Attualità - 27 agosto 2024, 13:15

Emergenza randagismo felino ad Asti: "Molti vanno al sud a cercare il gatto. Fate adozioni a km 0"

Tra sfide, speranze e proposte concrete Asti non ha ancora il suo gattile sanitario

Un gatto ospite del canile municipale di Asti (Merphefoto)

Il randagismo felino è un problema che affligge molte città italiane, ma ad Asti la situazione è particolarmente critica. L'assenza di un gattile sanitario comunale complica notevolmente la gestione dei gatti abbandonati e in difficoltà, lasciando l'onere quasi interamente sulle spalle di volontari e piccole associazioni. In questa intervista, E.P., un operatore con 15 anni di esperienza nel volontariato felino, ci offre uno sguardo approfondito sulla realtà astigiana, evidenziando le sfide quotidiane, le frustrazioni legate alla burocrazia e le speranze per un futuro migliore. 

Dalle colonie feline alle adozioni, dalla sterilizzazione all'educazione, E.P. ci guida attraverso i molteplici aspetti di questa emergenza, proponendo soluzioni concrete e lanciando un appello alla comunità e alle istituzioni.

La ringrazio per aver accettato di parlarci della situazione del randagismo felino e delle adozioni ad Asti. Per iniziare, può raccontarci qual è la sua esperienza in questo ambito?

Sono ormai 15 anni che mi occupo di volontariato nel mondo dei felini. Vivo con diversi gatti, di cui sei disabili, frutto del mio impegno in questi anni.  Da un veterinario dell'Asl,  quando abitavo nell'Alessandrino, ho ricevuto molte informazioni sulla salute dei gatti. Inoltre collaboro con varie associazioni come l'Aza, Anpa, faccio raccolte cibo per l'ARCA e per Difesa Felina Asti. 

Capisco. Quindi lei ha una visione molto ampia della situazione. Ci può dare un'idea delle dimensioni del fenomeno del randagismo felino nella provincia di Asti?

È difficile dare cifre precise, ma posso dire che il fenomeno è ancora troppo diffuso. C'è una percentuale troppo alta di persone che non sterilizzano i propri gatti, molti credono ancora che la gatta debba fare la prima cucciolata prima di essere sterilizzata. Questo perpetua il ciclo, perché spesso i cuccioli vengono dati a persone che a loro volta non sterilizzano. Un altro problema è legato agli stranieri che vivono qui: molti provengono da culture dove la sterilizzazione non è praticata, quindi tendono a prendere le gatte più belle e prolifiche, le fanno riprodurre e poi magari se ne disfano dopo un paio d'anni, cedendole ad altri che continuano a farle figliare. È un circolo vizioso difficile da spezzare.

Quindi secondo lei il trend è in peggioramento?

Purtroppo sì. Fino a qualche anno fa eravamo soddisfatti dei traguardi raggiunti, ma con il Covid prima e la guerra in Ucraina poi la situazione è peggiorata. I prezzi sono aumentati vertiginosamente, sia per il cibo che per le cure veterinarie e le sterilizzazioni. Molte persone non possono più permettersi di sterilizzare i propri animali. Come volontari siamo caduti nello sconforto, perché ci siamo resi conto che gran parte del lavoro fatto negli ultimi 10 anni è andato perso. È una situazione molto difficile.

Immagino sia frustrante. Come fate fronte a queste difficoltà?

Cerchiamo di fare il possibile con le nostre forze. Ci autotassiamo, organizziamo lotterie, facciamo raccolte fondi su Facebook, cerchiamo di sensibilizzare le persone. Tutto questo nella speranza che finalmente venga realizzato il gattile sanitario, che sarebbe di grande aiuto per tutti i volontari e le associazioni. Permetterebbe di gestire meglio le sterilizzazioni, le cure, le adozioni. Ogni sterilizzazione è un atto d'amore che evita sofferenze e morti premature. Purtroppo c'è ancora molta ignoranza su questo tema.

A proposito del gattile sanitario, qual è la situazione? quali sarebbero i principali benefici di avere finalmente un gattile sanitario ad Asti?

Purtroppo la situazione è in stallo da anni. Sono state fatte diverse riunioni con l'amministrazione comunale, le associazioni si sono incontrate  per discutere del progetto del gattile. I benefici sarebbero enormi. Innanzitutto permetterebbe di gestire in modo adeguato e professionale il randagismo felino, con strutture idonee per l'accoglienza, le cure e le sterilizzazioni. Attualmente le associazioni si trovano spesso a dover gestire situazioni di emergenza senza avere spazi e risorse adeguate.

