Quante volte mi avete sentito dire che la qualità del cibo può fare la differenza sul nostro stato di salute e questo perché le centinaia di bioattivi contenuti negli alimenti che mangiamo svolgono una azione di modulazione indispensabile per il corretto funzionamento del nostro sistema corporeo.
Sto parlando non solo di macronutrienti, ma anche e soprattutto di micronutrienti come ad esempio la vitamina C o acido ascorbico, un bioattivo fondamentale per il benessere non solo delle nostre cellule, ma anche del nostro Microbiota e del sistema immunitario. E sì, perché questo composto interagisce con le sottomucose intestinali dove si trovano le stazioni linfonodali, creando una connessione diretta con le funzioni immunitarie.
Decenni di ricerca hanno dimostrato che la vitamina C è un componente essenziale della funzione delle cellule immunitarie e ha un ruolo specifico in molti meccanismi del sistema immunitario. Non a caso le persone che manifestano una forte carenza di vitamina C possono sviluppare non solo una forma acuta di scorbuto, ma sono altamente suscettibili a una varietà di infezioni, compresa la polmonite. Ormai è risaputo che la vitamina C migliora la motilità dei neutrofili e l’eliminazione dei microbi, attivando specie reattive dell’ossigeno e inducendo apoptosi, e previene il danno ossidativo grazie alle sue proprietà antiossidanti.
Ma la sua collaborazione con il sistema immunitario, non finisce qui, perché essa favorisce anche la proliferazione dei linfociti B e T e la produzione di anticorpi e previene la sintetizzazione di citochine pro-infiammatorie, compresa l’IL-6, che causa danni ai polmoni. Insomma, non stiamo parlando di una sostanza che ci aiuta solo in caso di un banale raffreddore, ma di un micronutriente che può veramente fare la differenza sulla nostra capacità di reazione e di contrasto a un agente patogeno di diversa entità.
A livello popolare, la qualità maggiormente riconosciuta alla vitamina C è quella antiossidante. In effetti questa vitamina è in grado di imprigionare molecole reattive come i ben noti radicali dell’ossigeno che provocano stress ossidativo: le molecole di ossigeno instabili, perennemente alla ricerca di un altro elettrone a cui fondersi, iniziano ad affliggere i tessuti cellulari del corpo portando diversi danni nella loro struttura.
Con l’avanzare dell’età i radicali liberi tendono ad accumularsi più facilmente nel corpo di una persona, ritrovando le condizioni ideali dove moltiplicarsi e questo grazie al calo delle difese immunitarie e dei sistemi antiossidanti. Il problema è che un aumento della quantità di ossigeno, in aree dove non dovrebbe essere molto concentrato, provoca reazioni a catena che destabilizzano le strutture biologiche, come le pareti cellulari, le proteine, i grassi e così via.
Allora, cosa fa l’acido ascorbico? Imprigiona i radicali liberi prima che questi possano combinare guai: in questo modo riesce a mantenere un livello di ossidazione dei tessuti molto basso e previene la loro degradazione. Fantastico! Basterebbero queste proprietà per convincerci a consumare quotidianamente alimenti che contengono naturalmente questo composto. Il problema è che la maggior parte del cibo che consumiamo è molto povero di questa vitamina, un po' perché la processazione industriale tende ad eliminarla completamente e un po' perché essendo una vitamina termolabile e fotolabile tende ad inattivarsi in tempi molto rapidi anche nei cibi freschi. Da qui la necessità di consumare in tempi brevi gli alimenti che la contengono (ad esempio, l’arancia va spremuta e bevuta all’istante e il succo ottenuto non può essere conservato).
L’azione antiossidante della vitamina C si palesa anche a livello dei tessuti intestinali dove risiede la gigantesca popolazione microbica che costituisce il nostro Microbiota. La maggior parte delle persone lamenta disfunzioni proprio dell’apparato gastrointestinale con una sintomatologia che va dal reflusso gastroesofageo alla colite spastica, dal gonfiore intestinale alla stipsi ostinata, tutte condizioni patologiche che rivelano uno stato di disbiosi intestinale cronico.
Il fatto è che condizioni di infiammazione intestinale e disbiosi sono spesso accompagnate anche da uno stato di ossidazione sbilanciato. In questi casi ceppi patogeni intestinali producono molecole che favoriscono l’infiammazione che a sua volta induce le cellule intestinali a emettere segnali che aumentano proprio il livello di ossidazione del tessuto.
