l'apparente localismo in una questione universale.
Interverranno figure istituzionali di primo piano: Il questore Marina Di Donato; Fiamma Rasero, presidente dello Zeta Club, e Monica Tosin, ambasciatrice di Zonta International,.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani non è un manufatto archelogico, ma un organismo vivente. L'ONU l'ha concepita come un sistema globale di protezione, un dispositivo complesso che tutela le soggettività marginali: disabili, indigeni, migranti.
Le donne che contribuirono alla sua genesi - Hansa Mehta, Minerva Bernardino, Begum Shaista Ikramullah e le altre - non furono mere compilatrici di un documento, ma architette di una nuova grammatica dell'umano. Oggi, quelle stesse geometrie di resistenza si ripropongono attraverso nuove generazioni di attiviste.
Nelle parole di Enrica Simonetti - che lo Zonta Club fa proprie - la Dichiarazione non è una legge, non è una Costituzione: è "l'essenza della dignità umana". Una definizione che trasforma un testo giuridico in un manifesto filosofico, un atto di resistenza poetica contro le barbarie del nostro tempo.