La Casa di Riposo Città di Asti – più grande struttura pubblica di questo tipo in Piemonte e seconda in Italia – è un imprescindibile patrimonio della collettività e, in quanto tale, va tutelata rispetto a progetti di privatizzazione che finirebbero per ledere tanto i circa 150 lavoratori che vi operano con contratto enti locali (numero che sale a 200 persone contando anche le esternalizzazioni) quanto l’utenza e la stessa collettività.
Sono queste, in estrema sintesi, le considerazioni emerse nel corso di una conferenza stampa “virtuale” indetta questa mattina dalle sigle sindacali per motivare le ragioni dello sciopero che venerdì le vedrà, dalle 10 alle 12, manifestare pubblicamente (ovviamente nel pieno rispetto delle norme anti Covid) di fronte al Comune di Asti. Proseguendo in quell’occasione anche la raccolta firme contro l’ipotesi di privatizzazione dell’Ente. La scelta di manifestare di fronte al Municipio, hanno spiegato i sindacalisti, è stata fatta perché visto come emblema delle ‘non scelte’ di una classe politica che, accusano gli esponenti sindacali, da anni si è sostanzialmente disinteressata della struttura e di tutto ciò che vi ruota attorno.
“La Casa di Riposo Città di Asti si è confermata un’eccellenza anche nel pieno dell’emergenza – ha argomentato Roberto Gabriele, segretario Generale FP Cgil – con un tasso bassissimo di contagi e deve essere tutelata rispetto l’ipotesi di cessione ai privati che, come ovvio, hanno come obiettivo primario generare un profitto. Il che porterebbe, inevitabilmente, ad aumentare le rette e magari modificare la forma contrattuale dei lavoratori, trasformandoli forzatamente in soci di cooperative. E’ inaccettabile sviluppare un piano industriale facendolo ‘pagare’ a lavoratori e lavoratrici ed all’utenza. Noi negli anni abbiamo avanzato molte proposte, cui la politica non si è neppure degnata di rispondere, ma ora è il momento di un segnale forte, anche in relazione alle ulteriori difficoltà generate dalla pandemia”.
“La Casa di Riposo – gli ha fatto eco Sergio Melis, segretario generale Cisl FP Alessandria Asti – è stata abbandonata dalla politica e da tutti quelli che occupano ruoli istituzionali. Mai si è visto un tale disinteresse verso una struttura pubblica. Quando non assenti, i politici sono comunque rimasti silenti ed è inaccettabile che accada. A maggior ragione in una fase come questa, nella quale nessuno degli attori coinvolti – dalla Regione alla Provincia, dal Comune all’Asl – può chiamarsene fuori. E’ necessario migliorare il servizio pubblico offerto attraverso interventi mirati, non cedere a privati che per generare profitto dovranno necessariamente tagliare da qualche parte. Anche per questo stiamo facendo raccolta firme, perché tutti i cittadini di Asti e dell’Astigiano sappiano cosa sta succedendo".
“Gli spacchettamenti hanno sempre generato tensioni e aumento di vertenzialità – ha affermato Alessandro Delfino, delegato Cisl presso la struttura –, fenomeni che al momento per quanto riguarda la struttura sono marginali, ma che potrebbero aumentare esponenzialmente a seguito di una privatizzazione. Inoltre ritengo che il sindacato non possa venir messo all’ultimo posto in una fase decisionale, pertanto rivendichiamo il nostro ruolo da protagonisti. La risposta alla raccolta firme (circa 500 sottoscrizioni un una settimana, ndr.) è la dimostrazione di quanto gli astigiani siano sensibili alla tematica che coinvolge l’intera comunità. Inoltre, va ricordato che la struttura ospita anche persone in gravi difficoltà economiche o con disagi di natura mentale che, nel caso di un cambio gestionale, finirebbero inevitabilmente a carico dello stesso Comune”.
“I sindacati sono l’unica forza rimasta sul territorio in grado di fare proposte che tutelino i lavoratori e i cittadini più deboli – ha aggiunto Dino Penso, responsabile della Uil FPL – L’ipotesi privatizzazione è una decisione politica con importanti ricadute sociali: ne verrebbe pagato un prezzo in termini di democrazia. La Casa di riposo dovrebbe poter essere accessibile a tutti, indiscriminatamente. E sia chiaro che noi non cerchiamo di difendere, come ha sostenuto qualcuno, presunti privilegi, ma bensì di tutelare lavoratori che si alzano quotidianamente sapendo di andare a lavorare per gli altri e vanno difesi e rispettati. Non ci siamo limitati a dire cosa non va bene, ma abbiamo avanzato proposte che meritano di essere valutate: le soluzioni alternative ci sono, basta esserne convinti e lavorare tutti insieme”.