Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Onde, di Alex Baroni, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify
Avevo in agenda da qualche tempo la visita al Museo Paleontologico di Asti. All'interno del Palazzo del Michelerio, gestito dal Parco Paleontologico Astigiano, il Museo rappresenta un grande motivo di orgoglio. Alessandra Fassio, naturalista e responsabile della didattica e comunicazione e Piero Damarco, paleontologo e conservatore del Museo, mi fanno fare un viaggio pazzesco nei meandri della storia e del tempo. In una mattina facciamo una carrellata degli eventi degli ultimi 25 milioni di anni. Non male, direi.
Alessandra, Piero, come e quando nasce il Museo?
La nascita di questo Museo è stata di fatto un'esigenza, legata alle Aree Protette astigiane. Con i primi lavori di manutenzione e di apertura dei sentieri, ci sono stati molti ritrovamenti fossili. Il museo dell'epoca, che aveva sede al Battistero, non poteva contenere più nulla. Pertanto, negli anni Novanta si è cercata una soluzione. Dapprima in una sede provvisoria più piccola di quella attuale e poi è arrivata l'opportunità del Michelerio, in cui siamo entrati per la prima volta nel 2011, occupando solo una saletta. Nel 2013 c'è stata poi l'esposizione della Balenottera di Vigliano, fino ad arrivare al 2017, quando si è costituito, di fatto, il Museo per come lo intendiamo noi oggi.
Il Museo fa conoscere il territorio da un punto di vista originale e inedito, ma che rapporto ha con l'Astigiano?
Il rapporto con il territorio è molto forte; il Museo ha sempre aspirato a diventare punto di riferimento di reperti che emergono da queste terre. Sicuramente c'è stato e c'è un legame sinergico con le istituzioni di ricerca, come la Soprintendenza o le Università (si pensi a Torino o Genova), che hanno sempre favorito lo sviluppo della nostra realtà. Quello che è mancato, forse, è la relazione reale con le persone: in questo senso l'astigiano tende a essere refrattario. Sul territorio lavoriamo bene con molte realtà, come ad esempio i comuni di Vigliano e Cortiglione, dove abbiamo il geosito, facciamo laboratori e simulazioni di scavo. Abbiamo collaborazioni puntuali con certe realtà sensibili a queste tematiche, che spesso non vengono capite a fondo. Siamo un Museo, sì, ma anche un Ente Parco regionale che gestisce aree protette. In tal senso, è stato anche costituito un Distretto Paleontologico con più di 70 comuni aderenti, tra astigiano e non. Per far conoscere ancor di più il territorio al territorio stesso, stiamo lavorando sulla promozione dei geositi, con un progetto che prevede l'installazione di bacheche con pannelli esplicativi che descrivano ritrovamenti storici, eventuali emergenze fossilifere e peculiarità di quel territorio dal punto di vista geologico e paleontologico. C'è da considerare che sono stati trovati, ad oggi, quasi 150 resti di cetacei fossili e che il Museo contiene per il 90% reperti che provengono dall'Astigiano. Il territorio per noi è museo e il museo per noi è territorio.
Doveste indicarmi un simbolo del Museo, quello più significativo dal punto di vista scientifico?
La balena Tersilla. Non è il ritrovamento più bello esteticamente, diciamo, ma riteniamo sia il più interessante, su cui si è lavorato molto dal punto di vista scientifico. È stata ritrovata nel 1993 a San Marzanotto e il nipote della proprietaria del terreno in questione ci aveva portato due vertebre da analizzare. In quel momento avevamo capito si trattasse di ossa di un cetaceo. Nello stesso anno avevamo fatto un sopralluogo, in cui erano venuti alla luce altri frammenti. L'alluvione del 1994 aveva fermato i lavori. L'estrazione vera e propria è stata poi fatta nel 1995, grazie a fondi comunali. Erano state ritrovate parti del cranio e del torace, tutto il resto era mancante. Ci aveva colpito molto lo stato di conservazione, che era eccezionale. Inoltre, erano stati trovati tanti denti di squalo conficcati tra le ossa. Questo, da un punto di vista scientifico, rappresentava un grande dato: il fatto che gli squali fossero passati più e più volte attorno al cetaceo, per cibarsi della sua carcassa. Tersilla, man mano che la si studiava, diventava sempre più interessante. Fino a quando è stato attestato che fosse un olotipo, ovvero il primo esemplare esistente appartenente a un genere e a una specie nuovi.
