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Attualità | 02 marzo 2023, 20:08

Un mondo più inclusivo al centro del presidio organizzato ad Asti per l'8 marzo: "La rivolta è fika (e non solo)"

"Le lotte per l’emancipazione femminile e la parità di genere non sono concluse, molte battaglie sono state vinte ma c'è molto da fare"

Un mondo più inclusivo al centro del presidio organizzato ad Asti per l'8 marzo: "La rivolta è fika (e non solo)"

Un presidio, in piazza Statuto, ad Asti con 8 punti per l'emancipazione femminile.

Ad organizzarlo, mercoledì 8 marzo dalle 18, in occasione della Giornata internazionale della donna le associazioni A Sinistra Asp- Casa del popolo con l’adesione di ARCI Cuneo-Asti, CGIL, Asti Pride, Uniti si può, Ambiente Asti, Europa Verde, Altritasti, Agedo Asti-Alba.

Il presidio si chiamerà "La rivolta è fika (e non solo)", ci saranno dj set, letture, live painting e interventi. Contestualmente saranno distribuiti volantini con gli 8 punti per l’emancipazione femminile.

"Non un giorno di festa, un giorno di lotta. L’8 marzo vogliamo ricordare all’opinione pubblica e alla classe politica che le lotte per l’emancipazione femminile e la parità di genere non sono concluse", spiegano gli organizzatori.

"Da quella prima manifestazione dell’8 marzo nel 1917 che ha visto le donne della classe lavoratrice di San Pietroburgo unirsi in corteo per chiedere la fine della guerra, molto tempo è passato, molte battaglie sono state combattute e vinte, ma molto c’è ancora da fare. I diritti ottenuti con fatica dalle lotte femministe dell’ultimo secolo oggi vengono messi sempre più in discussione da un’area politica reazionaria e retrograda. Nonostante l’uguaglianza giuridica infatti le donne e le persone appartenenti alla comunità Lgbtqia+ continuano a subire una discriminazione sistemica. Il nostro femminismo è intersezionale, considera cioè la sovrapposizione di più livelli di discriminazione, che si aggiungono a quella di genere e possono riguardare l’etnia, la classe sociale, la religione, l’orientamento sessuale, l’identità di genere, lo stato di salute o altro ancora", concludono.

IL MANIFESTO 

1- PARITÀ SALARIALE: in Italia il gender pay gap, cioè la differenza salariale tra uomini e donne a parità di posizione lavorativa è del 15%. Vogliamo retribuzioni uguali tra uomini e donne e uguali possibilità nel mondo del lavoro. Secondo dati Inapp nel 2022 l’occupazione femminile in Italia si aggira sul 51,4% a fronte di un’occupazione maschile del 69,5%, con una differenza quindi di quasi 20 punti percentuali. Se a questo aggiungiamo il fatto che la metà dei contratti a tempo indeterminato sottoscritti da donne è part time è intuibile che per una donna è molto più difficile avere un’indipendenza economica. Per questo sono necessarie politiche che rimuovano gli ostacoli all’occupazione femminile ad esempio impedendo alle aziende di discriminare in base al genere nel momento dell’assunzione.

2- LIBERE DAL LAVORO DI CURA NON RETRIBUITO Il grande elefante nella stanza, principale causa della disparità occupazionale tra uomini e donne, è il lavoro di cura, si stima infatti che in Italia siano le donne a svolgere circa il 75% del lavoro di cura non retribuito (come occuparsi di figli, anziani o persone non autosufficienti). Per ciò chiediamo l’estensione del congedo obbligatorio di paternità per permettere l’attuazione di una genitorialità condivisa (in Italia ad oggi il congedo parentale è di soli 10 giorni, mentre in altri paesi dell’UE molto più lungo, come la Spagna in cui è di 16 settimane). Per lo stesso motivo chiediamo un servizio di asili nido più accessibile e capillare, dato che in Italia i posti negli asili nido coprono appena il 26% dei bambini sotto i tre anni residenti, al di sotto della media richiesta dall’Ue di 33%.

