Attualità - 09 ottobre 2023, 19:42

"I razzi, i morti, i nostri amici partiti militari": il racconto di un astigiano in Israele

Andrea Buffa, chimico, vive dal 2014 a Givat Yeshayahu, tra Cisgiordania e Gaza: "E' stata una carneficina che va al di là di un atto di guerra. Ora viviamo con lo zaino pronto e il suono incessante dei cannoni"

Il bunker: l'esatta ubicazione è tenuta nascosta per motivi di sicurezza

"Qui ora è un rimbombo continuo di colpi di artiglieria: sia i razzi sparati dalla striscia di Gaza che i proiettili israeliani. Facciamo caso se un colpo è più vicino di altri Mia moglie è nata qui, sa distinguere molto bene quello che arriva da quello che parte. Io non ancora". 

La guerra è una compagna di vita quotidiana in Israele. Ma quello che è capitato sabato 7 ottobre ha superato i limiti di qualsiasi più fosco scenario.

Andrea Buffa, classe 1982, chimico, dal 2014 vive in Israele. Nei primi 5 anni, ha fatto un dottorato di ricerca in chimica alla Hebrew University of Jerusalem. 

Sabato era a Givat Yeshayahu, un insediamento agricolo di circa 900 abitanti a sud di Gerusalemme, ad una cinquantina di km dalla striscia di Gaza. Quello che ha vissuto, assieme alla moglie, israeliana, è una delle giornate più drammatiche che lo stato ebraico ha vissuto nella sua storia. Ecco il suo racconto.

Cosa è successo sabato? Come vi siete accorti di quello che stava succedendo?

Spesso dalla striscia di Gaza Hamas fa partire raffiche di missili per colpire le città israeliane. Ma quello che è capitato sabato ha dell'incredibile: quasi 5000 razzi, una cosa mai vista prima. Esiste un sistema contraereo molto efficace, si chiama Iron Dome, ma ovviamente è stato sopraffatto da questa potenza di fuoco. Alle 6:30 è suonata la sirena, abbiamo preso le nostre cose e siamo scesi nel bunker. Ma non pensavamo fosse l'inizio di un incubo. 

I terroristi di Hamas hanno passato il confine, una cosa mai successa prima.

No. E' crollata l'intera rete di difesa attorno alla striscia di Gaza. I terroristi hanno preso una base militare, una stazione di polizia, si sono infiltrati in oltre 22 villaggi. E' stata una catastrofe, si sono vissute scene di una violenza inaudita.

Un atto di guerra verso Israele.

No, qui la popolazione ci tiene a far sapere che c'è stata una carneficina che va al di la di un atto di guerra. La follia del terrorismo islamico vuole solo mietere vittime. I terroristi sono entrati in Israele solo per uccidere più persone possibili, senza distinzioni. Hanno massacrato 280 giovani che ballavano nel deserto, in un rave - qui lo chiamano "natur party" - appartenevano sicuramente alla fascia più progressista, sensibili alla causa palestinese. Uccisi tutti senza fare distinzione. 

Com'è possibile che sia capitato tutto ciò?

C'è stato sicuramente un problema nei servizi di sicurezza. Il confine con la striscia di Gaza era poco sorvegliato, molti soldati, soprattutto vista le festività, erano in licenza nel centro di Israele. I terroristi hanno avuto gioco facile ad entrare, e sopraffare i pochi militari di guardia. Sono penetrati in una stazione di polizia e in una base militare, uccidendo tutti quelli che erano dentro. Ora, viste le circostanze, nessuno vuole fare polemiche, ma quando questa guerra sarà finita qualcuno dovrà prendersi le responsabilità di quello che è successo. Qui tutti vivono con una certa dose di tranquillità perché fanno affidamento sulla rete di intelligence e militare di Israele. Invece lo Shin Bet ha fallito. Ora c'è un senso di sfiducia nella popolazione.

Come stai vivendo questi giorni?

Da sabato tutto è chiuso, nessuno va più a lavorare. Moltissimi nostri conoscenti sono partiti nella riserva e sono stati arruolati. Veniamo a sapere di molti morti, feriti e rapiti dai villaggi vicini. Il marito di un collega di mia moglie, militare, è morto nei primi scontri a fuoco di sabato. Viviamo con uno zaino sempre pronto, all'erta per andare nel bunker. La radio deve essere sempre accesa, e sono partite le ronde all'interno del villaggio: siamo in uno stato di guerra.

Sono gruppi di autodifesa?

Sì. Tutte le forze pubbliche sono impegnate al fronte e così vengono organizzate ronde tra tutti i civili che possiedono un'arma, anche solo un fucile da caccia. Anche mio suocero ne fa parte. Io invece, non essendo israeliano e no avendo porto d'armi, sto contribuendo come fa gran parte della popolazione civile. Si dona il sangue, si raccolgono vestiti per gli sfollati. Si cerca di dare il proprio contributo.

Come sarà la reazione israeliana?

Israele è sempre stato molto chirurgico nelle sue reazioni, cercando di fare meno morti possibili tra i civili. Ora, però, è stato detto dal primo ministro che i palestinesi devono andare via dalla striscia: credo che la reazione sarà molto più dura del solito. Sull'invasione di terra, invece, c'è un'incognita, anche perché qui tutti sanno che costerà moltissimi morti. 

Com'è la vita in Israele?

Se abiti qui, ti abitui velocemente a convivere con una situazione di tensione. Tutti fanno il servizio militare, e sono pronti ad essere richiamati in ogni momento. Quando sono arrivato i terroristi investivano i civili a Tel Aviv e Gerusalemme, e allora, quando dovevi prendere un mezzo pubblico, dovevi aspettare dietro un palo della luce. Poi c'è stata l'intifada del coltello. Il pericolo diventa una consuetudine, ma alla fine ti abitui e diventa una cosa normale. Nonostante la militarizzazione della società, la gente israeliana ha voglia di vivere: a Tel Aviv è pieno di ristoranti, locali, gente che fa Yoga sulla spiaggia. Ma sai che da un giorno all'altro puoi mettere l'uniforme e partire. 

 

 

La porta del bunker

Gli aiuti raccolti per gli sfollati in seguito agli attacchi

Givat Yeshayahu