Per cosa è stata significativa la balena Tersilla, oltre al fatto che fosse un olotipo?
Per il fatto che è stata fatta la prima tac al mondo su una balenottera fossile. L'esame è stato eseguito proprio all'ospedale di Asti e ha permesso di ricostruire la forma del cervello di questo cetaceo, attraverso l'analisi della sua cavità endocranica. Grazie a Tersilla e agli studi fatti, sono stati ricavati dati mai avuti prima. Abbiamo quindi avuto diversi contatti, dopo questa scoperta, a livello internazionale, specialmente da Olanda e Belgio, ma anche con gli USA, in particolare California.
Quanti olotipi contiene il Museo?
Ben 12, che sono tantissimi. Il Museo accoglie una collezione di cetacei tra le più importanti a livello europeo. E dire che siamo solo agli inizi, nel senso che non sono tanti anni che operiamo.
Sii l'olotipo di te stesso
Il tour che Alessandra e Piero mi stanno facendo fare è meraviglioso. Sprigionano conoscenza da tutti i pori ed è inevitabile provare ammirazione. Quando parliamo di olotipi, penso a quanto questa possa essere una parola importante anche da un punto di vista filosofico e non solo prettamente biologico. L'olotipo, lo abbiamo capito, è una sorta di esemplare campione, in base a cui si descrive una nuova specie. Rappresenta, di fatto, un nuovo inizio, di qualcosa che fino a prima non si conosceva. L'inizio di nuovi studi, di percorsi alternativi. Il primo anello di una catena a cui non si sa se se ne aggiungeranno altri. Un po' come i cicli della vita di ognuno di noi e le varie fasi della consapevolezza di sé. E come scriveva Pavese, "L'unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante".
E allora che s'inizi, per conoscere sempre e comunque una nuova versione di noi. Per essere, tutta la vita, l'olotipo di noi stessi.
E il ritrovamento più d'impatto, invece, dal punto di vista estetico?
Il Capodoglio di Vigliano, che rappresenta il resto scheletrico più completo di capodoglio al mondo, risalente al Pliocene. È stato estratto nel 1929 e lasciato a Palazzo Carignano a Torino fino a non molto tempo fa. Ci siamo occupati del lavoro di pulizia e di restauro, per un totale di 10 mesi. Circa 1500 ore di lavoro, con l'aiuto di tirocinanti e stagisti, per pulire le vertebre una ad una. Di fatto siamo stati impegnati sul Capodoglio da dicembre 2022 a settembre 2023. È importante citare anche l'esempio della balenottera di Vigliano, i cui resti sono considerati i più completi del nord Italia. È stata trovata nel 1959 a Valmontasca, frazione di Vigliano d'Asti, mentre si stavano facendo lavori sull'acquedotto. È arrivata ad Asti nel 2013, già pulita dal Museo di Scienze di Torino, ma l'allestimento lo abbiamo curato del tutto noi, mentre invece le operazioni di pulizia di Tersilla o anche della balena di Chiusano sono state fatte qui.
Quanto è importante l'apporto dato dai giovani in questo lavoro?
Fondamentale. Il nostro staff è comunque formato da giovani naturalisti e biologi che hanno preso il patentino di guida escursionistica ambientale e che si occupano delle visite nei parchi e nel museo. Poi abbiamo, tutti gli anni, quattro ragazzi del Servizio Civile che ci aiutano tantissimo nella gestione del Museo, che è sempre aperto tranne il martedì. I ragazzi qui si appassionano tantissimo. È sicuramente un argomento particolare, deve interessare, è appassionante ma non è così immediatamente comprensibile ai più, forse. Non si tratta di dinosauri o mummie, ecco. Forse il pubblico fa fatica a immaginare che qui ci fosse il mare e che queste cose hanno milioni di anni. Il dinosauro affascina perché è grosso, questi sono animali più gentili e 'normali', come balene o delfini. Resta il fatto che siamo uno dei pochi posti al mondo che ha conservato reperti del genere.
Ecco, quindi non solo balene, ma anche delfini
Esatto, come ad esempio quello di Belangero, rinvenuto nel 2003 vicino al Tanaro, un esempio di recupero, scavo e restauro completamente nostro. È importante ricordare che si tratta di ritrovamenti casuali: gli unici non casuali sono rappresentati dalle conchiglie, per cui l'Astigiano, da un punto di vista fossilifero, è famoso a livello internazionale.
