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Attualità | 26 febbraio 2022, 19:15

"Il futuro sindaco dia priorità alla sanità dell'aria e agli edifici abbandonati, ma non dimentichi le frazioni!"

Dialogo a 360° sulla politica locale di ieri, oggi e di domani con Guglielmo Berzano, Primo Cittadino negli anni '70 e lucidissimo analista della realtà contemporanea

Un'immagine recente di Guglielmo Berzano.

Un'immagine recente di Guglielmo Berzano. A fine articolo una foto del suo periodo da sindaco, in cui tiene per mano il figlio Renato, attuale assessore nella giunta Rasero

Tra le molteplici doti di cui, nel corso dei decenni di vita privata e pubblica, Guglielmo Berzano ha dato prova, una delle più incontrovertibili è sicuramente la tenacia. Caratteristica che lo porta ancora oggi, ‘fresco’ 93enne (li ha compiuti giovedì 24 febbraio), ad andare in vigna nei pomeriggio di sole.

Ci siamo rivolti a lui, consigliere comunale dal 1951 al 1985 e sindaco di Asti dal 1971 al 1975, per raccoglierne opinioni e impressioni sulla politica astigiana del passato, del presente e del futuro e ancora una volta ha dato prova di avere idee chiarissime nel merito.

L'AZIONE CATTOLICA E L'INGRESSO IN CONSIGLIO COMUNALE

“Per me la politica è una passione nata nell’infanzia ha esordito – ci sono entrato in modo brusco nel 1939, quando mio padre, impiegato del dazio che non aveva mai voluto prendere la tessera del partito fascista, fu licenziato in tronco sulla base delle leggi razziali. Quindi lasciammo Costigliole, dove mio padre lavorava, per tornare dai nonni in frazione Casabianca. Avevo 10 anni ed ero iscritto all’Azione Cattolica, iniziavo a interessarmi ai problemi del prossimo, ma ovviamente non ancora in modo compiuto”.

“Poi vennero la guerra, le brigate nere, le irruzioni… quante potrei raccontarne… Mio padre si candidò alle elezioni nel 1945, ma non venne eletto. Toccò invece a me qualche anno dopo, nel 1951, quando da iscritto della Democrazia Cristiana, segretario della sezione di Casabianca e delegato dei Giovani Cattolici, proposi un nostro nome per la candidatura, ma lo bocciarono e scelsero me. Avevo 22 anni. L’anno seguente, tre assessori dovettero lasciare perché medici dell’ospedale e le norme dell’epoca non consentivano loro ruoli pubblici, così entrai in giunta come assessore all’Igiene”.

Un percorso pluridecennale, proseguito fino al 1985 e caratterizzato da sette tornate Amministrative con altrettante elezioni facendo il pieno di preferenze. Con uno stop forzato nel 1982 quando, causa forte stress, fu colpito da un infarto che lo portò a rimettere in discussione i ritmi concitati della sua vita pubblica e decidere di non ricandidarsi oltre la scadenza del 1985. Un’interruzione che non ne ha comunque scalfito l’interesse per la cosa pubblica, con particolare riguardo per le amate frazioni: “Lo dico sempre anche a Renato (il figlio, attuale assessore al Bilancio, ndr.), le fraziono sono in stato di abbandono! Non serve tanto, hanno solo bisogno di manutenzione di quel che c’è, ma va fatta”

SINDACO DEL PIANO REGOLATORE E DELLE AREE VERDI

Un’attenzione per il bene comune che ha caratterizzato anche il suo mandato da primo cittadino: è in quegli anni che Asti si è dotata di un piano regolatore. “Le leggi lo prevedevano per poter attuare grossi progetti e noi non lo avevamo. Perciò mi sono tenuto la delega, perché non volevo rischiare che qualcuno ‘tirasse per la giacchetta’ un eventuale incaricato, e ho nominato una commissione dicendogli di proporre quel che era necessario per il bene della città. In due anni avevamo il Piano, senza guardare in faccia nessuno”.

