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Attualità | 09 novembre 2022, 20:05

Dopo la seconda stella Michelin, Gabriele Boffa, executive chef della Locanda Sant'Uffizio Enrico Bartolini di Penango, si racconta [INTERVISTA]

"Cosa cerco nei miei piatti? L’eccellenza della materia prima e la nitidezza dei sapori. Mangiare bene equivale a fare esperienza"

Gabriele Boffa

Gabriele Boffa

Gabriele Boffa, 35 anni, albese, resident chef della Locanda Sant’Uffizio Enrico Bartolini di Cioccaro, frazione di Penango, nell'Astigiano, sulla sua strada professionale ha appena raggiunto una tappa importante, la seconda stella Michelin, ottenuta con la seguente motivazione: “All'interno di un’antica struttura monastica divenuta un raffinato albergo, troviamo ai fornelli uno chef con mestiere e abilità non comuni. Gabriele Boffa, langarolo e profondo conoscitore della cucina piemontese, vanta straordinarie abilità tecniche sviluppate attraverso importanti esperienze maturate nei migliori ristoranti del mondo. La sua cucina spazia dai grandi classici regionali che esegue fedelmente - come gli straordinari agnolotti del plin - a piatti più creativi e innovativi che non tralasciano un legame con il territorio”.

Un riconoscimento meritato, un nuovo tassello di una carriera iniziata presso le cucine di grandi maestri, tra cui Yannick Alléno in Francia, ed Enrico Crippa, che lo proietta verso un futuro roseo, ma che al contempo tempo gli pone davanti nuove sfide.

Conosciamo meglio il giovane chef, partito da Alba per proporre la cucina piemontese, suo cavallo di battaglia.

Che cosa ti ha spinto a diventare uno chef? Qual è stato il tuo cammino?
Sono nato e cresciuto in una terra ad alta vocazione enogastronomica e questo è stato sicuramente da stimolo, perché Alba e il suo territorio sono da sempre luoghi di eccellenza. Fin da bambino ho vissuto l’ambiente della cucina con le mie nonne, due ottime cuoche, una delle quali era titolare di un ristorante negli anni ’60. Diciamo che siamo una famiglia con la vocazione della cucina: tra i parenti un mio zio è stato stella Michelin e un mio cugino è un quotato pasticcere.

Fin da piccolo ho imparato prima a mangiare bene, per scoprire i sapori, e poi a cucinare e, all’età di 15 anni, mi sono buttato nel mondo della cucina. La mia prima esperienza è stata alla Trattoria del Bivio di Cerretto Langhe e poi ho avuto l’onore di imparare da chef del calibro di Ugo Alciati, Enrico Crippa, Alexandre Gauthier, giusto per citarne alcuni.


Il territorio di Alba, Langhe, Roero e Monferrato come si ritrovano nella tua cucina?

Si ritrovano sicuramente partendo dalla materia prima. Io sono “patriota”, credo nei prodotti del nostro territorio, e utilizzo solo i migliori, scelti in base alla qualità ed al livello di eccellenza che vogliamo dare alla nostra proposta culinaria. Seguo le stagioni, segnate anche da questo clima che sta facendo cambiare la percezione dei prodotti. Ma non dimentico la tradizione che è la base che ci ha permesso di arrivare dove siamo.

Qual è il messaggio che porti nei tuoi piatti?
Un messaggio legato all’eccellenza della materia prima che è parte fondamentale per chi la cucina e per il territorio di cui è ambasciatrice. Oltre a questo la pulizia dei sapori che devono essere nitidi. lo chef ed il territorio, la pulizia e la nitidezza.

La cucina è il regno dello chef: tu come la vivi, considerando anche la tua brigata?

La vivo da regista e allenatore durante la giornata, e da giocatore durante il servizio. In giornata coordino i ragazzi, i preparativi, la linea, e, durante il servizio, eseguo la parte di definizione, l’impiattamento e altre mansioni del servizio.
Lavoriamo in un ambiente rilassato ma sempre con attenzione, rigore e disciplina. Insegno alla brigata ad essere umili e rispettosi gli uni con gli altri. Se lavoriamo bene in cucina anche umanamente, regaliamo esperienze migliori ai clienti.

La seconda stella Michelin è un traguardo o uno stimolo verso nuovi orizzonti?

Sicuramente uno stimolo. In realtà cerchiamo di migliorare tutti i giorni e questi riconoscimenti sono la conferma del nostro lavoro e un’importante spinta a fare sempre meglio in nostro lavoro, ed a mantenere alto l’umore soprattutto in questo momento storico.

Il tuo giudizio sul livello dell’offerta gastronomica italiana.

In Italia abbiamo la fortuna di avere giovani chef tra i migliori al mondo, capaci e di esperienza nonostante l’età. Il viaggiare e scoprire le altre cucine per poi tornare e lavorare in Italia è un pregio, ed io l’ho vissuto sulla mia pelle. La crescita tecnica e culturale nella grande cucina sono aspetti che piacciono agli estimatori del buon cibo.

Chi è Gabriele Boffa fuori dalla cucina?

Diciamo che il mio lavoro assorbe gran parte della mia giornata ma il tempo che mi resta lo investo nelle mie passioni: l’enogastronomia, la bicicletta, i viaggi. Sono tutti modi per scoprire i territori assaggiando cucine nuove, godendo di splendidi panorami e conoscendo culture. Essere curiosi è fondamentale.


Il cliente moderno guarda al prezzo o all’esperienza che può fare a tavola?

Il mangiare bene equivale a fare esperienza. Nel piatto dobbiamo raccontare il territorio, la tradizione, e proporli in un modo costruttivo. Noto che il cliente cerca molto il risvolto esperienziale e non tanto il prezzo di un ristorante. Si cerca il lusso e si punta a stare bene. Credo che non si tratti tanto di livello di spesa ma di voglia di stare bene a tavola, a tutti i livelli.

 

Livio Oggero

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