Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Vieni da me, delle Vibrazioni, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify
Non ero più abituata a sentirlo. A sentire con forza il silenzio. Assuefatta dai ritmi della città, dalla frenesia del lavoro, dalla velocità della vita, tornare a respirare e a farlo nel nulla è stato catartico.
Tutto inizia alle 9 del mattino. Non con un caffè, come al solito, ma con un viaggio su un fuoristrada. Paolo Galeone, 43 anni ma sembra un ragazzino, mi porta in mezzo alle campagne, al confine tra l'Astigiano e l'Alessandrino. E' lì che tiene le sue api.
Il viaggio è già parte dell'intervista. Paolo inizia a raccontarsi, come se ne sentisse il bisogno: forte, impellente. Sentite qui.
Paolo, facciamo un passo indietro. Cosa facevi prima di fare l'apicoltore?
Ho fatto di tutto (ride, ndr). Ho lavorato per un concessionario, ho curato la parte del noleggio, poi insieme alla mia compagna Stefania ho aperto un negozio di pesci e acquari tropicali. Per tanti anni ho fatto motocross, ma qualche anno fa ho dovuto smettere per un infortunio.
Cosa succede a questo punto della storia?
Siamo di fatto ai tempi della pandemia. La mia compagna Stefania ha trovato l'occasione della vita (CLICCA QUI per ricordarti della storia di Stefania), io ho continuato ancora un po' l'attività da solo, ma in quel periodo non sapevo più chi ero.
Come hai trovato di nuovo te stesso?
Un amico, un giorno, venne a casa mia. Ho sempre abitato in campagna: la natura è sempre stata una costante della mia vita. Beh, mi regalò delle api. All'inizio non ero d'accordo, ma poi... da passione divenne una vera e propria dipendenza.
Cosa significa per te stare a contatto con le api?
L'apicoltura per definizione è un lavoro, ma è più di un lavoro: è ritrovare se stessi. Bisogna fermarsi dalla città, mettersi dove non c’è nulla. C’è il silenzio, senti solo il rumore della natura. C’è molto poco che ha a che fare con l’uomo. Questo mi ha permesso di fare pace con tante cose che avevo in testa. Da quelle due cassette regalate, è nata una passione, che si è trasformata in un mestiere.
Quando hai deciso di aprire la tua azienda?
Nel 2019 ho deciso di mollare tutto e di aprire una piccola attività tutta per me e per le api. Ad oggi lavoro da solo. La mia grande fortuna è stata quella di avere come vicini dei ragazzi fantastici, che mi hanno aiutato in tutti i modi, anche in un periodo non facile, come quello dell'apertura, tra Covid e difficoltà economiche, oltre che derivanti dai cambiamenti climatici.
Lo senti? Lo senti il silenzio?
Arriviamo a destinazione. È mattina presto, c'è molta umidità, ma per fortuna poca nebbia. Paolo mi porta in un bosco di ciliegi. Mi fermo a osservare la meraviglia e lo faccio con gli occhi di quando ero bambina. Mi ricordo di quelle estati in famiglia in campagna, mi ricordo il silenzio, mi ricordo i colori e le parole di mio nonno. Ho i brividi. Paolo interrompe il mio flusso di coscienza interiore: “Ascolta”, mi dice. “Lo senti? Lo senti il silenzio? Ora stai due minuti qui”.
Sono stati due minuti intensi, quasi magici. E' come se Paolo mi avesse fatto un incantesimo. Dove caspita sono finita? Dovevamo fare una semplice intervista e, invece, guarda cosa è successo. Mi ha fatto vivere un'esperienza interiore così profonda che descriverla sarebbe impossibile. Cerco di raccontarvela e di trasmettervi il più possibile in questo scritto che, comunque, non renderà mai l'idea di cosa ho vissuto.
Dopo aver assaporato il silenzio e il profumo tipico della natura incontaminata, Paolo apre il bagagliaio del suo fuoristrada e tira fuori gli attrezzi del mestiere, tra cui una tuta, un paio di guanti e un arnese, tutti per me. Mi bardo di tutto punto e lo seguo. Senza paura.
Paolo, cos'è l'apicoltura?
L’apicoltura non è una scienza, ma un mestiere, anche se si ha a che fare con biologia e scienza. Devi saper interpretare: la tua interpretazione è fondamentale. Un buon apicoltore deve saper attendere, deve avere pazienza, deve saper osservare, ascoltare, sentire, per tradurre i bisogni delle sue api. Alle volte si sbaglia, alle volte si fanno cose giuste: ma mai immediate. Quello che fai spesso lo vedi nell’anno successivo. Impari qualcosa di nuovo ogni giorno.
Toccare con le mani il calore... delle api
Paolo apre insieme a me una casetta di api. Mi spiega che, con il freddo, le api si ammassano le une sulle altre, per riscaldarsi. Metto la mano sulla famiglia di api che ho davanti a me: si abbracciano tutte. E, nonostante il guanto spessissimo, sento il calore. Il calore che le api producono nello stare insieme, vicine. Non sapevo nulla di questo mondo incredibile, ma cavolo se è affascinante.
Paolo, quanto tempo richiede il tuo lavoro?
Ci sono momenti e fasi dell’anno. Alle volte basta entrare nell’apiario e guardare le arnie e dal volo della api sai cosa stanno facendo. Ci sono momenti in cui bastano cinque minuti e fasi in cui servono giornate intere, 3/4 giorni a settimana. Non si conoscono weekend e feste. La parte primavera-estate, da aprile a luglio, è quella più impegnativa, dove si produce miele, si fanno lavori sulle famiglie: si prendono e si spostano le arnie, si fa nomadismo. Sto cercando di fare mieli diversi ampliando la produzione e stabilirmi in alcune zone. Si va in montagna poi dai 600 ai 1000 metri. Gli spostamenti spesso si fanno di notte: le arnie si spostano quando le api rientrano, quindi o col buio o aspettando che il sole sorga.
Ho passato due ore meravigliose, profonde. Ho passato due ore vere, autentiche che, in un mondo fatto di maschere, mi hanno dato una spinta verso nuove consapevolezze. Aveva ragione Paolo a dirmi che in quel bosco di ciliegi si rimettono in ordine i pensieri caotici della propria testa, ci si ritrova, si fa pace con se stessi.
Mettiamo in moto il fuoristrada, sperando di poter fare la salita senza impantanarci nel fango.
Quando Paolo mette la prima mi dice: “Io non amo dire che vado a lavorare. Io dico sempre che vado dalle api”.
E tira fuori due vasetti di miele per me: un millefiori e un miele di ciliegio. Con delle etichette bellissime, che fa la sua compagna Stefania. “Questo è il frutto di tutto quello che ci siamo detti”.
Quanto sono stata fortunata.