Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone You give me something, di James Morrison, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify
Incontrare in videochiamata Simone Dallosta è stato come riaprire il cassetto in cui tengo nascosti i miei sogni.
33 anni, Simone è un astigiano doc, ma da anni lavora in Germania come chef. Ed è il miglior cuoco italiano in Germania.
La cucina mi ha sempre affascinata: è la prima cosa che gli dico. Ho fatto il liceo classico e mi sono laureata in Filosofia, ma nel mio cuore la cucina ha sempre avuto un posto speciale.
Riavvolgiamo il nastro.
Simone, come hai iniziato il tuo percorso in questo bellissimo mondo?
Ho iniziato frequentando l'istituto alberghiero Artusi di Casale Monferrato, ho scelto sala e cucina e non solo cucina. Ho cominciato a lavorare in cucina e pian piano si sono evoluti i piatti e mi sono sempre più appassionato a questo mondo.
Cosa significava la cucina per te e cosa significa ora?
All'inizio per me la cucina significava vedere interesse nelle persone che mangiavano certe cose, volevo capire la loro interiorità mentre gustavano i piatti. E adesso che ormai lo faccio al 100% mi piace far capire queste cose alle persone, magari con abbinamenti un po' strani, vedere la loro reazione. La vista è il primo impatto che hai con un piatto, l'osservazione. Mi piace giocare, mi piace vedere l'emozione delle persone mentre mangiano qualcosa.
Stare in cucina è magia
Sì, perché stare in cucina è come poter diventare un mago per qualche ora. Gli ingredienti che si trasformano, le idee che prendono forma, le materie prime che diventano un piatto. È questa la magia che solo la cucina può fare.
La tua prima esperienza lavorativa?
Ho iniziato alla Locanda dell'Angelo a Montiglio, curavo matrimoni con un chef, Duilio, che ora guida il ristorante Campanarò. Tutte le volte che torno ad Asti faccio tappa lì. All'inizio facevo lavori saltuari. Successivamente ho lavorato al Ruchè di Castagnole Monferrato e dopo ho deciso di provare altre cose spostandomi in Germania.
Quando hai deciso di spostarti in Germania e come hai organizzato il tutto?
Arrivo in Germania nel maggio del 2014, sono partito con la mia fidanzata, che ora è mia moglie. Ci siamo spostati con i genitori della mia ragazza. Nel frattempo mi sono informato per frequentare una scuola di tedesco, ho subito cercato qualche lavoro e ho trovato subito posto in un ristorante italiano, a Lahr.
Ci sono tanti italiani come te in Germania?
Di tutti quelli che ho conosciuto fino ad ora, sono l'unico del nord Italia. La maggior parte viene dal sud e fa cucina del sud, ma alla maniera tedesca.
È difficile portare una solida tradizione come la nostra all'estero?
All'inizio provavo a fare qualcosina, ma spesso non veniva capita. Le nostre tradizioni sono importantissime e, prima di questa esperienza, non ne avevo capito così bene il valore.
Il tuo rapporto attuale con le tradizioni?
Sono legatissimo, crescendo l'ho capito sempre più. Mi mancano le tradizioni, mi mancano i piatti che facevo con mia nonna in campagna, sono sapori che ti porti dietro fin da bambino e quando provi a ricrearli qui il sapore non è lo stesso.
Cosa hai preparato a casa per Natale? Grandi classici?
Sulla nostra tavola vitello tonnato, peperoni con bagnetto verde, affettati misti, ravioli con sugo d'arrosto e classico arrosto con patate. Una festa senza vitello tonnato e peperoni con il bagnetto verde non è Natale. E poi il pandoro.
Immagino siano fondamentali le materie prime per la buona riuscita di un piatto della tradizione
Sì, esatto. Devo dire che sono fortunato perchè nel locale in cui lavoro oggi posso farmi arrivare cose direttamente da dove le stiamo cercando. Anche se alcune cose non si trovano: spesso vengo ad Asti, in macchina, per prendere tartufo o nocciole o tipi di farina particolare, peperoni ad Altavilla. Torno quando voglio quel gusto lì, che ho in mente.
Cosa cucini maggiormente nel ristorante in cui lavori, hotel restaurant Adler in Reichenbach 1 Stella Michelin?
Qui in Germania si cucina molto la selvaggina: da noi un grande classico è il cervo Sono riuscito a portare i plin al sugo d'arrosto. Si conosce di più l'agnolotto in Germania; per i tedeschi manca sempre di salsa, secondo loro è troppo asciutto. Però ho la fortuna di lavorare in un locale che, pur essendo stellato, è molto aperto.
Torneresti in Italia?
Sì e no. Manca la sicurezza lavorativa al momento. In Italia non si trovano i giusti accordi tra titolare e dipendente. Conosco tanti ragazzi che fanno questo lavoro, il problema è 50 e 50. Le nuove generazioni magari sono più 'comode', non vogliono lavorare il fine settimana e fare tardi la sera, ma alcuni titolari ne approfittano. È un bellissimo settore, ma bisogna capirlo. Quando andavo a scuola la prima cosa che hanno detto a lezione fu: "Chi fa questo lavoro lavora quando gli altri sono in ferie".
