/ Copertina

In Breve

sabato 02 novembre
sabato 05 ottobre
sabato 07 settembre
sabato 03 agosto
sabato 06 luglio
sabato 01 giugno
sabato 04 maggio
sabato 06 aprile
sabato 02 marzo
sabato 03 febbraio

Copertina | 02 marzo 2024, 00:00

Storie di Orgoglio Astigiano. Omar Pedrini: "Sono un fiero roc(k)ettese. Il mio fiume sacro? Il Tanaro. Asti mi ha insegnato a brindare alla vita"

A tu per tu con lo "Zio Rock", celebre cantautore bresciano, cittadino onorario di Rocchetta Tanaro. "Solitamente ci si salva una volta sola, io sono a quota sette. Un miracolato. Un sopravvissuto"

Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Che ci vado a fare a Londra, di Omar Pedrini, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify

Da oggi anche io posso dire di avere uno "Zio Rock".

Si fa chiamare così dai fan Omar Pedrini, rocker e cantautore che, di certo, non ha bisogno di tante presentazioni. Intervistarlo telefonicamente è stato incredibile: carismatico benché avvolto da un che di spirituale che lì per lì non mi è ben chiaro, ne resto affascinata e parto a raffica con le domande. Ho tante cose da chiedergli e lui sembra avere tanto da dirmi.

Omar, tu sei nato a Brescia nel 1967, ma con l'Astigiano hai un rapporto incredibile, giusto?

Sì, esatto. Sono cittadino onorario di Rocchetta Tanaro e per me è un onore. Sono molto legato all'Astigiano. La cittadinanza onoraria che ho ricevuto per me è davvero sentita, ne sono orgoglioso, è un qualcosa di sentimentale, non è solo un'onorificenza. Mi sento astigiano, sono rocchettese e ne vado fiero. 

Da quanto tempo frequenti Rocchetta Tanaro?

Diciamo quasi costantemente da ormai 30 anni e in questi 30 anni ho avuto modo, grazie al mio lavoro, di raccontrare la mia passione per l'Astigiano, anche nel mio libro enogastronomico ("La Locanda dello Zio Rock", la raccolta degli articoli mensili che il rocker ha scritto per la rivista COOP Consumatori, in una versione rivista e ampliata, ndr) e nelle interviste che spesso faccio. Credo che lo sappiate tutti che non sia soltanto una forma, la mia, ma che mi ci sento cittadino. Rocchetta Tanaro e l'Astigiano sono luoghi del cuore, anche per i miei figli, per la mia famiglia. 

I ricordi più belli legati all'Astigiano?

Ricordo serate meravigliose con Giorgio Conte o durante AstiMusica, l'ultima volta che ci ho suonato è stato nel 2019, una serata partecipatissima, in cui ho incontrato tanti amici astigiani. L'amico fraterno Massimo Cotto con la moglie Chiara Buratti, per me loro sono come fratello e sorella. O Roberta Bellesini, con cui ho trascorso molto tempo anche durante il "Rocketta Fest".

Ma perché la vita ti ha portato proprio a Rocchetta?

Eh, questa è una cosa pazzesca. Perché Luigi Veronelli, mio maestro di vita e di anarchia, dico sempre, mi disse che avrei dovuto incontrare la famiglia Bologna, che viveva lì e che gestiva la cantina Braida. Avevo fatto una dedica al loro papà, Giacomo, scomparso nei primi anni Novanta. Un inno al Piemonte con la poesia di Giacomo Bologna, con i Timoria...

Dai Bologna ai Timoria con il Disco d'Oro

L’adesione ai valori e alla visione di questa famiglia fu così forte che Pedrini decise di prendere in prestito i versi della poesia scritta da Giacomo Bologna “Costruitevi una cantina ampia, spaziosa, ben aerata e rallegratela di tante belle bottiglie…” per “2020 Speed Ball”, quinto album dei Timoria, che si aggiudicò il Disco d’Oro.

Allora sono andato a trovare Giuseppe e Raffaella, i figli di Giacomo Bologna. E sai come succede nella vita, quelle cose scritte nel destino, è stata amicizia vera fin dal primo sguardo. Questo mese ho parlato delle Trattoria Bologna nei miei articoli enogastronomici. Rocchetta è piena di amici, non voglio dimenticare nessuno, da quel momento ho conosciuto tutto il paese, non manca mai l'aperitivo tutti insieme.

Come vedi Rocchetta?

Un posto bellissimo. Devo dire che ho conosciuto prima le lingue di Fongo e poi il resto (ride, ndr). È facile diventare amici a Rocchetta, è una piccola grande comunità, ogni volta che torno è come abbracciare un intero paese. È un'amicizia marmorea, talmente importante che quando mi hanno dato la cittadinanza onoraria ho rilanciato facendo battezzare mio figlio Leone Fuastino a Rocchetta Tanaro, così saprà sempre che quello è un luogo a cui suo papà teneva tantissimo.

Nel 2010 hai sposato un altro progetto dei Bologna, giusto?