Asti terra di tartufo, buon vino e...conchiglie fossili?
Proprio così. Basti pensare al fatto che il territorio di Valleandona ha rappresentato il primo studio sulle conchiglie fossili da un punto di vista paleontologico, durante il periodo dell'Illuminismo. Abbiamo più di 600 specie diverse di molluschi fossili rinvenute solo nell'area di Valle Andona, il Mara Padano era ricchissimo di biodiversità! Anche il buon vino dipende dal tipo di substrato, sabbie e argille sono la base dei nostri vigneti di pregio.
Ditemi ancora qualche eccellenza contenuta nel Museo...
La balenottera di Montafia è un importante reperto storico, trovato nel 1874, per esempio. E poi il sirenio di Montiglio, scoperto nel 1828, costituisce il primo reperto fossile di sirenio studiato in Italia da Bruno nel 1839. Inoltre, conserviamo i resti dell'apparato uditivo di un cetaceo del Miocene Inferiore, rinvenuti nella zona di Moleto (AL), che rappresentano reperti unici. E poi, andando più sull'attualità, il Museo ospita l'acquario più grande del Piemonte, creato e gestito da ReefLab (altro Orgoglio Astigiano, rileggi QUI l'intervista, ndr).
Di quanti visitatori parliamo, in media, all'anno?
Circa 5mila studenti, per un totale di 10mila visitatori all'anno in totale.
Il Museo
Il museo si trova nei seminterrati del palazzo del Michelerio e comprende un primo percorso che tratta la paleontologia generale e quella territoriale descrivendo i periodi geologici tra il Miocene ed il Pliocene. Segue il percorso in cui sono esposti resti scheletrici fossili di cetacei astigiani, sia misticeti (balene) che odontoceti (delfini), risalenti all'epoca pliocenica (tra 5 e 2 milioni di anni fa) quando tutta la Pianura Padana era occupata dal mare. La collezione di cetacei fossili esposti in museo, ritrovati negli ultimi 60 anni in Piemonte, è una delle più importanti d'Italia e d'Europa. Gli esemplari più rilevanti sono: la balenottera di Valmontasca (Vigliano d'Asti),
la balena di Cortandone, la balena di Chiusano d'Asti, la balena di Portacomaro, il delfino di Settime, il delfinide di Belangero. Alcuni di questi reperti sono molto importanti, per esempio la Balenottera di Valmontasca (Vigliano d'Asti), ritrovata nel 1959, è forse l'esemplare più completo, lungo 8 metri, mentre il delfino di Settime d'Asti è l'unico rappresentante della sua specie. Ultima arrivata è la Balenottera di Chiusano d'Asti, denominata “Marcellina” dal nome della cava di argilla (Cellino) in cui è stata rinvenuta nel 2003. In museo è presente la ricostruzione della mandibola del Megalodonte, lo squalo preistorico che viveva circa 20 milioni di anni fa nei mari piemontesi. Non solo cetacei e squali! Nella vetrina che descrive l'età a mammiferi Villafranchiana, possiamo notare i resti fossili locali di alcuni tra i primi vertebrati terrestri, che popolavano le paludi presenti nella zona di passaggio dall’ambiente marino a quello continentale. Di notevoli dimensioni il palato e i denti fossili del mastodonte, antico proboscidato simile agli elefanti ormai estinto, ritrovato a Villafranca d'Asti. Numerosi sono stati altri ritrovamenti di vertebrati terrestri come rinoceronti, tapiri, tigri coi denti a sciabola, etc.... Nell'ultima parte della sala è possibile ammirare l'acquario preistorico, una ricostruzione “indicativa” degli antici fondali marini Miocenici astigiani, un’attrazione di eccezionale bellezza, unica per il Piemonte. Si tratta di uno spicchio vivo di mare tropicale che ricrea l’ambiente della barriera corallina e che permette di raccontare uno spaccato di vita di un periodo lontano, ancora poco conosciuto e studiato, attraverso l’osservazione di un fondale ricco di biodiversità in cui i coralli offrono riparo a pesci, molluschi e crostacei.
