Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Buona Sera, di Dean Martin, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify
"Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti".
Cesare Pavese lo aveva scritto ne "La luna e i falò". Era il 1950 e oggi, più che mai, questa frase assume un senso profondo. Ci fa pensare a quanto siano importanti le nostre origini, le nostre radici profonde: quel fagotto imbottito di ricordi e speranze che ci portiamo appresso ogni volta che, per i motivi più disparati, cambiamo posto, a livello spaziale o a livello mentale.
Paese vuol dire orgoglio. Oltre la retorica, Orgoglio Astigiano
E allora ci interroghiamo su cosa sia davvero il "paese" di cui parla Pavese: forse un luogo, forse uno stato d'animo o forse entrambe le cose o forse nessuna delle due. Per noi significa sicuramente appartenenza: sapere di appartenere a una comunità radicata nel tempo, con tradizioni meravigliose al di là della solita retorica. Significa orgoglio. Orgoglio Astigiano.
Milena Anfosso, cittadina del mondo che non dimentica il "paese"
La dottoressa Milena Anfosso, linguista specializzata in lingue antiche, scrittrice e traduttrice plurilingue, incarna pienamente lo spirito di Pavese.
Detiene un Dottorato di Ricerca in Linguistica Storica rilasciato dall’Università Sorbona di Parigi, ha lavorato come ricercatrice all’Università della California di Los Angeles, e dal 2020 è ricercatrice al Center for Hellenic Studies dell’Università di Harvard. Grazie alle sue capacità linguistiche, collabora con case editrici e studi di produzione cinematografica internazionali. Le sue ricerche l’hanno portata a trascorrere soggiorni di studio in Grecia, Turchia, Finlandia, Danimarca, Francia e Spagna, e ha tenuto conferenze negli Stati Uniti e in tutta Europa. Cittadina del mondo, vive all’ombra delle palme nell’immensa e assolata Los Angeles. Ma originaria del paesino di Coazzolo, il suo cuore è astigiano D.O.C. come il suo Moscato preferito.
Sempre in viaggio, alla continua ricerca della forma migliore di se stessa, non dimentica mai il "paese". Asti, l'Astigiano. Tutto, però, ebbe inizio a Coazzolo.
Fermatevi un istante. Tornate indietro nel tempo. Come l'esperienza della Madeleine di Proust, immaginate di rivivere la vostra infanzia gustando, adesso, qualcosa della tradizione. Vedrete i vostri nonni che non ci sono più, il valore della terra e delle tradizioni di una volta, quelle che nemmeno il tempo saprà cancellare dalla vostra memoria. Siamo proprio lì, quando vostro nonno vi fece intingere per la prima volta un dito dentro un bicchiere di vino buono. Un patto: non dirlo alla mamma. Parola d'onore. O forse, di lupetto.
Milena, siamo proprio lì. Siamo a Coazzolo. Lì, possiamo dire, è nato un amore per la nostra terra che non conosce confini, questo Orgoglio Astigiano?
Esatto. Mio nonno da parte di papà era di Coazzolo da generazioni. Faceva il vino. Grazie alla mia famiglia ho potuto sentire il legame con la terra, con il vino, fin dalla mia infanzia. La mia infanzia sa di Moscato, dolcissimo come quello che faceva mio nonno. Dolcissimo come lui. Mio nonno era molto più anziano della nonna ed è stato il primo a lasciarci. Era un uomo legato alla terra, era un astigiano doc. Gli astigiani e i piemontesi possono sembrare chiusi, possono sembrare dal cuore ruvido, ma in realtà nascondono un cuore di miele. Così era mio nonno e così credo di essere io, nonostante le mie mille esperienze in giro per il mondo.
Ora sei a Los Angeles. Che immagine pensi ci sia in America dell'Astigiano?
Gli americani pensano che l’Italia sia una come una specie di 'grossa Amalfi', non hanno ben chiaro quanto sia ricca e variegata l'Italia. Ogni volta che ho modo di confrontarmi con loro, tengo a specificare le differenze che esistono tra una regione e l'altra, le varie tradizioni. Ricordo sempre che in Italia c'è una cittadina che si chiama Asti, terra del vino buono, della storia, dei sapori di un tempo. Forse si può pensare che questo sia campanilismo, ma non è affatto così: significa essere coscienti delle differenze territoriali, significa scoprire che c’è un posto che si chiama Asti in cui fa freddo, c’è la nebbia, ci sono tradizioni bellissime. Significa far conoscere le mie origini.
È così affascinante sapere che questo Orgoglio Astigiano ti esploda nel cuore, nonostante la lontananza fisica
Sento fortissimo il legame con il mio territorio, anche se sono lontana da Asti e dall'Astigiano ormai da anni. Forse, però, capisci meglio il vero valore delle cose quando in qualche modo ti allontani. Non sono nostalgica, se sono andata via c’erano motivi validi, ma non rinnego le mie origini, sono la prima a dire da dove vengo e quali sono le meraviglie del mio paese. Ho vissuto in tanti posti diversi, prendendo il meglio di ognuno: questo porta a sentirsi ancor più parte di un territorio. Io ci credo, non smetterò mai di farlo.
