Attualità - 05 novembre 2024, 10:50

Il giornalismo astigiano celebra i 100 anni del decano Luigi Garrone

Nato a Mongardino il 5 novembre 1924, ha raccontato oltre 70 anni di fatti e storie lasciando una traccia indelebile nella professione e nel cuore di noi colleghi

Luigi Garrone (Ph. Merfephoto - Efrem Zanchettin)

Luigi Garrone (Ph. Merfephoto - Efrem Zanchettin)

La nostra Testata si impegna a riportare solo i fatti, evitando commenti personali. Tuttavia, in rari casi, un aneddoto personale può arricchire il racconto, se basato su una testimonianza diretta. 

Raccontare i festeggiamenti organizzati per il centesimo compleanno di Luigi Garrone, decano dei giornalisti astigiani e piemontesi, rientra pienamente in quel ristrettissimo numero di occasioni in cui è legittimo e doveroso farlo. Descrivere Luigi a chi non ha mai avuto il piacere di conoscerlo significa evidenziare la sua incredibile resilienza, una qualità che lo ha sempre contraddistinto, ben prima che questa parola diventasse di moda.

Nato il 5 novembre 1924 a Mongardino, paese amatissimo cui è sempre rimasto legatissimo e in cui ogni qualvolta gli è stato possibile, Luigi ha vissuto molte vite in una: partigiano, per 34 anni addetto al commercio estero della Way-Assauto quando l’azienda era uno dei fiori all’occhiello della città ma soprattutto ‘cronista di razza’ e per istinto. Per decenni ha raccontato Asti e gli astigiani attraverso corrispondenze per importanti quotidiani e, successivamente, per l'Ansa, la principale agenzia di stampa italiana. 

Un immenso bagaglio di esperienze e racconti – dalla storica ‘rivalità’ con il collega-amico Vittorio Marchisio, in un'epoca in cui fare giornalismo significava letteralmente consumare le suole delle scarpe, ai giorni di Tangentopoli passando per infiniti casi di cronaca nera e nerissima – che Luigi per molti anni ha condiviso con le generazioni di colleghi successiva la sua (ovvero praticamente tutti i giornalisti astigiani viventi, in attività e non). Molti di questi racconti si svolgevano nei momenti d'attesa nella sala d’aspetto dei carabinieri o nei pressi degli uffici di dirigenti della questura, prima di venir ricevuti per apprendere dai ‘mattinali’ le notizie che sarebbero poi andate in stampa.

Noi “gatti arrostiti” – colorita definizione gergale riservata a chi non ha carattere e prestanza fisica, che lui utilizzava con bonario sarcasmo per definire noi, allora giovani cronisti, un po’ spauriti e decisamente inesperti – ascoltavamo gli episodi che ci raccontava con estrema con attenzione e rispetto. Luigi si era guadagnato questi sentimenti con la sua umiltà e disponibilità al confronto, e il suo sguardo sornione rendeva i suoi racconti ancora più memorabili.

Una parte di quei racconti sono confluiti nei libri “Ieri, in campagna” e “Dal ‘Fuorisacco’ alla web tv” – imprescindibili per approfondire gran parte della storia e della cronaca astigiana del Novecento – mentre altri sono gelosamente custoditi nella mente e nel cuore di ciascun collega che ha avuto il piacere di sentirli raccontati direttamente dalla sua voce.

[Un'immagine dei festeggiamenti per il suo novantanovesimo compleanno]


Ed a riprova del fatto che a fianco di ogni grande uomo c’è sempre una grande donna, non possiamo non parlare anche della canellese Lina Duretto, ovvero la donna che per 71 anni ha condiviso la vita con lui: moglie, madre (di Paolo e Giorgio, che professionalmente hanno seguito le orme paterne e che li hanno resi nonni delle amate nipotine Agnese, Alice, Lorenza e Sara), consigliera, ‘segretaria di redazione’ che filtrava i tanti che per un motivo o per l’altro quotidianamente lo cercavano. 

La Thatcher”, come bonariamente la definiva lui per sottolinearne la capacità di ‘tenere in riga’ tutta la famiglia e cui attribuiva scherzosamente la responsabilità del suo lavorare ben oltre l’età della pensione (“Se sto a casa ‘la Thatcher’ mi mette a fare la conserva”, era solito scherzare) ci ha lasciati il 30 settembre di 4 anni fa, ma il loro legame resta indissolubile nel ricordo di chi ha conosciuto entrambi.

In chiusura di questo lungo racconto, mentre familiari ed amici si apprestano a celebrare i suoi 100 anni (oggi pomeriggio alle 17.30 presso il Nuovo Circolo Nosenzo e venerdì alle 17 nell’aula magna del Polo Universitario di Asti), un ultima testimonianza della sua invidiabile caparbietà.

Non più di tre o quattro anni fa, mentre mi trovavo con la famiglia in un vivaio non lontano da casa, l’ho incrociato tra bancali di fiori e di piante: “Ciao Luigi, come mai qui?”, gli ho chiesto un po’ sorpreso. “Sono venuto a comprare i semi per l’orto”, mi ha risposto.
“...E che te ne fai?”, ho replicato, senza tenere in giusta considerazione la sua resilienza. Lui, senza esitazioni e con quello sguardo un po' stupito per la domanda, mi ha risposto: “Come cosa ci faccio? Li pianto, no?”

Questo semplice scambio racchiude tutto ciò che Luigi Garrone è e rappresenta: uno spirito irriducibile, la volontà di proiettarsi sempre in avanti e la capacità di guardare al futuro, anche nei gesti più semplici. La sua tenacia non è mai stata un'esibizione di forza, ma il riflesso naturale di una vita vissuta con passione e impegno, sempre pronta a fiorire come quei semi che continua a piantare incurante del fatto dell'essere ormai a tempo entrato nella nona decade della sua lunga vita.

Gabriele Massaro

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