Sanità - 27 agosto 2024, 10:25

Al lavoro per la Sanità regionale, Riboldi non ha dubbi: "Bisogna riorganizzare, non chiudere ospedali"

Il neo assessore è impegnato nel confronto con le ASL di tutto il Piemonte, tra liste d'attesa da abbattere e 118 da riorganizzare. Nella sua visione, gli ospedali devono restare anche nelle aree più marginali, migliorando la logistica

Riboldi ad una recente visita al pronto soccorso di Asti (Merphefoto)

Riboldi ad una recente visita al pronto soccorso di Asti (Merphefoto)

Settembre è tempo di organizzazione e riorganizzazione, di scadenze e di agende che si riempiono, ancor più in Regione Piemonte, dove le elezioni di giugno hanno, seppur solo parzialmente, ridisegnato la squadra di Alberto Cirio. 

Tra le new entry, a gestire l'assessorato più pesante, c'è Federico Riboldi, chiamato a guidare la sanità piemontese lasciatagli in eredità di Luigi Genesio Icardi. Assessorato più pesante sia in termini di risorse economiche che in termini di lavoro e di gestione.

Riboldi non ne è spaventato: "Sono stato un sindaco. Non è un impegno meno gravoso", rimarca. Ha le idee chiare sulla Sanità che vorrebbe. Ma sulla quale dovrà confrontarsi, giustamente, con tanti soggetti.

118 e algoritmi infermieristici sulle ambulanze

 

Partiamo dal 118 e dagli algoritmi infermieristici che andrebbero a sostituire la presenza del medico sulle ambulanze, stante la gravissima carenza di personale in questo ambito.

Nessun via dal 1° ottobre, ma una ripresa del confronto con la classe medica e infermieristica, attarverso gli Ordini professionali.

"Per ora sono in stand by. Ci lavoreremo seriamente con tutte le categorie. Ringrazio gli infermieri che hanno desiderio di aiutarci con grande impegno e abnegazione e i medici che ci chiedono di fare altre riflessioni. Voglio sedermi ad un tavolo e parlare con tutti gli attori", specifica l'assessore.

Opedali e territorio

 

In Piemonte, spiega l'assessore, ci sono 73 presidi ospedalieri. "Non è una politica oculata quella di chiudere i più periferici. In passato è stato fatto: si centralizzava, si chiudevano ospedali... magari ci sono risultati positivi nell'immediato, ma ritengo che sia molto più importante e strategico far funzionare il sistema senza abbandonare le aree periferiche".

Per Federico Riboldi, mantenere il presidio sanitario significa essere presenti come Stato. "La vera sfida è quella di avere una logistica moderna nello spostamento delle merci. Non è possibile che Amazon consegni ovunque in poche ore e noi non riusciamo a consegnar i pannoloni, per esempio. Bisogna centralizzare i servizi principali e avere una buona logistica per arrivare al territorio".

Nessuna chiusura: "Bisogna evitare duplicazioni in un'area omogenea, non eliminare i servizi. Non servono ospedali di eccellenza, ma reparti di eccellenza, che possono essere anche in nosocomi minori".

Sulle Asl elefantiache, o comunque su un'unica dirigenza per la sanità provinciale, come succede ad Alessandria, esprime la sua contrarietà. "Secondo me non è un buon risultato l'accorpamento. Parto proprio dal caso che conosco bene, quello di Alessandria, voluto dal centro sinistra, dove i sindaci, che devono avere un ruolo, non riescono mai a riunirsi in assemblea perché tutte le volte manca il numero legale. Sono troppi, ben 187. Figurarsi in provincia di Cuneo, che ce ne sono 247", commenta.

Gli accorpamenti, a suo avviso, non garantirebbero un risparmio. La strada da percorrere è la sanità diffusa con una razionalizzazione dell'offerta di prestazioni. Salvaguardando i presidi delle aree svantaggiate.

 

Liste d'attesa

 

Stiamo lavorando con tutte le Asl per analizzare le maggiori criticità, che si registrano un po' ovunque nelle aree di Diagnostica e Radiologia, come nell'interventistica minore. Lunghissimi i tempi per cataratte, ernie, colicisti o altro.

Perché, chiediamo, non concentrare questo tipo di prestazioni proprio nei presidi più piccoli, a minor specializzazione, lasciando agli ospedali principali di concentrarsi sulle prestazioni a maggior complessità?

"Con ragionevolezza, si sta facendo anche questo discorso. Ma, ribadisco, non esistono ospedali di serie A e di serie B, perché ci sono eccellenze anche in presidi più piccoli. Ci sono ospedali non hub dove si fanno cose di altissimo livello, perché ci sono i professionisti e i macchinari. Si sta lavorando per abbattere le liste d'attesa e una strada è quella di concentrare alcune prestazioni in alcuni ospedali. Ma senza fare classifiche. Bisogna salvaguardare tutti i presidi sanitari, anche quelli più marginali. E, soprattutto, bisogna garantire la rete dell'emergenza in ogni area".

Barbara Simonelli

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