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Attualità | 03 settembre 2024, 16:15

"Casa di caccia" a Berzano di San Pietro: più di sessanta cittadini non sono d'accordo ad aprirla

Locali comunali in affidamento ai cacciatori locali su proposta del vicesindaco, appoggiato dall'intera Amministrazione

"Casa di caccia" a Berzano di San Pietro: più di sessanta cittadini non sono d'accordo ad aprirla

Un cospicuo numero di residenti di Berzano di San Pietro è preoccupato, da alcune settimane, dagli sviluppi che potrebbe avere l’assegnazione dei locali comunali situati sotto gli impianti sportivi di via Rinaldi al gruppo di cacciatori locale per farne un centro di ritrovo, una “casa di caccia”.

Ma andiamo con ordine: il 20 giugno scorso il vicesindaco Marco Mondo comunica in Giunta l’opportunità di aprire una “casa di caccia” nei locali sottostanti il campo da tennis; a quanto pare, tale proposta viene condivisa e in seguito portata a conoscenza del Consiglio.

Già venerdì 28 giugno viene pubblicato sul sito istituzionale un bando per la concessione dei locali con scadenza il 18 luglio successivo, documento che, a detta di molti, sembra essere stato poco pubblicizzato, soprattutto se paragonato ad una precedente esperienza di affidamento pubblico: quella per la gestione del bar emporio nei locali comunali, del 2023.

Poche ore prima della scadenza, il Comune riceve una unica proposta per la concessione dei locali, da parte di una persona fisica e senza alcun tipo di rilancio economico sulla richiesta del canone mensile contenuta nel bando stesso; avviene dunque l’assegnazione provvisoria.

In sostanza il potenziale concessionario prevede un utilizzo dei circa 150 metri quadrati suddiviso tra: 90 con finalità ricreative, 40 con finalità laboratoriali di lavorazione dei capi, più i servizi e una cella frigo di due metri per due.

Non appena la notizia si sparge in paese, nasce una discussione collettiva che, conducendo all’ipotesi di una futura potenziale evoluzione dello spazio comunale in Centro di Raccolta Selvaggina – CRS -, con tutto ciò che da ciò conseguirebbe, porta alla redazione di una petizione, sottoscritta da oltre sessanta cittadini, di varie estrazioni, la quale è inoltrata per posta elettronica certificata alla amministrazione comunale.
Parallelamente alcuni firmatari hanno deciso di partecipare alla seduta del Consiglio Comunale del 30 luglio, potendo esprimere le proprie perplessità a latere dello svolgimento dell’assemblea.

In breve il nutrito collettivo, coordinato da Silvia Trini Castelli, che nutre forti perplessità sulla futura destinazione d’uso dei locali comunali di cui al bando, rileva come, con la decisione dell’affidamento, si imponga al paese una scelta di lungo termine, che anche le prossime amministrazioni non potranno facilmente rivedere, in quanto il bando prevede un contratto della durata di anni 6 + 6 anni per tacito rinnovo, con successivi possibili rinnovi e dovrà presumibilmente essere cambiata la destinazione d’uso dei locali.
Sottolinea inoltre come la presenza di un sito di trattamento dei capi cacciati, nel pieno centro del paese, non favorisca né la promozione e lo sviluppo del territorio, né le attività sociali e le opportunità di ritrovo degli abitanti, generandosi potenzialmente una problematica legata a odori sgradevoli, mentre “i locali sono attigui a uno dei principali luoghi di incontro ed uso della popolazione, il campo da tennis, i locali ex-Pro-Loco sovrastanti ed i prati circostanti.”

Il sindaco Mario Lupo, da noi contattato, rifiuta il processo alle intenzioni nato nelle ultime settimane, limitandosi a sottolineare l’importanza di aver garantito un serio affidamento di locali “nati male e mai veramente gestiti come sarebbe stato necessario”, con tutto ciò che ne consegue in termini di presidio, pulizia, manutenzione e, cosa non da poco, garantendo alla collettività una piccola ma costante entrata derivante dal contratto d’affitto.
“Credo che si tratti di una posizione ideologica, anche perché nel gruppo dei sottoscrittori ci sono cittadini che si dichiarano contro gli allevamenti intensivi, posizione che rispetto, ma del tutto scollegata da ciò che si andrà a realizzare, cioè principalmente un luogo di ritrovo per i praticanti attività venatoria locali! I progetti che in seguito il gestore andrà eventualmente a realizzare, e che nei termini odierni non conosco, dovranno giocoforza essere autorizzati ed avere tutti i criteri richiesti dalle rispettive autorità competenti, in primis l’Asl".

Trini Castelli, prima firmatari della petizione, dal canto suo, afferma: “Ritengo che questa nostra istanza sia trasversale e scevra da ideologie, è stata infatti condivisa da decine di residenti e proprietari di abitazioni a prescindere dalle opinioni sul tema 'caccia'.
La petizione non ha avuto l'intento di disquisire sull'etica dell'attività venatoria, come è chiaro dal suo contenuto, ma ha messo in evidenza le potenziali criticità che possono derivare da questa specifica attività e interessare il nostro paese.
La nostra iniziativa rappresenta, secondo noi, il semplice espletamento dei diritti e doveri civici del cittadino, ovvero colloquiare e interagire con la propria amministrazione affinché le azioni proposte guardino all'interesse della popolazione"

Fabrizio Biolè

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