Un giorno di tregua. Un silenzio universale che attraversi confini, conflitti e interessi, per rendere omaggio alla figura di Papa Francesco nel giorno del suo funerale. È questo il senso profondo dell’appello promosso da sindaci e vescovi delle cosiddette “città di pace”, quei luoghi che, nel corso del suo pontificato, hanno segnato le tappe di un instancabile cammino di dialogo e fraternità.
Tra i firmatari dell’iniziativa anche il sindaco di Asti, Maurizio Rasero, e il vescovo Marco Prastaro, che hanno sottoscritto l’appello rivolto ai Capi di Stato e di Governo, nonché alle delegazioni internazionali attese a Roma in occasione delle esequie del Pontefice.
L’obiettivo è chiaro e potente nella sua semplicità: fare del sabato 26 aprile, giorno del funerale di Papa Francesco, una giornata di pace globale. "Tacciano le armi, cessi il fuoco, si fermi l’industria bellica, non si pronuncino parole d’odio" – si legge nel testo dell’appello – affinché il saluto al Vescovo di Roma diventi testimonianza concreta dei valori per i quali ha vissuto e operato: il dialogo, la riconciliazione, la costruzione di un futuro non fondato sul potere, ma sull’umanità.
Un’invocazione che non resta confinata al mondo istituzionale e religioso, ma che si apre a tutta la società civile. L’appello è infatti rivolto anche a città, diocesi, associazioni e a tutti coloro che si riconoscono in un’idea alta di civiltà e convivenza: donne e uomini di buona volontà, capaci di sostenere con convinzione una richiesta tanto simbolica quanto necessaria.
Le parole pronunciate da Papa Francesco durante la Pasqua del 2025 risuonano come un testamento spirituale: "Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! Sono queste le ‘armi’ della pace: quelle che costruiscono il futuro, invece di seminare morte!"
Hanno già aderito all’iniziativa – oltre ad Asti – anche i sindaci e i vescovi di Verona, Firenze, Assisi e Lampedusa, a conferma di un desiderio condiviso: che il commiato terreno a un pontefice amato, anche da chi era lontano dalla Chiesa, possa trasformarsi in un momento di riflessione globale, per fermare – almeno per un giorno – la macchina della guerra e lasciare spazio solo alla voce della pace.