Un gattile comunale consentirebbe anche di creare posti di lavoro per persone competenti e appassionate. Ci sono molti volontari preparati che potrebbero mettere a frutto la loro esperienza. Io stesso, che sono un operatore sociosanitario, sarei felice di poter lavorare in una struttura del genere unendo la mia passione al lavoro.

Inoltre, avere un punto di riferimento ufficiale per la gestione dei gatti randagi sensibilizzerebbe la cittadinanza sull'importanza dell'adozione e della sterilizzazione. Sarebbe più facile organizzare campagne informative e di educazione.

Effettivamente i vantaggi sarebbero molti. A proposito di adozioni, qual è la situazione attuale ad Asti? Ci sono molti gatti in cerca di casa?

Purtroppo sì, la situazione è critica. Senza un gattile comunale, sono le associazioni e i volontari privati a doversi fare carico di tutti i gatti abbandonati o in difficoltà. Spesso si trovano a gestire numeri ben superiori a quelli consentiti, rischiando problemi con l'ASL.

C'è poi il problema dei gatti con la leucemia felina (Felv): quando vengono fatti i test a seguito di un recupero, c'è sempre il terrore di scoprire che un gatto sia positivo, perché ad Asti non ci sono strutture adeguate per gestire questi casi. Le piccole associazioni non sono attrezzate per tenere a lungo gatti Felv positivi, quindi trovare loro una sistemazione diventa molto complicato.

Lo stesso vale per i gatti con problemi comportamentali: non avendo spazi adeguati, è difficile gestirli e riabilitarli. Un gattile comunale avrebbe le risorse per occuparsi anche di questi casi più complessi.

Quindi l'assenza di un gattile sanitario rende più difficili le adozioni?

Assolutamente sì. Senza una struttura centrale di riferimento, le adozioni sono gestite in modo frammentario dalle varie associazioni e volontari. Questo rende più difficile far incontrare domanda e offerta. Inoltre, molte persone non sanno nemmeno che ci sono così tanti gatti bisognosi di casa ad Asti.

C'è ancora la tendenza a pensare che il problema del randagismo felino riguardi solo il Sud Italia. Spesso le persone si rivolgono ad associazioni del Sud per adottare, facendo fare lunghi viaggi agli animali, quando in realtà anche qui abbiamo le stesse problematiche. Io cerco sempre di invitare le persone a guardare prima nella propria zona, a rivolgersi alle associazioni locali. Ci sono tantissimi gatti e anche cani che hanno bisogno di essere adottati qui ad Asti.

A proposito di cani, ci sono differenze nella gestione del randagismo canino rispetto a quello felino?

Sì, ci sono differenze significative. Per i cani c'è l'obbligo del microchip, quindi le persone sono più responsabilizzate. Se un cane viene smarrito, deve essere denunciato entro 72 ore ai carabinieri. Questo fa sì che la gente ci pensi due volte prima di abbandonare un cane.

Per i gatti invece non c'è l'obbligo di microchip, e questo facilita gli abbandoni. Le persone si sentono più libere di disfarsi di un gatto quando non lo vogliono più: lo chiudono fuori casa, lo portano in campagna, lo abbandonano. Succede spesso che gatti malati vengano abbandonati per non pagare le cure, o che gatte gravide vengano abbandonate per non dover gestire i cuccioli.

Inoltre, per quanto riguarda le adozioni, quelle dei gatti sono generalmente più semplici rispetto a quelle dei cani. I gatti sono più adattabili e richiedono meno impegno in termini di spazio e tempo. Tuttavia, come dicevo prima, i gatti FELV positivi o con problemi comportamentali sono molto più difficili da far adottare.

Questo quadro che ci sta dipingendo è davvero preoccupante. Secondo lei, oltre al gattile sanitario, quali altre misure sarebbero necessarie per migliorare la situazione?

Innanzitutto serve una massiccia campagna di sensibilizzazione sull'importanza della sterilizzazione. Bisogna sfatare i falsi miti, come quello che la gatta debba fare almeno una cucciolata prima di essere sterilizzata. La sterilizzazione non è un atto di crudeltà, ma un gesto d'amore che allunga la vita dell'animale e previene sofferenze.