Perché, tanti anni fa, hai deciso di fare la valigia (quella vera) e di partire?
In Italia la ricerca scientifica non è valorizzata. È praticamente impossibile vivere dignitosamente con i frutti del proprio cervello. Per questo ho deciso di lasciare tutto e di andare alla ricerca di un posto che mi permettesse di farlo.
Lasciamo un attimo da parte la 'metafisica' e parliamo di eventi concreti. Parliamo di Palio. So che per te ha un posto speciale nel cuore
Io amo il Palio. Da piccolina ero innamorata di dame e cavalieri, sognavo anche io di diventarlo. Sono una linguista storica e per me la storia è importante. Sapere che vengo da un posto in cui ci si prende il tempo per ricostruire i vestiti storici per me e motivo di orgoglio, tutto questo è affine alla mia sensibilità. Ognuno al Palio si avvicina per diverse motivazioni, ha una grande potenza aggregativa.
Del Palio mi ha sempre affascinato l’idea della ricostruzione storica con corteo, vestiti e una dimensione un po’ teatrale del corteo storico. Ho trovato un'amica, Samantha Panza, che gestisce oltre al negozio anche il Centro Studi Principessa Valentina per cui ho fatto molte ricerche sul personaggio. Un personaggio che ho interpretato in questi due anni per il San Silvestro. Tante persone possano pensare che qualcuno voglia interpretare ruoli importanti per egocentrismo, ma non è affatto così: è stato un onore per me, nato da studio e passione.
Tu sei tornata ad Asti per il Palio di quest'anno. L'edizione della ripartenza dopo il Covid. Come l'hai vissuta?
Quando ho visto l'inizio della corsa ho pianto a dirotto. È stata un’emozione grandissima dopo due anni. Così come è stato commovente per me anche il momento della presentazione dei fantini. A prescindere da tutto, il Palio è un'occasione per la città. Inoltre, ho vissuto queste grandi emozioni quest'anno insieme al mio fidanzato, Jonny, ed è stato tutto ancor più bello.
Ritieni sia un evento valorizzato abbastanza?
Non del tutto. Forse bisognerebbe prendere più esempio da Siena, che ogni anno mette in mostra, anche a livello pubblicitario, questo grande evento. Forse l'Astigiano non si valorizza abbastanza, forse dobbiamo crederci di più.
Bisogna volersi più bene, mettersi più in mostra perché abbiamo le carte in regola per occupare un posto di rilevanza internazionale, grazie alle specialità che solo noi abbiamo, grazie alle nostre tradizioni, alla bellezza dei nostri Borghi. C'è tanto da fare.
Abbiamo parlato di vino, di Palio, di tradizioni. Parliamo di cibo. C'è un piatto della nostra tradizione che ti porti sempre in quel famoso fagotto di emozioni?
Non ho dubbi, così come non hanno dubbi i miei amici: l'antipasto. Ogni volta che torno dall'America, i miei cari sanno che desidero mangiare gli antipasti della tradizione. Il vitello tonnato, il peperone con la bagna, i tomini, l'insalata russa, lo sformato di Cardo Gobbo con la fonduta. La cena con antipasti per me è d'obbligo. L'antipasto della tradizione è la sintesi della felicità, è la perfezione.
Provi a cucinare qualcosa di tipico anche a LA?
Sì, spesso mi preparo il vitello tonnato. Purtroppo, però, non viene mai buono come quello preparato ad Asti. Qui le materie prime sono ovviamente diverse. È impossibile ricreare lo stesso sapore.
L'amore per gli antipasti è talmente forte che... cosa hai detto a Del Piero?
Non ho resistito (ride, ndr). Sono andata a mangiare nel ristorante di Alessandro Del Piero qui a Los Angeles, "N10". Una bellissima esperienza, ma... gli ho detto che la lista degli antipasti va implementata! Insomma, gli antipasti sono sinonimo di felicità. Eddai.
Se dovessi raccontarmi l'aspetto più bello di questo tuo amore per il territorio, quale mi racconteresti?
Ti direi il rapporto con i miei amici astigiani. L'aspetto più bello è che siamo riusciti a restare uniti malgrado la distanza e nonostante il Covid. Mi sono resa conto che questi legami sono inossidabili.
Le persone con cui sei cresciuta non ti molleranno mai. Questa consapevolezza è stata la chiave per superare la pandemia. Non ero riuscita a rientrare in Italia per un anno e mezzo, non me la sono passata male a Los Angeles, le restrizioni erano più blande però dal punto di vista umano è stato complesso e ho sentito vicini, nella distanza, gli amici astigiani.
Perché l’astigiano è una certezza, dura nel tempo.