Nel report Delitti nella provincia di Asti della Polizia tra il 2023 e il 2024 si registra un aumento dei casi di violenza di genere: i casi di violenza sessuale crescono da 8 a 20, di atti persecutori da 12 a 40 e di maltrattamenti da 48 a 69.
Sono numeri che hanno un nome e un cognome, sono vite di donne, come ricorda il questore della provincia di Asti Marina Di Donato: “I fatti succedono: bisogna aumentare la percezione della gravità del fenomeno, che è trasversale. Si deve ricordare che la violenza sulle donne non ha confini né di età né di ceto sociale”.
Insieme al centro antiviolenza L’Orecchio di Venere e all’Asl di Asti, la Polizia porta avanti la campagna permanente contro la violenza di genere “Questo non è amore”, con l’obiettivo: “da un lato di sensibilizzare e dall’altro di far uscire dal senso di angoscia le persone vittime di questi odiosi reati”, spiega Di Donato. “Non è solo il 25 novembre e l’8 marzo. È un problema che deve essere affrontato facendo rete, tutti quanti”.
Perché le donne non denunciano?
Nonostante la campagna di sensibilizzazione, molte donne non conoscono la rete di antiviolenza provinciale, come racconta Di Donato: “Purtroppo c’è poca conoscenza degli strumenti che vengono messi a disposizione per le donne”.
Ne è un esempio la misura di prevenzione chiamata “Ammonimento del Questore”, definibile in questi termini: “è una misura non penale, ma di grandissima efficacia. Da un lato anticipa la tutela della vittima e dall’altro, se il soggetto ammonito rifà atti per i quali non recede dalla condotta, si procede d’ufficio”.
Ma in che modo? “In questi casi viene anticipata la soglia di tutela della vittima. Qualora il soggetto venga trovato nelle vicinanze della vittima o ponga in essere altri atti persecutori o violenti, possono essere adottate altre misure restrittive, come il divieto di avvicinamento o del braccialetto”.
Certamente l’ammonimento è uno strumento efficace solo se “accompagnato da una serie di altre tutele. Ad esempio, si chiede al soggetto violento se vuole partecipare al progetto Umano” - un programma trattamentale della provincia di Asti che si rivolge agli autori potenziali o effettivi di violenza di genere, di sesso maschile. “Al momento non molti autori di violenza hanno aderito. Secondo me, però, ci si può lavorare, tenendo presente che si può aderire anche successivamente”, ammette il questore.
Nel corso del 2024, 930 donne hanno contattato Orecchio di Venere
Nel corso del 2024 Progetto Umano, afferente il centro antiviolenza L’Orecchio di Venere, ha registrato un totale di 43 casi, mentre le donne che hanno contattato il centro sono state 930.
Un altro dato significativo risale al primo mese del 2025: “Sono stati registrati 15 accessi di donne che hanno già fatto la scheda”, così illustra Elisa Chechile, responsabile L’Orecchio di Venere.
A fornire le schede, compilate dalle donne che prendono contatto con la struttura, è il dipartimento delle Pari Opportunità, per sostenere il centro. “Abbiamo inoltre già avuto una messa in protezione di una donna, che è in codice rosso”, conclude Chechile.
Le donne che denunciano sono tante, ma non tutte. Ne è ben consapevole il questore: “Spesso e volentieri, perché le donne non denunciano? Perché hanno paura delle conseguenze che ne possono derivare: la paura di perdere i figli, di non avere la possibilità di mantenersi da sole, del giudizio sociale e a volte della mancata percezione della gravità del comportamento”- riferendosi agli atti violenti dell’abuser.
Sulla questione Di Donato afferma in modo deciso: “Le donne devono fidarsi e affidarsi delle forze dell’ordine perché ci sono tanti strumenti che possono essere messi in campo: dalla casa famiglia di accoglienza, al sostegno economico, all’avviare dei percorsi di integrazione lavorativa. Non si può pensare di risolvere da sole un problema così grave. È necessario portarlo all’attenzione, chiedere consiglio e confrontarsi”.
Il comandante dei carabinieri Lando: "In caserma le donne vengono accolte in ambiente protetto"
“Molto spesso le donne si sentono abbandonate. Vorrei che si specificasse che in caserma vengono accolte in un ambiente particolare e trattate da un personale formato”, riporta Paolo Lando, comandante Carabinieri della provincia di Asti. “La caserma è solo uno degli scalini da percorrere. La vittima viene supportata da una rete, che qui ad Asti funziona molto bene: da una parte ci sono le forze di polizia e carabinieri, dall’altra l’assistenza delle associazioni, come L’Orecchio di Venere”.
“Quando la segnalazione viene da soggetti terzi, molto spesso ci è capitato che le vittime non collaborassero”, così Lando mette in luce un’altra importante problematica: cosa succede se la vittima stessa non vuole collaborare? “Diventa più difficile intervenire. In questo caso, oltre a fornire tutte le informazioni necessarie, attiviamo i contatti con le associazioni”, in modo tale da avvicinarsi alla vittima, al di fuori di un contesto istituzionale.
“La casistica più comune è la violenza domestica”, riporta Lando. “Molte donne, pur di non perdere il proprio marito o padre, preferiscono non denunciare. Più che la paura di non trovare un operatore non adeguato, le donne spesso non sono incentivate alla denuncia per un fattore emotivo”.
Le attività sul territorio organizzate dal comando dei Carabinieri per la sensibilizzazione contro la violenza di genere sono molte, come afferma il comandante: “Noi facciamo molta prevenzione: organizziamo insieme all’Orecchio di Venere tanti incontri formativi anche presso le scuole e nei consultori famigliari. Creare la cultura è una azione molta più lunga e complessa”.
Gli strumenti contro la violenza sulle donne
La prevenzione contro la violenza di genere deve necessariamente andare di pari passo alla conoscenza della rete di antiviolenza della provincia di Asti, a cui tutte le donne possono accedere nel caso siano vittime di violenza o di atti persecutori.
Uno dei tanti progetti che nasce per agevolare la visione d’insieme sui servizi attivi sul territorio astigiano contro la violenza di genere è Sos Donna.
L’obiettivo del progetto non solo è incentrato sul fornire informazioni per un aiuto immediato, ma anche sul condividere una narrazione differente della donna vittima di violenza: “Il messaggio che veicoliamo è anche positivo”, sottolinea Laura Nosenzo, giornalista e ideatrice di Sos Donna. “Non ci sono solo donne che subiscono, ma ci sono donne che sanno trovare una soluzione”.