Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone In the Shadows, di The Rasmus, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify
La stravaganza è quel pizzico di sale che condisce la vita, spesso sciapa. È un concetto su cui mi interrogo molto, me lo sento addosso da tempo immemore e provo a incasellarlo nelle varie categorie che la società ci fornisce. Parlando con Mauro Dagna capisco che non serve incasellarlo in nulla. Essere stravaganti è una caratteristica troppo bella per poter cadere in questa trappola.
Mauro, parliamo un po' di te e di cosa facessi prima di diventare "Vagabondo per il mondo"
Ho 57 anni e per 25 sono stato manager commerciale di un’azienda francese operante nel settore automotive. Una mattina del 2012, me lo ricordo come se fosse ieri, arriva una mail di un cliente rompiscatole. L'ennesima. La goccia che fa traboccare il vaso. In quel momento ricordo di aver chiuso il pc e di aver detto "basta". Un basta enorme, venuto da dentro, che covavo da tempo. Ho riaperto il pc, per cercare di organizzare un viaggio in moto, in giro per il mondo. Ripescando un po' il mio sogno nel cassetto che, fin da piccolo, era quello di fare il pilota. Risultato? Mollo tutto per dedicarmi a qualcosa che riempisse pienamente il mio cuore. All’epoca 45enne, avevo quindi deciso spontaneamente di rinunciare all’ottimo stipendio e ai benefit aziendali, perché sapevo che oltre ai soldi e al prestigio, nella vita ci dovesse essere “qualcosa in più”.
Come è iniziato tutto?
Nasco come viaggiatore zaino in spalla nel 1999. La prima avventura è stata in Bolivia, 15 giorni da solo. Per lavoro andavo spesso in Sud America e così avevo pensato di unire l’utile al dilettevole, facendo un viaggio di questo tipo almeno un mese all'anno, tutti gli anni. Nel 2007 arriva la mia prima moto. Dico sempre che mio papà mi ha salvato la vita non comprandomi la moto quando avevo 14 anni. Ho corso in macchina, ho fatto paracadutismo, ho fatto di tutto. E un'altra persona che mi ha salvato la vita è stato mio figlio. Nel 2007 comincio a fare qualcosa in moto, enduro e gare di motorally. Avevo questo germe che mi si stava riproponendo, quello di viaggiare seriamente per il mondo e così ho iniziato a mettere giù un progetto più concreto. Ho fatto un giro di prova da solo in moto, sul Mar Nero: 12mila km in 12 mesi. Alla fine del giro, nel 2013, ho costruito il viaggio, ma sentivo che mi mancava qualcosa. Era l’obiettivo. Lasciare tutto per il nulla era estremamente forte come scelta. Sentivo che fosse quella giusta, lasciare la mia zona di comfort per cambiare radicalmente vita. Una vita in cui non mi ci vedevo più, mi sentivo quasi inutile. Non era il giro del mondo il vero obiettivo.
E così inizi a conoscere meglio l'Albergo Etico...
Conoscevo già l’Albergo Etico e così mi è venuta l’idea di parlare con loro per unire le due cose: il giro in moto per il mondo poteva essere un modo per diffondere questo importante messaggio solidale. Non sapevo da dove cominciare, ai tempi ero lontano anni luce dal mondo della disabilità. Comincio a costruire il progetto per davvero. Avevo paura di fare questo salto, di lasciare la mia zona di comfort per qualcosa di ignoto.
Come si riesce a saltare fuori dalla propria zona di comfort, zittendo tutte quelle vocine interiori che ci mettono così tanta paura?
Ricordo che a fine 2013, sul punto di prendere decisioni così importanti, ero assalito dagli incubi. Mi sognavo spesso da solo, sperso nel deserto, un vagabondo. La paura ti soffoca. Ricordo però che la parte più animica era in qualche modo riuscita a farmi ragionare. Avevo stampata in testa l'immagine di un mio carissimo amico scomparso: lo vedevo sorridermi, quasi a dirmi "coraggio, vai". E questo è stato ciò che mi aveva fatto andare avanti, quel 5% di convinzione che mi mancava per fare il salto.
La partenza?
