È notizia di ieri l'interrogazione parlamentare del deputato leghista Andrea Giaccone al ministero dell'Ambiente sugli impianti fotovoltaici nell'Astigiano (QUI l'articolo).
Oggi, con una nota, i consiglieri comunali di Asti: Vittoria Briccarello e Mauro Bosia (Uniti si può), Mario Malandrone (Ambiente Asti), Gianfranco Miroglio (Europa Verde), intervengono sull'argomento.
Pubblichiamo.
I pannelli fotovoltaici si mettono sui tetti, i campi si coltivano. Sembra una frase da scuole elementari ma evidentemente non è così banale perché nella nostra provincia ci sono diversi progetti di istallazione di mega impianti fotovoltaici su terreni coltivabili: Bruno, Mombercelli, Cortiglione - e chissà se sono solo questi.
Eppure la legge da anni ha vietato questa pratica nel sacrosanto nome dello stop al consumo del suolo agricolo, che in Italia fra ecomostri, cementificazione selvaggia e urbanizzazione sconsiderata ha già pagato caro il suo tributo al capitalismo degli speculatori. Ci sono così tanti edifici abbandonati o piazzole cementificate - l'area fra Incisa e Nizza, senza il bisogno di spostarsi ad Asti dove ci sono i ruderi di Way Assauto e Ibmei - perché bisogna deturpare e inaridire terreni vergini, polmoni verdi, aree di produzione di cibo?
Ma fatta la legge, trovato l'inghippo: infatti capita che si usi lo stratagemma dell'Agrivoltaico per giustificare questi "mega parchi fotovoltaici" in aperta campagna. L'agrivoltaico per definizione è un sistema di produzioni agricola e fotovoltaica realizzate sul medesimo terreno. Siamo d'accordo: benvenga che serre e stalle siano coperte di pannelli; benvenga se ci sono coltivazioni in sinergia con le quali possono essere integrati pannelli fotovoltaici. Diverso, però, è se come nel caso di Cortiglione vengono espiantate viti e barbatelle in una Buffer Zone Unesco dove si produce Nizza DOCG per istallare potenzialmente fino a 14 ettari di fotovoltaico, e per giustificare ciò si ricorre ad una azienda agricola esterna disponibile a piantare mais, soia o cereali. Tra l'altro risulta poi che i pannelli saranno posti a 3,5 metri di altezza: un po' difficile pensare che ci passi sotto una mietitrebbia.
L'agrivoltaico deve essere un modo di produrre energia pulita e sostenere le aziende agricole che vogliono sfruttare serre e stalle, non può essere l'escamotage con cui speculatori aggirano i limiti di consumo del suolo agricolo in barba alle norme. L'istallazione di Cortiglione non ha nulla di ambientalista: qualcuno con soldi da investire sta cercando di fare un buon investimento scaricando i costi (economici e paesaggistici) su una piccola comunità.
Alla luce di ciò, noi reputiamo che il Comune, in primis, debba dare parere contrario nella conferenza dei servizi trattandosi di una lettura del concetto di agrivoltaico difforme alla ratio prevista dalla legge. Parere contrario dovrebbe dare anche la commissione paesaggistica, visto il grave danno che tale impianto darebbe al paesaggio locale che ha investito moltissimo nella tutela Unesco.
Infine, ci vuole un intervento superiore. La Regione deve immediatamente approvare la moratoria che blocca l'istallazione di questi impianti fino all'individuazione di aree idonee. Chiediamo che il parere degli enti locali sia vincolante e non solo di facciata e che prima che vengano realizzati nuovi impianti, che non siano i tetti fotovoltaici, ogni Provincia si doti di un proprio piano energetico per le rinnovabili che diventi parte importante del Piano territoriale di coordinamento.
Tutto questo è ancora più grave se avviene in una zona Unesco. Ogni giorno sentiamo parlare dell'importanza del Territorio e poi lasciamo che venga deturpato e abbandonato in preda alle alle speculazioni?