Cronaca - 21 novembre 2024, 16:03

Dinamiche familiari, prove e testimonianze: seconda udienza del processo a Makka Sulaev, accusata di avere ucciso il padre a Nizza Monferrato

Dalla scena del crimine alle oppressioni domestiche, un quadro complesso fatto di violenze taciute, evidenze tecniche e difficoltà sociali

Oggi si è tenuta la seconda udienza del processo a carico di Makka Sulaev,  diciannovenne accusata di aver ucciso il padre Akhyad con premeditazione lo scorso marzo con un coltello comprato in un supermercato poco prima. Durante la precedente data, l’avvocato difensore, Massimiliano Sfolcini, aveva chiesto di adottare il rito abbreviato, ma la Corte del Tribunale di Alessandria ha respinto la richiesta, ritenendo troppo gravi le accuse. Anche la possibilità per Makka di tornare a scuola è stata negata, poiché giudicata una possibile fonte di stress per la giovane.

La prima testimonianza è stata del maresciallo Nicola Morfino che, interrogato durante l’udienza, ha ricostruito la sua presenza sulla scena del crimine. Ha raccontato di aver trascorso due ore con Makka, la quale gli avrebbe confidato che le violenze del padre sulla madre non erano un fatto isolato. Durante il sopralluogo, Morfino ha sequestrato tre oggetti cruciali: un coltello, un paio di forbici e un quaderno trovati nell’armadio. Makka, in seguito, ha dichiarato di aver acquistato il coltello il giorno stesso e di aver usato le forbici per aprire la confezione.

Il difensore della ragazza ha prodotto anche un indice di file audio ritenuti rilevanti. Tra questi, brevi messaggi vocali che Akhyad, il padre, aveva inviato alla moglie Natalia e che Makka aveva poi inoltrato a un’amica. Spicca, inoltre, una registrazione di tre ore in lingua russa, la cui trascrizione secondo il perito richiederà almeno 60 giorni.

Si è aperto anche il confronto sulla morte di Akhyad Sulaev con Il consulente tecnico Fabio Innocenzi, medico che ha illustrato i risultati dell’autopsia, chiarendo che la prima ferita, penetrando nel polmone sinistro, aveva causato “un’importante emorragia interna e un collasso polmonare, determinando uno shock respiratorio”. La seconda lesione, sebbene non fatale da sola, aveva provocato ulteriori danni vascolari. Innocenzi ha concluso: “Entrambe le ferite sono state inferte quando la vittima era ancora in vita e hanno contribuito al decesso”.

Un secondo consulente, Matteo Luison, anch’egli medico, ha confermato che il primo colpo era quello “determinante” ma ha precisato che non è possibile stabilire se il collasso polmonare fosse completo prima del secondo fendente. Secondo Luison “il decesso è stato il risultato di un mix di fattori: collasso polmonare, emorragia interna e insufficienza respiratoria”. La discussione tra esperti ha messo in luce divergenze tecniche che la Corte approfondirà con ulteriori accertamenti.

Le testimonianze dirette portate in aula hanno condotto il discorso su dinamiche familiari complesse. La dottoressa Paola Bottero, che ha seguito la famiglia Sulaev dal 2019 tramite la cooperativa “Crescere Insieme”, ha tracciato un quadro difficile della loro situazione. Ha descritto Akhyad come un uomo autoritario e poco collaborativo: “L’equipe ha dovuto affidarsi a Natalia come referente, perché il marito era sempre assente”. I tirocini lavorativi proposti per Akhyad, ha aggiunto, si erano interrotti prematuramente, con le comunicazioni gestite dalla moglie o dalla figlia maggiore Makka.

 Bottero ha ricordato un episodio emblematico: “Akhyad si arrabbiò per il trasferimento nella nuova casa a Nizza Monferrato, contestando l’arredamento con mobili di seconda mano e portando via le chiavi dell’abitazione precedente”. Secondo la testimonianza, Akhyad era particolarmente severo con i figli e manteneva un atteggiamento che, all’esterno, celava i problemi familiari. Natalia, supportata da interpreti, aveva confidato alcuni episodi personali, come un’interruzione volontaria di gravidanza nel 2019, ma aveva sempre rassicurato gli operatori dicendo che “non c’era nulla di cui preoccuparsi”.

La madre della proprietaria del ristorante “La Signora in Rosso”, dove lavoravano Natalia e Makka, ha descritto l’imputata come una ragazza educata e riservata. Dopo i fatti, Makka è stata ospitata a casa sua: “All’inizio stava molto in camera, ma col tempo è diventata come una di famiglia”. La testimone ha spiegato di non aver mai sospettato la gravità delle dinamiche familiari.

Diverso il racconto dello chef del ristorante, che ha riferito un episodio del novembre 2023: Natalia si presentò con un livido tra l’orecchio e la testa, dicendo che era un incidente domestico. Dopo l’omicidio, mi disse che era stato il marito”. Anche Makka ha confermato comportamenti ossessivi del padre, raccontando: “Mio padre si presentava spesso al lavoro mio e di mia madre. Era un atteggiamento quasi ossessivo di controllo. Anche a casa, riprendeva mia madre se sorrideva con i colleghi”.

La Corte ha preso atto del contrasto tra le perizie sulla capacità di intendere e di volere di Makka, evidenziando la necessità di ulteriori accertamenti, con la nomina di uno o più esperti in previsione dell'udienza fissata per il 23 gennaio.

Francesco Rosso