"C’ero quel giorno 50 anni fa alla Spiotta, un minuto breve di 50 anni fa quando tutto precipitò, un inferno che ancora oggi mi costa un tremendo sforzo emotivo condividere, al termine del quale sono morte due persone che non avrebbero dovuto morire, il padre di Bruno d’Alfonso, mi dispiace, e Mara, una donna eccezionale, una compagna generosa e la morte di una persona cara è un dolore in cancellabile che ti porti dentro per tutta la vita, per tutti e senza distinzione. Fu un giorno maledetto che non dimenticherò mai”.
Cosi, in una dichiarazione spontanea, Lauro Azzolini, nel processo in Corte d’Assise ad Alessandria per i fatti accaduti nel 1975 alla Cascina Spiotta quando nel corso di una sparatoria per la liberazione dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia, morirono l’appuntato dei Carabinieri Giovanni d’Alfonso e Margherita Cagol compagna di Renato Curcio.
“Ho deciso di raccontare quello che quel giorno è successo prima che quei processo abbia inizio e prima che lo facciano altri perché io sono l’unico che ha visto quello che quel giorno è davvero successo”, ha proseguito Azzolini che, poi, richiamandosi a un ricostruzione scritta all’epoca dei fatti ha aggiunto: “La leggerete, io non ci riesco a distanza di 50 anni, perché mi fa rivivere i dettagli di una prolungata sofferenza”.
“Per necessità di autofinanziamento - ha raccontato - l’organizzazione decide di sequestrare un ricco imprenditore, era la prima volta e io vi partecipai, il tutto avrebbe dovuto concludersi in pochi giorni senza conseguenze né per il sequestrato, né per noi. Invece l’indomani successe l’impensabile che stravolse tutto perché a causa della mostra impreparazione ci facemmo prendere alla sprovvista”.
“Ho sentito dire che saremmo stati istruiti e addestrati per cosa fare in quel caso (l’arrivo delle forze dell’ordine, ndr), ma non è vero, non sapevamo cosa fare perché non era mai successo. Vi fu un’improvvisazione di tutto. Sul momento quello che ricordo è che decidemmo di fuggire abbandonando l’ostaggio, la confusione era assoluta, sapevamo che ad attenderci fuori c’erano i carabinieri, raccogliemmo carte e bagagli frastornati, poi tutto precipitò”, ha detto ancora Azzolini.
“L’ultima immagine che ho di Mara, che non dimenticherò mai, è di lei ancora viva che si era arresa con entrambe le braccia alzate, disarmata, e urlava non sparare. Ho continuato a correre senza guardarmi indietro fino a raggiungere una zona distante quando sentii due spari, continuai a correre per ore cercando un nascondiglio sicuro per aspettare la notte, ero solo. Il giorno dopo seppi che Mara era morta su quel prato, lo sconcerto, il dolore mi ha attraversato come una lama”.
“Con il rispetto anche per quei due morti che non avrebbero dovuto esserci non ho più potuto tornare indietro. Capisco che oggi questo sembrerà paradossale, ma allora per la mia coscienza di classe ha significato assumermi la responsabilità della scelta fatta”, ha concluso Azzolini, oggi 82enne. (Abr/Adnkronos)