Un circolo vizioso che a lungo andare può indebolire la barriera intestinale e renderla porosa. Sto parlando di “permeabilità intestinale”, una condizione patologica che permette alle molecole dannose di spostarsi dal lume intestinale all’interno del circolo ematico, scatenando una reazione infiammatoria che da localizzata può diventare anche sistemica.
La permeabilità intestinale, comunemente detta “intestino poroso”, indica che si formano delle fessure patologiche tra le cellule delle pareti intestinali del piccolo intestino (tenue), questo fa sì che il cibo maldigerito ed altre tossine, possono penetrare nel circolo sanguigno, attraverso di esse. Quando cibi indigeriti arrivano nel corpo, il sistema immunitario lancia un attacco contro questi “stranieri” causando a sua volta sensitività ed allergie. Il rilascio di anticorpi scatena le reazioni di infiammazione (aumento delle IgE e mediatori chimici), quando i cibi vengono mangiati nuovamente. L’infiammazione cronica abbassa i livelli di IgA.
Livelli sufficienti di IgA sono necessari per proteggere il tratto intestinale dai clostridi e dai lieviti. La diminuzione dei livelli di IgA permette un’ulteriore proliferazione microbica nel tratto intestinale, aumentando la disbiosi, ma non solo perché, a causa dell’intestino poroso, si sono osservate anche carenze di vitamine e minerali. Ecco che quindi si instaura nuovamente un circolo vizioso che porta alla carenza anche di questa fondamentale vitamina. Ma non finisce qui, perché anche lo stress cronico è nemico della vitamina C, in quanto ne aumenta il consumo da parte del nostro organismo che può andarne in carenza.
In questi casi è opportuno assumerla attraverso integratori, sotto il controllo di un esperto. Pensate che la quantità di acido ascorbico che può essere assunto oralmente senza causare diarrea, quando si è malati, può essere 10 volte maggiore della quantità che si tollererebbe quando si sta bene.
Questo fenomeno dell’aumentata tolleranza intestinale ci fa comprendere quanto effettivamente sia alto il livello di utilizzo dell’ascorbato da parte del nostro corpo, quando è sottoposto a condizioni stressanti.
Ecco perché l’assunzione della vitamina C dovrebbe essere aumentata nei periodi di forte stress psicofisico. Se non si soddisfa pienamente il massiccio bisogno di reintegro delle scarse scorte di ascorbato del nostro corpo, ne consegue una condizione subclinica di “anascorbemia”, che ci espone maggiormente alle infezioni. Maggiore è lo stress e maggiore è la richiesta di vitamina C da parte del nostro organismo.
Quando una persona è ammalata la quantità di acido ascorbico che può ingerire senza che si produca diarrea aumenta in maniera più o meno proporzionale alla tossicità della malattia.
La quantità e l’orario giusto per assumere le dosi sono generalmente molto soggettivi e questo in virtù di uno dei principi base della medicina ortomolecolare: la individualità biochimica. Ogni individuo risponde in maniera differente alle varie sostanze.
La vitamina C non fa eccezione. Tuttavia, almeno l’80% delle persone tollerano abbastanza bene l’acido ascorbico, con una precisazione: gli infanti, i bambini e i ragazzi, lo tollerano meglio e possono assumerlo, in modo proporzionato al loro peso corporeo, in quantità maggiori rispetto agli adulti.
In ogni caso, qualunque sia l’età della persona da trattare, gli studi sulla vitamina C stanno confermando il suo ruolo complementare non solo nella prevenzione delle malattie, ma anche nel contrasto di svariate patologie come: epatiti, mononucleosi, artrite, candidosi, allergie, eczemi, orticarie, herpes fino alle alterazioni psicosomatiche e psicologiche.
Insomma, la natura come sempre ci regala, attraverso i suoi frutti, tutti gli strumenti per mantenerci in salute. Basta saperli introdurre nella nostra alimentazione quotidiana.
Nel caso della vitamina C, gli alimenti più ricchi sono sicuramente la frutta e la verdura fresca: agrumi, ananas, uva, guava, papaya, kiwi, fragole, ciliegie; verdure come la lattuga, radicchio, spinaci; ortaggi come i broccoli, cavoli, cavolfiori, pomodori, peperoni; i tuberi come le patate novelle, ma anche il peperoncino piccante e il prezzemolo.
Molto ricche sono le bacche di Goji e di Acerola e le alghe come la Spirulina, la Klamath e la Clorella. La scelta è ampia, ma qualunque sia la vostra (estratto, succo, spremuta, insalata, macedonia), ogni alimento deve essere consumato rigorosamente crudo e fresco, per evitare che la cottura o la processazione industriale possano degradare questa preziosa sostanza dalle molteplici proprietà terapeutiche e nutrizionali.