Un uomo torna nella città fantasma quattro anni dopo il disastro alla centrale nucleare. Per recuperare la propria identità. Per ritrovare la donna amata. Per espiare una colpa.
In giornate come quelle che stiamo vivendo molti esperti, analizzando la difficile situazione intorno a noi, si stanno ponendo il problema dell’uomo e della natura, uno dei grandi topos della filosofia e oggetto di analisi nella storia del pensiero. Matteo Fontana, di Varese, classe 1977, parte dal disastro di Chernobyl per portare sulla carta un romanzo avvincente e dal ritmo incalzante.
"È per lei che sono tornato. È lei la mia splendida donna dai capelli dorati, è lei che mi lega a questo luogo, col suo amore radioattivo fatto di ricordo e di rimpianto".
La descrizione della trama secondo l’editore Feltrinelli: “Chi racconta ha temporaneamente perso la memoria a causa di un forte trauma. Ricoverato in una clinica in Alaska, su di lui sono state rinvenute persistenti tracce radioattive e il dottor Mills, che lo ha in cura, si convince che l'uomo sia sopravvissuto a un disastro nucleare. Grazie ai frequenti dialoghi con lo psichiatra, in lui riaffiora il volto di una donna, sempre più insistente: non ricorda il suo nome, ma sente di averla amata. In seguito gli tornano alla mente voci e suoni di una città distrutta - che nel romanzo non ha nome, ma è facilmente identificabile con Pripyat, la più vicina al reattore di Chernobyl. Il bisogno di recuperare la propria identità e la speranza di incontrare quella donna misteriosa lo spingono a fuggire dalla clinica per tornare nei luoghi dove è intrappolata la sua memoria.
Nella città apparentemente abbandonata, il protagonista incontra persone in cerca di risposte, tra case deserte piene di ricordi altrui, prati vetrificati e la Centrale che domina la città come un grande mostro dormiente. Nella zona contaminata nuovi ricordi vengono a galla, legati alla donna amata, ma anche a un carissimo amico in comune. Riemergono frammenti del tempo perduto, discussioni appassionate sui libri prediletti, le partite a scacchi, le passeggiate, il lavoro alla Centrale. Tuttavia gli oggetti sembrano restituirgli anche un passato colpevole, l'ombra di un tradimento che si allunga sino al giorno dell'incidente nucleare, ripercorso nel suo drammatico crescendo.”
Nel libro sono presenti anche tantissimi e forti richiami letterari: il tentativo di recuperare la memoria, la riflessione sul tempo, ma anche quella sull’identità e sulle cose perdute: sulle cose che tornano a galla - in superficie rispetto l’iceberg della memoria - e su quelle che rimangono nascoste nei labirinti della mente. Forte è la conoscenza di Proust, più volte citato nel testo e di cui, Fontana, è evidente, ne ha studiato e approfondito la poetica. Il testo pesca a piene mani dal mondo della fisica e della chimica: dati, informazioni e riferimenti ad atomi e particelle nucleari sono frequenti e strumentali allo scrittore lombardo per raggiungere il suo obiettivo. Il protagonista, il paziente, ha rimosso ricordi rilevanti del passato, perfino il suo nome. Eppure riesce a ricordare precise nozioni studiate molto tempo addietro. Come è possibile? La risposta è, come sempre, ovviamente, fra le pagine del libro.