Dopo 35 anni di servizio, di cui 25 passati ad Asti, Aldo Pasquero si prepara a lasciare la divisa dei vigili del fuoco, il prossimo 1°novembre. Un viaggio iniziato nel 1983, che lo ha portato a lavorare in vari Comandi e distaccamenti del Piemonte, coltivando una passione nata quasi per caso ma che ha segnato tutta la sua vita. Raccontare la propria storia è riviverla, gustarla e attraversarla in tutte le sue sfaccettature.
E proprio ad Asti Pasquero ha vissuto alcune esperienze che non dimenticherà mai.
Come è iniziata la sua avventura nei vigili del fuoco?
Ho iniziato l'11 settembre 1983 come ausiliario di leva alla Scuola Centrale Antincendi di Roma. Dopo tre mesi di corso, sono stato assegnato a Cuneo e poi ad Alba, dove ho fatto il servizio militare per sette mesi. In quel periodo ho iniziato a prendere sempre più gusto per questo lavoro. Finito il militare, però, sono stato congedato come era previsto per noi vigili del fuoco all’epoca.
Dopo quel periodo, come è riuscito a tornare nel Corpo?
Ho aperto una piccola officina e ho lavorato come meccanico per sei anni. Poi è stato bandito un concorso civile, il primo nella storia dei vigili del fuoco, e ho deciso di partecipare. Quel concorso prevedeva 527 posti, ma siamo stati in 45.000 a partecipare. Alla fine, mi sono classificato 359° tra i motoristi, e nel 1991 sono stato assunto di nuovo.
Il vostro è un lavoro pericoloso. Come ha vissuto il rischio quotidiano durante la sua carriera?
Il rischio fa parte del nostro lavoro, ed è qualcosa a cui ti abitui, anche se non lo sottovaluti mai. Ogni intervento, anche quello che sembra più semplice, può nascondere dei pericoli. Ci proteggiamo e seguiamo procedure precise, ma c’è sempre una parte di rischio che non si può controllare del tutto. In ogni squadra, c’è un forte senso di responsabilità: chi ha più esperienza tende a proteggere i colleghi più giovani, perché sa quanto può essere difficile gestire certe situazioni. La cosa importante è lavorare insieme, con fiducia reciproca.
Lei ha lavorato per 25 anni ad Asti. Cosa può raccontarci di quell'esperienza e del suo successivo passaggio ad Alba?
Ad Asti ho passato gran parte della mia carriera, 25 anni per l’esattezza. È stata un’esperienza bellissima, mi ero integrato bene nel gruppo e avevo costruito rapporti molto solidi con i colleghi. Ero diventato caporeparto lì, e ho avuto molte soddisfazioni. Quando, nel 2021, mi è stato proposto di tornare ad Alba come caporeparto, inizialmente ero incerto. Lasciare Asti non è stato facile, ma alla fine ho accettato e sono molto contento della scelta. Tornare ad Alba mi ha permesso di lavorare con un nuovo gruppo di ragazzi più giovani, con cui ho instaurato un ottimo rapporto. Abbiamo fatto un grande lavoro insieme, e ora, guardando indietro, non posso che essere soddisfatto del mio percorso."
Quali sono stati i momenti più significativi della sua lunga carriera?
Due dei momenti più significativi li ho vissuti entrambi ad Asti. Il primo è stato il salvataggio di un signore anziano che era rimasto schiacciato in un'auto ribaltata. Il suo torace era compresso dalle lamiere e aveva solo pochi minuti di vita. Riuscimmo a liberarlo, e quando riprese a respirare, fu una sensazione indescrivibile. Un altro ricordo forte è stato il salvataggio di un ragazzo cubano la notte di Natale, rimasto intrappolato in un incendio. Riuscii a rianimarlo, e due giorni dopo ci dissero che si era ripreso.
Cosa le è piaciuto di più del suo lavoro in tutti questi anni?
La cosa che ho sempre apprezzato è il rapporto di squadra. Noi vigili del fuoco non siamo solo colleghi, siamo come una famiglia. Passiamo tanto tempo insieme, affrontiamo situazioni estreme, e questo crea un legame molto forte. Mi è sempre piaciuto anche il fatto di poter essere d'aiuto agli altri. Quando riesci a salvare una vita o ad aiutare qualcuno in difficoltà, torni a casa con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di importante. È una grande soddisfazione.
Il lavoro dei vigili del fuoco è rischioso. Ha mai perso colleghi durante la sua carriera?
Sì, purtroppo abbiamo perso alcuni colleghi, anche se fortunatamente non ho vissuto direttamente queste tragedie. Ricordo l'incidente a Quargnento, nell'Alessandrino, dove tre ragazzi persero la vita. Anche se non li conoscevo personalmente, è stato devastante per tutti noi. Il nostro lavoro ci unisce molto, e quando perdiamo qualcuno, è una ferita che condividiamo tutti.
Nel corso della sua vita, qual è stato il momento più difficile che ha dovuto affrontare?
Il momento più difficile è stato senza dubbio la perdita di mio figlio nel 2007, in un incidente sullo scuolabus. Era il giorno di Santa Barbara, la nostra festa, e stavamo celebrando in caserma quando arrivò la chiamata. Dei miei tre figli, il maggiore, Luca, purtroppo non ce l'ha fatta. È stata una tragedia che mi ha segnato profondamente. Solo grazie al supporto dei miei colleghi e alla forza che ho trovato nel lavoro, sono riuscito a superare, almeno in parte, quel dolore.
Cosa l’ha spinta a continuare?
La passione per questo lavoro e la convinzione di poter fare la differenza. Ogni volta che riesci a salvare una vita o a risolvere una situazione difficile, senti di aver fatto qualcosa di importante. Ci sono anche momenti difficili, quando arrivi troppo tardi, ma sapere che hai fatto tutto il possibile ti dà comunque una grande soddisfazione."
Ora che è in pensione, quali sono i suoi progetti per il futuro?
Mi dedicherò alla mia famiglia e alla campagna di famiglia che ho ereditato da mio padre. Ci sono molti lavori da fare e impegni da seguire. Mi hanno proposto di fare volontariato, magari con la Croce Rossa, ma per ora voglio concentrarmi sulla famiglia. Non credo che riuscirò a stare fermo troppo a lungo, ma vedremo cosa porterà il futuro.