Nell'esposizione temporanea "Il leviatano e le sirene" allestita nell'ex chiesa del Gesù, sono esposti alcuni reperti rarissimi o mai visti prima. La mostra è incentrata sul capodoglio trovato nella frazione Valmontasca di Vigliano d’Asti e sul dugongo fossile di Montiglio. Si tratta di scheletri risalenti al Pliocene, la cui età è stimabile in circa tre milioni e mezzo di anni, provenienti dalla propria collezione e da quella del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università degli Studi di Torino:
- Il capodoglio di Vigliano è stato scoperto nel 1929 ma non è mai stato esposto al pubblico. Lo studio del reperto ha rivelato che è strettamente imparentato con l’unica specie di capodoglio attualmente esistente.
- Il dugongo di Montiglio rappresenta il primo sirenio ad essere stato scoperto in Italia circa un secolo prima del capodoglio di Vigliano. La specie a cui appartiene rappresenta l’ultima ad avere abitato stabilmente il Mediterraneo. Al tempo in cui visse, il dugongo di Montiglio fu parte di un vasto ecosistema tropicale mediterraneo che è poi sparito intorno ai tre milioni di anni fa.
-Tersilla, la Balenottera di San Marzanotto. Il reperto soprannominato Tersilla appartiene alla nuova specie Marzanoptera tersillae ed è testimoniato dal solo reperto di Asti che è dunque unico. È stato studiato attraverso la TAC e grazie ai dati digitali è stato possibile ricostruire sia parti del reperto non visualizzabili direttamente sia la superficie del cervello. Verranno esposti anche numerosi denti di squalo trovati in associazione con il reperto e l'illustrazione dei segni di predazione.
-La più antica balena del Mediterraneo. Il reperto di Moleto (AL) databile intorno ai 20 milioni di anni fa, rappresenta la più antica testimonianza fossile di un misticete con fanoni del Mediterraneo. Il reperto è molto frammentario ma gli studi permettono di ricostruirlo con un buon livello di dettaglio.
Il capodoglio è da sempre considerato simbolo di forza, potenza della natura, caos. Secondo alcuni, il grande pesce mandato da Dio per inghiottire Giona era proprio un capodoglio, così come doveva esserlo il mostro marino destinato a uccidere Andromeda che fu abbattuto da Perseo. In entrambi i casi, alcune tradizioni chiamano Leviatano questo mostro e usano, dunque, lo stesso termine che Melville fece pronunciare al capitano Achab nella sua sciagurata e folle caccia alla ‘balena bianca’ Moby Dick, che era in realtà un capodoglio. Leviatano è anche il nome scientifico (Livyatan) che è stato attribuito ad un gigantesco capodoglio fossile scoperto in Perù. Cesare Pavese, nella sua celebre e intensa traduzione di Moby Dick, ne rende attentamente il significato di incarnazione della potenza incontenibile della natura voluto da Hermann Melville. Anche le sirene rappresentano elementi misteriosi della natura che sono stati diversamente interpretati nel corso dei secoli. La moderna idea di sirena come donna dal corpo metà umano e metà pesce è nata nel Medioevo e ad essa è stata assegnata una simbologia spesso negativa. Nel 1493, Cristoforo Colombo scrisse nel suo diario di aver avvistato tre sirene a Rio de Oro ma raccontò che non si trattava di esseri affascinanti in quanto mostravano tratti maschili. Secondo alcuni studiosi, è possibile che l’idea medievale di sirena, poi affermatasi nell’immaginario collettivo moderno, sia da ricercare nell’errore di identificazione che i marinai di tutto il mondo hanno talvolta effettuato guardando quegli strani animali, noti come “mucche di mare”, che sono i dugonghi e i lamantini.
Ecco dunque il collegamento tra Il leviatano e le sirene della tradizione letteraria e mitologica occidentale e gli scheletri fossili del Pliocene piemontese.
I depositi
Nel mese di aprile 2019 sono stati trasferiti al museo di Asti in accordo con la Soprintendenza tutti i resti fossili dei cetacei fossili astigaini del museo di Scienze Naturali di Torino. Sono stai così valorizzati, conservati ed esposti, resti storici mai visti prima, rendendoli disponibili sia al pubblico sia agli studiosi, costituendo una specializzazione della struttura museale astigiana, con un insieme unico di livello internazionale per valore scientifico ed entità. Questo è stato il primo passo verso la costituzione del “Centro studi dei Cetacei Fossili Piemontesi” . Grazie a borse di studio per studiosi del settore il museo sta realizzando un catalogo iconografico dei reperti conservati e alcune pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali relative ad esemplari particolarmente importanti.