Decido quindi di mollare tutto. Il mio capo capì e mi ammirò. Mancavano i soldi, bussai a tante porte fino ad arrivare a Lavazza, con cui nacque il progetto Down Around. Cominciai con l'Africa, da piazza San secondo, il 22 marzo 2014, in un periodo complesso, tra guerre e agitazioni. E poi Sudamerica, tra conferenze ed eventi. Fino a che non mi chiama Lucia, una mamma di un bimbo affetto da sindrome di down, di Cordoba, che mi convince a tornare in Argentina, dove rimango per tre anni, dal 2017 al 2019 per creare L'Albergo Etico Argentina, inserendo cinque ragazzi in un albergo già esistente a Villa Carlos Paz. Nel 2018 l’inserimento, un successo. Pensa che la vicepresidente dell’Argentina del vecchio governo ci aveva anche invitati a parlare del progetto. Da questo successo abbiamo creato L'Albergo Etico Cile, con una sola persona coinvolta, inserita in un albergo vicino a Santiago.
E poi?
Lo Stato ci dice di cambiare albergo, così apriamo l’ostello di Albergo Etico, con altri sette ragazzi. E poi, purtroppo, arriva il Covid e finisce il mio rapporto con Albergo Etico. Durante la pandemia mi trovo in Argentina, in cui rimango bloccata quattro mesi. L'Albergo Etico in Argentina chiuderà nel 2021, nel frattempo riesco a rientrare in Italia. E dalle sue ceneri è nato il progetto di Lucia, molto simile, rilevando struttura turistica, El Zapato, con altri ragazzi. Sto poi fermo fino a novembre del 2023, per poi voler ripartire con l'idea di finire il giro, arrivando in Alaska. Ho sentito l'esigenza di chiudere un capitolo della mia vita, che doveva durare tre anni e invece ne ha fatti più di 10. Io e la mia “Poina”, così si chiama la mia moto, procediamo in direzione Nord. L’obiettivo è di raggiungere l’Alaska terminando il Sud America per poi attraversare tutto il centro America fino a raggiungere il Circolo Polare Artico. E poi? L’idea è di ritornare in California per poi inviare la moto a un nuovo destino, ancora da definire.
L'obiettivo di questo nuovo viaggio?
Presumo sia l'ultima partenza per finire il viaggio. Ora lo faccio per me, per la prima volta in questi anni parto per il puro viaggio, mio, per chiudere un ciclo. Per aprire nuovi cicli devi chiudere i vecchi. Non mi sono dato tempistiche, se voglio arrivare in Alaska devo arrivare entro agosto perché altrimenti fa troppo freddo. Cerco di ascoltarmi per capire quando finirà il viaggio. Non è detto che finisca con la meta, può finire prima se apprendi già ciò di cui senti il bisogno e, in quel caso, non avrebbe senso continuare. Non so, poi, quale sarà il prossimo step. Mi chiedo cosa farò dopo il viaggio. Viaggiando ho imparato cinque lingue, finito questo viaggio comincerà una nuova fase della mia vita, che non so cosa sarà. Dovessi tornare a fare cosa facevo prima, lo farei con un’altra concezione, anche se mi viene difficile immaginarmi attaccato a una scrivania.
Un consiglio ai giovani alla ricerca di se stessi?
Ascoltatevi, ascoltatevi da dentro. La nostra anima ci parla di continuo, l’universo pure, siamo noi che non li ascoltiamo. Non abbiate paura di cambiare, non fate cose d'istinto, ponderatele a dovere, ma non rifletteteci neanche troppo, perché altrimenti lasciate spazio alla paura. La vita chiede continui cambiamenti e i messaggi sono infiniti, siamo noi che non riusciamo a sentirli, o spesso non vogliamo. Vivete la vostra vita e non rincorretela. Sceglietela e basta. Non fate per tutta la vita ciò che non vi piace. Abbiate il coraggio di guardarvi dentro, distaccatevi dalle cose materiali e fate qualcosa che vi fa stare veramente bene. State in contatto con voi stessi, anche attraverso la natura, il medico più importante che c’è. È fenomenale ciò che può succedere se si riesce a mettere in pratica tutto questo.
Il tuo rapporto con l'Astigiano?