Esatto, quello dedicato all’etichetta di Montebruna. Ho composto una poesia che celebra questa Barbera e lo storico cru di Rocchetta da cui il vino prende il nome. La mia firma si aggiunse così a quelle di Bruno Lauzi, Giorgio Faletti e Roby Facchinetti e Paolo Conte. E sempre nel 2010 ho presentato il mio album “La Capanna dello Zio Rock” proprio a Rocchetta Tanaro. E poi, ho firmato anche due prefazioni a due libri di autori rocchettesi: Gianfranco Mogliotti e Francesco Bergamasco.

Un legame ancestrale quello che hai con Rocchetta, tu che mi sembri anche molto legato alla spiritualità

Sì, il mio fiume sacro è il Tanaro, come il Gange per gli Indù e il Mississippi per i bluesman. E, a proposito di fiume, ricordo molto bene il dramma dell'alluvione. Chiamavamo Rocchetta tutti i giorni, pronti a partire da Brescia per dare una mano, ricordo benissimo quei momenti drammatici.

Che cosa si può imparare dall'Astigiano?

Dagli astigiani ho imparato una grandissima lezione di vita: avere il tempo per un bicchiere di vino. Qualsiasi cosa accada, continuare a celebrare la vita alzando i calici. L'Astigiano è un territorio fatto da grandi lavoratori, ma resta l'obbligo di godersi, anche solo per un attimo, la vita. E lì si fa alzando i calici. Quest'abitudine me la porto dentro, ho ritrovato quei valori che nell'Astigiano resistono, ma che nel resto d'Italia stanno scomparendo. Il tempo, la vigna, la pazienza, il sacrificio... Mi vengono in mente continue suggestioni.

Qualsiasi cosa accada, alziamo i calici. Brindiamo alla vita

Che persona incredibile sto conoscendo? Mentre parla scrivo a raffica al pc, non voglio scordarmi nemmeno una parola di ciò che mi sta dicendo. È illuminante e il suo stile oratorio anche un po' oracolare. Ha un che di misterioso, spirituale, un po' ascetico, nel suo pensiero, che mi affascina. Omar ci ricorda che abbiamo anche abitudini bellissime, oltre che persone dal grande valore umano in terre sconfinatamente meravigliose, che generano prodotti eccellenti. Facciamoci caso, le sue parole sono vere. E comunque vada la nostra quotidianità, qualunque sia stata la nostra giornata, chiunque ci abbia ferito oggi, alziamo i calici e brindiamo a una vita unica, autentica. Celebriamola. A modo nostro, il migliore.

Pensi che Asti sia sufficientemente valorizzata?

Asti è una città viva, ci sono tante iniziative. Certo è che se si continua a paragonarsi alle Langhe, Asti sembra sempre che faccia troppo poco. Lì si investe continuamente in turismo ed enogastronomia ed è stato creato un volano gigantesco, in una zona autocelebrata. Penso che adesso che la Langa e il Cuneese sono stati celebrati, sia il momento di far capire che c'è l'Astigiano, con le sue bellezze che non hanno nulla da invidiare a nessuno. Terre di eccellenza, forse quello che può apparire è il confronto con gli investimenti fatti sulle Langhe, certo. Nella vita si può sempre fare di più, ma l'Astigiano va raccontato, perché, non fosse altro che per indole, non è così appariscente. Ragazzi, se uscire ad Asti est in autostrada anziché andare dritti, trovate luoghi meravigliosi!

A proposito di meraviglia... I ricordi più belli della tua carriera?

Domanda difficile. Sicuramente ti direi il 2004, con il Premio della Critica a Sanremo, è stato il mio primo festival da solista. Oppure il primo Disco d'Oro del rock italiano con i Timora nel 1993-94. O ancora la Fête de la musique a Parigi, davanti a 200mila persone. Sono tutti momenti bellissimi, ne ho davvero tanti raccontare. 

Si sopravvive una volta. Io sono a sette. Un sopravvissuto

E il momento più difficile della tua vita?

I miei problemi cardiaci. Ci convivo da 19 anni e, ad oggi, sono stato sottoposto a sette interventi cardiovascolari. Si sopravvive una volta sola di solito. Io sono a quota sette. Sono un sopravvissuto, un miracolato, sono grato a Dio, alla vita e alla scienza per tutto questo. 

Che rapporto hai con la fede, Omar?

Un rapporto importante, l'ho cantata in tante canzone. Entrando nello specifico, sono attivista del Dalai Lama del Tibet, non ho mai fatto scelte religiose, la fede è aperta, credo in un dio solo non a seconda della religione. Sono anche molto vicino alla nostra chiesa, al Cristo. Un mese fa sono stato ricevuto dal Papa, al quale ho regalato la mia "Dolce Maria", contenuta nel mio ultimo disco, "Sospeso". 

Un consiglio ai giovani e a chi cerca se stesso?

Ai giovani che vogliono vivere di musica oggi non posso fare altro che consigliare di fare talent. La discografia di oggi è molto attenta a quella dimensione, anche se ci sarebbe tanto altro. A chi cerca se stesso consiglio di guardarsi bene allo specchio, capire chi siete, Spesso assomigliamo a chi vorremmo assomigliare, dimenticandoci chi siamo davvero. Diventate ciò che siete. È un mantra che ha illuminato la mia vita. 

Elisabetta Testa

Leggi tutte le COPERTINE ›

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A NOVEMBRE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium