Negli ultimi due anni, il caro-tassi e la stretta creditizia hanno colpito duramente le imprese piemontesi, con un incremento degli oneri bancari pari a 3,2 miliardi di euro. Questo dato colloca il Piemonte al quinto posto in Italia per impatto finanziario derivante dall’aumento del costo del credito.
Secondo i dati dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Piemonte, il TAE (Tasso Annuo Effettivo) per le piccole imprese in regione, a giugno 2024, si attesta all’8,96%, ben al di sopra del 6,42% applicato alle medio-grandi aziende. Questo divario evidenzia una forte disparità nell’accesso al credito, che penalizza in modo significativo le realtà imprenditoriali di dimensioni più contenute.
Un calo del credito che pesa sulle piccole imprese
A livello nazionale, tra giugno e settembre 2024, il credito alle imprese ha registrato una contrazione del 2,8%. Per le piccole imprese, però, la flessione è stata più che doppia, attestandosi al -6,8%. In Piemonte la situazione è altrettanto critica: il credito complessivo è calato dell’1,5%, mentre per le piccole imprese la riduzione è stata del 6,6%.
Il settore dell’artigianato ha subito un colpo ancora più pesante, con una contrazione del 12,7% in Piemonte, rispetto al -12,5% rilevato a livello nazionale. Nessun settore economico è stato risparmiato: nelle costruzioni il TAE applicato alle imprese piemontesi è dell’8,10% (contro una media nazionale del 7,42%), nei servizi si attesta al 6,52% (media nazionale del 6,58%), mentre nel manifatturiero è pari al 6,38% (contro una media nazionale del 6,05%).
Le preoccupazioni di Confartigianato Imprese Piemonte
Secondo il presidente di Confartigianato Imprese Piemonte, Giorgio Felici, l’attuale stretta creditizia sta soffocando lo sviluppo e gli investimenti delle imprese: “La marginalità ormai inesistente e la difficoltà di accesso al credito stanno frenando la crescita delle attività produttive. Nonostante la Banca Centrale Europea abbia avviato una riduzione dei tassi, gli effetti tangibili sono ancora scarsi, mentre le imprese continuano a subire l’impatto di prezzi elevati delle materie prime, costi energetici in crescita e calo delle commesse”.
Felici evidenzia come il peso degli oltre tre miliardi di euro di extracosti bancari sia particolarmente gravoso per le aziende che vogliono investire per crescere. “Questo tema viene spesso trascurato dalle istituzioni – sottolinea – ma il rischio concreto è che lo sviluppo delle nostre imprese venga compromesso”.
La necessità di un intervento dello Stato
Per Confartigianato, il problema del credito non può essere lasciato interamente ai privati. “Le banche tendono ad aumentare gli utili proprio nei momenti di difficoltà dell’economia reale, drenando risorse dal lavoro alla finanza – afferma Felici –. Se vogliamo che le imprese continuino a innovare e investire, oppure semplicemente a restare competitive in un contesto normativo sempre più stringente, è necessario garantire un accesso più equo ai finanziamenti”.
Lo Stato, secondo Confartigianato, deve tornare a presidiare il credito, erogandolo con criteri che privilegino lo sviluppo e l’etica piuttosto che le regole di Basilea, spesso favorevoli solo a chi già dispone di capitali.
Le piccole imprese e le realtà artigiane, infatti, incontrano maggiori difficoltà nell’ottenere prestiti, perché ritenute a rischio elevato dal sistema bancario. Tuttavia, queste realtà necessitano spesso di finanziamenti di importo ridotto, meno appetibili per gli istituti di credito, ma fondamentali per il tessuto economico locale.
In un periodo in cui le sfide economiche si moltiplicano, un intervento mirato sul credito potrebbe rappresentare un volano per la crescita delle imprese piemontesi, consentendo loro di affrontare con maggiore solidità il futuro.