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Cultura e tempo libero | 05 novembre 2024, 09:40

Dialogo sulla pace: quando l'autocritica diventa speranza

Anna Foa a Cittaattiva ha presentato "Il suicidio di Israele": un confronto aperto tra voci diverse per superare il muro del silenzio

Dialogo sulla pace: quando l'autocritica diventa speranza

Una straordinaria occasione di dialogo e confronto la videoconferenza per la presentazione del saggio “Il suicidio di Israele” (Laterza) di Anna Foa che ne ha discusso con Gabriele Segre. A introdurre Bruna Laudi, presidente del Gruppo di Studi Ebraici di Torino. L’incontro è stato promosso da Polo Cittattiva Astigiano Albese – I.C. S. Damiano, Museo Arti e Mestieri con Comune di Cisterna d’Asti, Israt, Gruppo di Studi Ebraici di Torino (GSE), Associazione “Franco Casetta”, Libreria "Il Pellicano" e Aimc di Asti. 

In apertura, Bruna Laudi ha sottolineato come KEHILLAH ha trascorso mesi dolorosi anche presentando alcune piccole iniziative di dialogo al fine di lavorare per la pace. 

L’incontro ha evidenziato la complessità del dibattito dando spazio a diverse voci. Gli interventi hanno messo in risalto l'importanza di ascoltare tutte le voci, riconoscere le diverse narrazioni storiche, il dolore altrui e la necessità di uno spazio per il dialogo e l'autocritica. Gabriele Segre ha sottolineato l’importanza di un dialogo aperto nel quale far entrare a pieno diritto tutte le domande. Anna Foa ha sottolineato la necessità di cessare di tacere e di parlare apertamente di questi temi soprattutto da parte della diaspora europea che potrebbe avere una funzione importante che non ha ancora esercitato. “Bisogna poi spiegare a chi sostiene la Palestina che sono successe tante altre cose per arrivare all’oggi. Io credo che sia possibile parlare con la maggior parte di chi agita questa bandiera nella convinzione di stare dalla parte dei più deboli e lo capisco anche se spesso sono deviati da parole sbagliate. Con questo libro ho cercato di insegnare a chi non sa” ha detto.

Una critica radicale a quella che ha definito “devianza di Israele” è giunta anche da Segre che ha concordato sulla diaspora ma anche sottolineato la necessità di comprendere, pur non condividendole, le ragioni dello spaesamento delle comunità ebraiche.

In ogni caso, non parlare va anche contro gli interessi degli ebrei italiani. Non chiedo di parlare male di Israele ma serve uno spazio di conversazione plurale su quello che avviene. Parliamo di queste cose dietro a istituzioni ebraiche dentro alle quali è difficile farlo eppure, dopo un anno di guerra aperta, sarebbe ora di offrire questa possibilità. Il tuo libro è coraggio. Oggi non siamo di fronte al generale pazzo che ha preso un popolo illuminato. Non è così. Alcuni vogliono creare società priva di pericoli ed è difficile capire da lontano. Israele non riuscirà a fermare il conflitto se non otterrà garanzie di sicurezza. Non basta chiedere di fermarsi. I colpevoli li cercherà la storia ma bisogna dare una buona ragione per fermarsi e silenziare le voci estreme al suo interno” ha proseguito Segre.

Secondo Anna Foa, la presenza di ostaggi non basta per autorizzare omicidi di guerra. Certamente in Israele c’è un’opposizione tormentata dal trauma del 7 ottobre ma è difficile che la stessa situazione possa accadere in questa guerra.

Ho cercato di far parlare per l’opinione pubblica. Non si può più tornare allo status quo eppure si deve arrivare ad una pacificazione, cosa difficile ma non vedo un’altra soluzione” ha detto la Foa.

La scrittrice Sarah Mustafà – che ha vissuto infanzia e adolescenza in un campo profughi palestinese in Giordania, ha sottolineato l’importanza di parlare di questi aspetti. “Lo dico anche all’altra parte dove è molto difficile fare autocritica e ascoltare il dolore altrui. Qui si fa autocritica e si sente quel dolore e fare autocritica non è scontato come riportare alla luce che la storia è molteplice e dipende dalla narrazione. Solo così si può dare speranza” ha detto. 

Come ha sottolineato Segre, esistono tante relazioni umane tra isreliani e palestinesi ma il muro ha separato i destini dei popoli e non permette di capire le loro ragioni. “Come Quirico – ha proseguito – penso che Israele avrebbe dovuto ribaltare il tavolo e fare cose di cui non ti aspetti. Certo, in un mondo ideale, sarebbe stato ottimo dimostrarsi più moderati e non bellicisti. Forse non avrebbe funzionato ma non funziona neppure il radicalismo. Purtroppo, come Europa, oggi abbiamo armi spuntate. Però bisogna andare al di là delle ragioni per trovare una via d’uscita e la speranza di pace va costruita”.

Numerosi e attenti gli interventi dei partecipanti che hanno arricchito la discussione.

Nei momenti in cui vedo il buio e sono senza speranza, mi viene in mente che sono nata nel 1950 e a casa non si poteva comprare neppure un fazzoletto tedesco per il tributo di morti della mia famiglia. Eppure non è stato così per sempre come pensavo. La pace e la guerra non sono per sempre” ha aggiunto Bruna Laudi.

Tante voci diverse si sono confrontate e questo era lo scopo dell’incontro.

Vado a dormire con una speranza in più” ha detto Anna Foa.

Redazione

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