Ad Asti ci sono nato e cresciuto. Vivo a Mongardino e in queste terre torno sempre, più giro il mondo e più amo l’Italia. Abbiamo tutto, ho girato 70 paesi. E ad Asti non ci manca nulla, se non la voglia di spingerla e farla crescere, non abbiamo nulla da invidiare ad Alba. Le aziende qui sono andate via tutte, Asti è rimasta il dormitorio di Torino, ci si vive, ma si lavora altrove perché non c’è lavoro per tutti. Non abbiamo neanche più la giusta ricettività alberghiera e questo, da astigiano, mi fa male. Ho sempre considerato Asti una città con un potenziale enorme, è una Ferrari che va alla velocità di una 500, ma di quelle vecchie, però. Viviamo depotenziati.
Cosa si potrebbe fare di più per questo territorio?
Viviamo di Palio, di Sagre, ma non le spingiamo neanche più. Spingiamo le cose che ci fanno diventare grandi, aiutiamo le Pro Loco, facciamo altre cose durante l’anno, la gente si muove ormai. Non c’è mai limite al cambiamento, lo mettiamo noi con le nostre paure. È la paura che ti fotte, abbiamo il terrore di non arrivare a fine mese, siamo schiavi di un sistema che non è sano. Diamo valore all’apparenza e non alla sostanza, ma c'è una via. C'è un'alternativa a tutto questo.
Di paure e pensieri intrusivi
Quando Mauro mi racconta cosa voglia dire per lui paura, mi ci rivedo molto. Dare potere alla paura significa vivere depotenziati e inermi, arrendevoli e stanchi, spenti e anonimi. Quante volte cadiamo nelle trappole mentali che noi stessi ci siamo costruiti a dovere? Pensieri intrusivi, vocine egoiche che ci dicono che stiamo sbagliando tutto, che non siamo all'altezza della situazione che stiamo vivendo. E, invece, se ci siamo dentro è perché abbiamo sicuramente la forza di uscirne. Il nostro peggior nemico è proprio la nostra mente, non solo perché conosce ogni nostra debolezza, ma perché è colei che le crea tutte.Chi è "Vagabondo per il mondo" e cosa fa
Vagabondo per il mondo è un progetto nato nel 2012 quando Mauro decise di mollare tutto per dedicarsi a qualcosa che riempisse pienamente il suo cuore. All’epoca 45enne, manager commerciale di un’azienda francese operante nel settore automotive, decise spontaneamente di rinunciare all’ottimo stipendio e ai benefit, perché sapeva che oltre ai soldi e al prestigio, nella vita ci dovesse essere “qualcosa in più”. Quel qualcosa era la vita stessa che lo stava chiamando a rapporto. E la chiamata fu talmente forte che non poté sottrarvisi. E così che nei due anni seguenti costruì interiormente e logisticamente il progetto del “Vagabondo per il mondo”, un viaggio intorno al mondo per parlare di un progetto meraviglioso che nasce ad Asti e coinvolge persone con sindrome di Down. Il progetto si chiama Albergo Etico e crea opportunità di vita indipendente per persone con disabilità intellettive attraverso l’inserimento in stage in hotel e ristoranti del territorio. L’idea di Mauro di lasciare tutto e cambiar vita, unita alla visione di Antonio, fondatore di Albergo Etico, danno vita al progetto del Vagabondo per il mondo e cioè un giro del mondo in moto per diffondere la brillante idea innovativa di Albergo Etico. Il viaggio prende vita il 22 marzo 2014 quando Mauro parte con la sua moto, sponsorizzata Lavazza, da una gremita piazza San Secondo ad Asti. Come prima meta l’Africa. E la percorrerà tutta da Nord a Sud, dall’Etiopia al Sud Africa prima di prendere la via del Sud America dove vi giungerà a fine 2014. Da maggio 2015 a novembre 2019 lavora alacremente per diffondere la visione di Albergo Etico.Per gli amanti dei numeri
Oltre 100 conferenze dall’Argentina al Messico110.000 km percorsi in moto in solitaria tra Africa e Sud America
Circa 7300 litri di benzina
3 continenti Africa, Sud America e Nord America attraversando 18 Nazioni
6 anni e mezzo di viaggio interrotti solamente da saltuari rientri
La creazione di Albergo Etico Argentina dove operano 12 persone con disabilità intellettiva
La creazione di Albergo Etico Cile e Brasile, entrambe stoppate a causa della crisi Covid19
E il viaggio continua.