Sei originario della provincia di Asti?
Sì, la mia famiglia è di Mombarone. Sono figlio unico, ma lì ho genitori, zii e parenti, che ogni tanto in alcuni momenti dell'anno vado a trovare. Sono cresciuto in una cascina in campagna. I ricordi d'infanzia sono indelebili: alzarmi la mattina con mio nonno e andare nel bosco a prendere legna, fare la passata di pomodoro con la nonna in giardino in quel grosso pentolone che bolle per ore. Non lo dimenticherò mai.
Cosa ti manca di più del tuo paese?
Il Palio. Anni fa ho fatto lo sbandieratore nel Rione San Paolo, andavo anche a cavallo e il mondo del Palio mi ha affascinato fin da subito. Il palio ti rimane dentro, l'emozione del Paliotto, della corsa. Purtroppo, però, non riesco mai a prendermi ferie in quel momento. L'ultimo Palio che ho visto è stato nel 2012.
E il tuo piatto preferito?
Sicuramente i peperoni con il bagnetto verde.
Ora sei marito e papà. Come è stato mettere su famiglia in un paese tutto nuovo?
Nel 2015 ho chiesto alla mia ragazza, Sofia, di sposarmi. Ci siamo sposati in italia e nel 2020 è nata nostra figlia Evelyn. Io e mia moglie facciamo lo stesso mestiere e abbiamo una regola: non si parla di lavoro quando siamo a casa.
Cosa consiglieresti ai ragazzi che vogliono fare lo stesso tuo mestiere?
Tanto studio e la voglia di scoprire sempre cose nuove, siate curiosi. Fate una passeggiata in un bosco, imparare a capire cosa fare con una pianta. Passeggiando in un bosco qui in Germania, ad esempio, ho fatto un pesto di pino in abbinamento con il cervo. E divertirsi: in cucina bisogna divertirsi.
E a chi vuole andare all'estero?
Fatevi bene un piano su cosa volete davvero e una volta che siete sicuri, chiudete gli occhi e saltate. Fate mente locale, prefissatevi obiettivi. Mal che vada si torna indietro.
Come sei arrivato al concorso per diventare miglior cuoco italiano in Germania?
A novembre il mio capo mi fa arrivare una lettera in cui c'è scritto che stavano facendo una competizione per decretare il miglior chef in Germania. Ho pensato di provarci. Per qualificarsi bisognava fare un piatto di pasta ma rivisitato, dovevo fare un video in cui spiegavo tutti i passaggi e la foto finale. Ho fatto alcune prove e alla fine ho fatto il plin, ma anziché ripieno con 3 carni, l'ho fatto con cervo e mousse al parmigiano reggiano, un gel di pera sopra ogni raviolo e nocciole tostate grattate sopra e germogli come decorazione che sapevano di pepe nero, dei fiori di pepe nero. Eravamo 90 persone partecipanti. CLICCA QUI per vedere il video del piatto.
Il piatto è stato un successo, vero?
Sì, è stato apprezzato e sono stato ammesso alla fase finale, con 6 finalisti. Dovevo portare un piatto a tema libero, ma sempre restando nella tradizione italiana. Ho voluto azzardare: ho portato un peperone classico tagliato tutto a brounoise, ci ho aggiunto dello zenzero candito e gli ho versato sopra un olio caldo a 200 gradi lasciandolo marinare per creare una sorta di fondo. E poi un omaggio a mia figlia: il primo pesce che ha mangiato è stato merluzzo. Ho messo una crema di prezzemolo dentro il merluzzo, come un salsicciotto. Una volta tagliato si vedevano strati bianchi e verdi. L'ho cotto a bassa temperatura per 12 minuti. E ho fatto un'aria di parmigiano alle due stagionature, uno a 60 mesi e uno a 24, tipo una nuvola.
Cosa hanno detto i giudici?
Hanno detto che il mio piatto è stato l'unico che ha messo d'accordo tutta la giuria. Non mi aspettavo tutti questi complimenti: mi hanno detto che c'era un equilibrio, una delicatezza e un'armonia difficile da creare.
E con la piccolina cucinate già?
Con la piccolina ci mettiamo a fare gnocchi e pasta con qualche sugo. Lei vuole sempre partecipare, cerchiamo di farle conoscere gusti e sapori. È un gioco per lei e lo prendiamo come gioco anche noi.
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Chi è Simone Dallosta
Simone Dallosta è nato ad Asti nel 1989. Ha frequentato l'istituto alberghiero Artusi di Casale Monferrato. Successivamente, ha lavorato alla Locanda dell'Angelo per servizi matrimoni, al Ruche di Castagnole Monferrato. Nel 2014 si è trasferito in Germania, lavorando nel ristorante italiano Gole River a lahr Schwarzwal. Dal 2015 commis di cucina nell’hotel restaurant Adler in Reichenbach 1 Stella Michelin. Dal 2020 è sous chef sempre nell’hotel restaurant Adler.