3- ABBATTIAMO IL SOFFITTO DI CRISTALLO, vale a dire quel complesso sistema che ostacola le donne nell’arrivare alle posizioni apicali in ambito politico, amministrativo, imprenditoriale e universitario. Le donne in media si laureano di più degli uomini (è donna il 60% dei laureati in Italia) e con una votazione superiore, eppure una volta entrate nel mercato del lavoro guadagnano meno degli uomini e hanno in media meno possibilità di fare carriera. Per ribaltare questo meccanismo malato dobbiamo liberare le donne dal peso del lavoro di cura. Sarebbe inoltre di vitale importanza incentivare le ragazze a intraprendere percorsi di studio STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), dal momento che le donne sono spinte da pregiudizi infondati a intraprendere studi umanistici, che conducono in media a lavori meno retribuiti.

4- TUTELA DEL DIRITTO ALL’ABORTO. Da anni assistiamo a un lento ma inesorabile sforzo di smantellare il diritto d’aborto. Non solo l’altissima percentuale di medici obiettori di coscienza (tra il 60 e il 70% sul territorio nazionale e sul 58% ad Asti) che rendono più difficile accedere all'interruzione volontaria di gravidanza, ma si mettono anche le direttive regionali a ostacolare l’applicazione della legge 194. In Piemonte negli ultimi anni la giunta di centrodestra ha promosso la presenza di associazioni antiabortiste dai consultori, che fanno pressione psicologica sulle donne, non rispettando la loro privacy, per spingerle a portare avanti la gravidanza. Abbiamo bisogno di una sanità pubblica efficiente e laica, gli antiabortisti devono rimanere fuori da consultori e ospedali

5- EDUCAZIONE AL CONSENSO. La violenza di genere si presenta sotto vari aspetti, dallo stalking, le molestie, il revenge porn e il sextortion fino allo stupro e al femminicidio e per combatterla è necessario inanzitutto agire sulla prevenzione. Per questo chiediamo che venga istituita l’ora di educazione all'affettività e al consenso nelle scuole e corsi per le forze dell’ordine per imparare a gestire e aiutare le donne che denunciano. Una maggiore consapevolezza è fondamentale, perché molto spesso le leggi ci sono, ma non vengono applicate a dovere e troppo spesso le denunce cadono nel vuoto.

6- PIÙ FONDI AI CENTRI ANTIVIOLENZA In Italia un terzo delle donne sono state almeno una volta nella vita vittime di violenza fisica o sessuale. Per questo chiediamo case provvisorie di accoglienza per donne vittime di violenza e i loro figli e finanziamenti più significativi alle associazioni che si occupano di aiutare le vittime di violenza. Riteniamo essenziale che i centri antiviolenza siano ben comunicati e distribuiti capillarmente sul territorio nazionale in modo da essere facilmente accessibili per tutta la popolazione e che offrano il sostegno di assistenti sociali, psicologi, mediatori culturali e un’assistenza legale gratuita.

7- SANITÀ PUBBLICA E RICERCA INCLUSIVE La vulvodinia e la neuropatia del pudendo sono malattie vere. Troppo spesso chi ne soffre non solo ottiene una diagnosi dopo anni di dolori, ma è poi costretta a spendere centinaia di euro al mese per le cure. Chiediamo perciò che vengano riconosciute come malattie croniche e invalidanti, che vengano istituiti centri regionali per il trattamento del dolore pelvico e che le persone che ne soffrano possano accedere gratuitamente alle cure necessarie al pari di ogni altra malattia.

Per questo abbiamo bisogno di un approccio alla medicina e alla ricerca biomedica più inclusivo e meno discriminatorio verso le donne, che superi l’impostazione tradizionale della ricerca scientifica che pone il maschile come standard neutro di riferimento e che includa più campioni di donne e di persone intersex. Inoltre chiediamo maggiori tutele per contrastare la violenza ostetrica, ovvero quei comportamenti abusivi tenuti dal personale sanitario durante il parto, come abusi verbali, rifiuto di somministrazione di terapie per il dolore o attuazione di interventi o pratiche senza consenso, violenza di cui in Italia è vittima il 21% della madre italiane secondo un'indagine di Doxa del 2017.

8-AUTODETERMINAZIONE DI OGNI INDIVIDUO Le donne trans sono donne. Il femminismo non può non occuparsi anche delle comunità lgbtqia+. Sul piano nazionale perciò chiediamo l’istituzione del matrimonio egualitario per le coppie omosessuali e di una legge contro la violenza omobitransfobica. In particolare chiediamo al Comune di Asti di aderire alla rete Ready, nodo antidiscriminazione e l’attivazione da parte di scuole e istituzioni della carriera alias, atta a riconoscere l’identità delle persone trans.

Redazione

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