“Ricordo che quando ero bambino, nelle frazioni a maggio giocavamo nei prati tagliati di fresco e quindi, quando da sindaco girando per la città vedevo ragazzini costretti a dare due calci a un pallone sui marciapiedi, mi si stringeva il cuore. Così ho preso la cartina della città e, con i miei collaboratori, abbiamo individuato una dozzina di punti idonei per realizzarci delle aree verdi. L’acquisizione dei terreni non ha mandato sul lastrico nessuno, perché erano in gran parte di proprietà di ricconi torinesi che li avevano vincolati in chiave speculativa. Mentre per la zona dove ora c’è il parchetto Alganon, di fronte a piazza Roma, ho alzato il telefono chiamando l’allora presidente della Cassa di Risparmio, proprietaria del terreno e che voleva espandere lì la propria sede, e gli ho detto che serviva alla città. Mi ha risposto che ero matto, ma alla fine ci sono riuscito”.

LA 'POLIS' VISTA DA EX AMMINISTRATORE

Al netto degli aneddoti sul proprio periodo alla guida della Città, Berzano ha espresso giudizi tutto sommato lusinghieri anche nei confronti dei suoi successori: “Grossomodo, se dovessi dare un voto, darei almeno la sufficienza a tutti coloro che sono venuti dopo di me, indipendentemente dal colore politico. Perché il punto è che quando si parla di Amministrazione si parla di politica in modo lato, perché è ben diverso che guardare alle problematiche politiche in senso stretto. Certo, come amico e amante delle frazioni, forse potrei lamentare la scarsa attenzione di alcuni di loro verso queste ultime, ma nell’insieme do valutazioni positive”.

Decisamente più complesso e meno positivo il giudizio sulla crisi dei partiti conseguente il ciclone tangentopoli e la nascita di nuove forme di partecipazione politica: “Sì, io quel cambiamento l’ho vissuto male. Polis vuol dire collettività che si incontra, discute le varie idee, decide il da farsi e attua per il meglio. Ed è esattamente ciò che facevano allora i partiti. Anche a livello locale, se c’era da fare una scuola, spostarla, ampliarla ci si riuniva e si decideva. Ma a monte di tutto c’era un partito. Io resto dell’idea che se se ci si vuole interessare della cosa pubblica, si prende una tessera e si partecipa. Ricordandosi sempre che accettando una carica pubblica bisogna dimenticarsi dei propri interessi, operando per il bene di tutti”

“Quando sono morti i partiti è venuta meno una grande palestra amministrativa. Oggi non esiste più la vera polis, la politica nel senso più nobile. E’ venuta meno la volontà di riunirsi, confrontarsi, quell’amalgama che c’era allora. E mi riferisco anche al Partito Comunista, non solo alla Democrazia Cristiana. Certo, a noi il PCI faceva paura per quella famosa frase di Stalin che voleva abbeverare i cavalli nelle fontane di piazza San Pietro, ma c’era rispetto reciproco”.

LE PRIORITA' PER IL FUTURO DELLA CITTA'

Anche guardando all’oggi e al futuro della città, l’ex sindaco Berzano ha le idee molto chiare sul da farsi, partendo dall’ambiente.La prima preoccupazione – ha affermato dovrebbe essere la sanità dell’aria: se il centro è inquinato con polveri sottili, una possibile soluzione può essere limitare il traffico. Realizzare zone pedonali e attuare limitazioni alla circolazione interna, per far si che è giovani di oggi possano respirare dell’aria pulita così come facevo io a 15 anni. Non dimentichiamoci che la Pianura Padana ha avuto così tanti morti per covid anche perché siamo tutti molto più deboli nell’apparato respiratorio, proprio causa smog”.

Altra problematica rilevante è quella degli enormi edifici vuoti ormai da moltissimi anni: “Anche su quel fronte serve un intervento deciso. Sono problemi che debbono essere affrontati sul fronte finanziario, perché parte di quegli edifici sono inseriti nel patrimonio regionale con un valore molto più elevato di quello effettivo, quindi è abbastanza normale non si presentino acquirenti interessati. Chi ha potere decisionale dovrebbe creare le giuste condizioni per renderli interessanti e sarebbe auspicabile anche un ampliamento dell’Università, sia per fornire più spazi ai giovani e sia per attrarre gente in quella zona”.

Alla fine della lunga chiacchierata telefonica, di cui questo articolo è una sintesi, è stato quasi inevitabile chiedere perché un politico così amato, che negli anni ha sempre ottenuto e visto riconfermata la fiducia degli elettori, non abbia mai puntato a un seggio in Parlamento. “Sa com’è… quando mi toglievo la giacca da sindaco, da amministratore pubblico, svolgevo il mio lavoro di veterinario… se fossi andato a Roma avRei perso quella mia clientela, quei rapporti umani… Ho preferito restarmene qui, nella mia città”.

Gabriele Massaro


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