Cultura e tempo libero - 18 aprile 2025, 07:06

Un nuovo sguardo sui detenuti del carcere di alta sicurezza di Quarto attraverso il libro “Una penna per due mani”

Un progetto ideato da Effatà tra studenti del Monti e detenuti di Quarto per abbattere i pregiudizi e riscoprire l'umanità dietro la reclusione.

Conoscere il carcere da dentro, attraverso le voci di chi lo vive ogni giorno. È questo l’obiettivo del libro Una penna per due mani”, ideato dall’associazione di volontari penitenziari Effatà, in collaborazione con gli allievi dell’Istituto Monti e presentato, giovedì 17 aprile, alla Biblioteca Astense “Giorgio Faletti”.

L’opera nasce dall’incontro degli studenti con i carcerati, che hanno collaborato alla produzione di testi per raccontare la detenzione, ognuno a suo modo. Il cuore del progetto è proprio questo: la promozione del rispetto reciproco in un’ottica di rieducazione condivisa, che consenta agli studenti di guardare alla reclusione con occhi diversi e ai detenuti di esprimere la propria volontà di cambiamento. In sintesi: “Creare ponti per collegare la realtà carceraria con il mondo esterno”, come ricorda la presidente Effatà Maria Bagnadentro.

Un punto di vista interno da parte dell’educatrice dell’istituto penitenziario Deborah Chiarle, sottolinea l’importanza di mandare avanti più iniziative che includano i ragazzi: “Tra i vari progetti, quelli che suscitano maggior emozione nei detenuti sono quelli con i giovani”.

A volte ci si dimentica di questa realtà”, continua la dottoressa, “Questi progetti aiutano a farla conoscere”.

Cambiare il punto di vista

Si tratta di un’esperienza intensa e trasformativa, pensata per avvicinare i giovani a una dimensione spesso ignorata. Dice Beppe Passarino, volontario Effatà e moderatore dell’incontro: “Solo se cambia il punto di vista dei giovani, possiamo davvero evolvere verso una società migliore”.

Fare un passo in più per crescere come società. Questo è stato il monito condiviso da Michele Miravalle, coordinatore osservatorio sulle condizioni detentive di Antigone: “Proviamo a fare uno sforzo per avvicinare il carcere alla città, in termini di coinvolgimento dei detenuti nelle attività lavorative del territorio e nelle iniziative. Anche se si tratta di un carcere di Alta Sicurezza e ci sono dei paletti, che esistono e che non possiamo negare, uno sforzo in più può essere fatto”.

I dati sul numero delle persone in carcere in Italia evidenziano una situazione drammatica: “oltre i 60 mila sono i detenuti nelle nostre strutture di reclusione”. Nonostante ciò, ci sono anche notizie positive: “Questa settimana c’è stata la circolare sull’affettività in carcere, a seguito di una sentenza da parte della Corte Costituzionale”. È risultato dalla sentenza che fosse “costituzionalmente illegittimo prevedere che le persone detenute con una famiglia, non potessero fare colloqui intimi con i propri partner”. Conclude il suo intervento Miravalle: “Speriamo che l’amministrazione penitenziaria di Asti la possa applicare”.


Il documentario creato dagli studenti e la realizzazione del libro

A far parte del progetto si inserisce la realizzazione di un video, prodotto interamente dagli studenti del Monti che vi hanno partecipato, supervisionati da Alessio Mattia, videomaker e gestore del laboratorio in questione.

Il prodotto audiovisivo è stato da accomoagnamento a un grande impegno dal punto di vista dell’elaborazione grafica del libro, realizzato da Letizia Veiluva e altre due colleghe, Elisa Chiola e Sofia Schiavon: “Il lavoro è stato condiviso”.


La parola ai detenuti

Unaltra iniziativa portata avanti da Effatà rigurda la Gazzetta Dentro, un progetto editoriale che prosegue da diversi anni all’interno della Casa di Reclusione di Asti, pubblicato con periodicità mensile per dare voce alle persone detenute. Sono proprio le parole di un detenuto a concludere l’incontro: “Confrontarsi con il dentro, come abbiamo vissuto con la presentazione del libro Una penna per due mani, la realizzazione di un progetto con finalità culturale e sociale, affinché si possano far conoscere anche gli aspetti positivi dei detenuti e il valore delle cose che si fanno in carcere”.

Virginia Carotta