Servirebbero anche incentivi economici per le sterilizzazioni, magari sotto forma di voucher o agevolazioni fiscali. Con l'aumento dei prezzi, molte persone non possono più permettersi di sterilizzare i propri animali. È fondamentale poi lavorare sull'educazione, partendo dalle scuole. Bisogna insegnare ai bambini il rispetto per gli animali e la responsabilità che comporta avere un animale domestico. Questo aiuterebbe a prevenire gli abbandoni e i maltrattamenti in futuro. Servirebbe anche una maggiore collaborazione tra le varie associazioni animaliste del territorio. Unendo le forze si potrebbero ottenere risultati migliori, sia in termini di gestione delle emergenze che di pressione sulle istituzioni. Un altro aspetto importante sarebbe quello di rendere obbligatorio il microchip anche per i gatti, come già avviene per i cani. Questo permetterebbe di identificare i proprietari in caso di abbandono e di ritrovare più facilmente i gatti smarriti. Infine, sarebbe utile creare una rete di "case rifugio" temporanee, ovvero famiglie disponibili ad accogliere gatti in emergenza per brevi periodi. Questo alleggerirebbe il carico sulle associazioni e permetterebbe di gestire meglio le situazioni di crisi.

Tornando alle adozioni, quali consigli darebbe a chi sta pensando di adottare un gatto?

Il mio primo consiglio è sempre quello di rivolgersi alle associazioni locali o ai canili/gattili della propria zona. Come dicevo prima, non c'è bisogno di andare lontano per trovare un gatto bisognoso di casa. Qui ad Asti abbiamo tantissimi gatti in attesa di adozione. Poi consiglio di valutare bene le proprie possibilità in termini di tempo, spazio e risorse economiche. Adottare un gatto è un impegno a lungo termine, bisogna essere sicuri di potersene prendere cura per tutta la sua vita. È importante anche considerare l'età del gatto: molti vogliono solo cuccioli, ma i gatti adulti o anziani possono essere compagni meravigliosi e spesso hanno più difficoltà a trovare casa. Consiglio sempre di adottare gatti già sterilizzati, o di impegnarsi a sterilizzarli appena possibile. Questo evita gravidanze indesiderate e problemi comportamentali legati agli ormoni. Infine, suggerisco di essere pazienti nel periodo di ambientamento. Ogni gatto ha i suoi tempi per adattarsi a un nuovo ambiente e a nuove persone. Bisogna rispettare i suoi spazi e lasciare che si abitui gradualmente.

C'è qualcosa che vorrebbe dire a chi invece sta pensando di abbandonare il proprio gatto?

 Vorrei dire loro di fermarsi e riflettere sulle conseguenze delle loro azioni. Abbandonare un gatto non è solo crudele, ma anche illegale. Molti non si rendono conto che un gatto domestico abbandonato ha pochissime possibilità di sopravvivere da solo. Se non possono più tenere il gatto, li invito a cercare alternative. Possono contattare le associazioni locali per chiedere aiuto, magari per trovare una nuova famiglia al gatto. Oppure possono chiedere aiuto a amici o parenti per una sistemazione temporanea. Se il problema è economico, esistono associazioni che possono fornire supporto per le spese veterinarie o il cibo. Se invece è un problema comportamentale, si può chiedere consulenza a un veterinario o a un educatore felino. Vorrei che capissero che un gatto non è un oggetto di cui ci si può liberare quando non serve più, ma un essere vivente che dipende da noi e che soffre se viene abbandonato.

 Passiamo a un altro aspetto: lei ha menzionato le colonie feline. Qual è la situazione ad Asti?

Ad Asti abbiamo diverse colonie feline, sia in città che nelle zone periferiche. La più nota è probabilmente quella del cimitero monumentale.

La gestione di queste colonie è completamente affidata ai volontari, che si occupano di nutrire i gatti, monitorare il loro stato di salute e cercare di sterilizzare il maggior numero possibile di animali.

Il problema principale è la mancanza di risorse. I volontari fanno tutto a proprie spese, dall'acquisto del cibo alle spese veterinarie. Inoltre, non sempre c'è comprensione da parte dei cittadini: a volte ci sono lamentele per la presenza dei gatti o per le ciotole del cibo. Un altro problema è la continua comparsa di nuovi gatti, spesso abbandonati da persone che pensano che una colonia felina sia un buon posto dove lasciare il proprio gatto. Questo ovviamente complica la gestione e vanifica gli sforzi di contenimento della popolazione felina.

Per concludere, qual è il suo messaggio finale per i nostri lettori riguardo a questo tema?

Il mio messaggio è che ognuno di noi può fare la differenza. Il problema del randagismo felino non è solo responsabilità delle istituzioni o delle associazioni, ma di tutta la comunità.