Le ragioni del Piemonte, penalizzato rispetto ad altre regioni nella valutazione dei criteri coi quali il Governo l’ha inserito tra le zone rosse italiane insieme a Lombardia, Valle d’Aosta e Calabria.
Dopo l’invettiva di ieri e dopo le repliche arrivate intanto dal Ministero della Salute, il governatore Alberto Cirio è tornato sul tema poco fa intervenendo all’approfondimento di Sky Tg24 “I numeri della pandemia”, entrando nel merito di scelte che non ha avuto indugi nel definire "senza logica", specie alla luce di dati di giornata che oggi hanno visto l’Italia salire a quota 38mila positivi, sebbene a fronte di 234mila tamponi record, con una percentuale di positivi sugli accertamenti al 16,1% (salita al 28% sui nuovi casi testati) e con un numero di decessi – 446, distribuiti su tutto il territorio – in linea con quelli l’Italia ha vissuto nella fase più critica della prima ondata, tra il 19 e il 20 marzo.
"Quella logica che io non vedo dovrebbe essere figlia di questi dati – ha spiegato il governatore piemontese –. Evidenziano criticità che testimoniano come il virus abbia ormai una diffusione nazionale. Io non ho contestato che il Piemonte sia finito in zona rossa: conosco bene le difficoltà che la mia regione sta attraversando a partire dal dato degli ospedalizzati. Ne sono talmente a conoscenza che ho anticipato misure molto rigorose. Ma avrei voluto che il Governo avesse utilizzato una logica: siamo di fronte a un virus che si diffonde in modo nazionale in modo omogeneo. E allora non bisogna dire che il problema è solo di quattro regioni e nelle altre zone si sta bene. Dietro a queste misure ci sono sacrifici come quelli di aziende che non riapriranno. Io so che abbiamo un problema, ma non sono il solo. Qui si rischia di fare come a marzo, quando si chiudeva per province. Se io devo chiedere un sacrificio ai piemontesi lo chiedo, ma lo devono fare anche quelli che hanno le stesse nostre condizioni".
"Il Governo – ha proseguito il presidente regionale – ha compiuto una scelta dettata dal fatto che si sono utilizzati report come quello 24, riferito al 16 ottobre e quindi vecchio. Perché se avessero utilizzato dati attuali avrebbero avuto la testimonianza che c’è un aggravamento complessivo della situazione, mentre ci sono diverse regioni italiane che non erano calcolabili perché mancavano i loro dati. Il Piemonte è pronto a fare sacrifici, ma li devono fare tutti perché altrimenti questi non vengono capiti. Bisogna che i sacrifici abbiano una logica chiara e ben spiegata. Le misure omogenee servono, quelle fatte a spot si è già visto che servono a poco".
E ancora: "Qualcuno scambia questa mia posizione per una polemica politica, ma non è così. Il problema è che l’Italia è tutta rossa. Quando scendo in piazza e ho i ristoratori chiusi e questi mi chiedono perché a poche decine di chilometri possono rimanere aperti io come gliela spiego? In tutti questi mesi ho sempre spiegato con attenzione le mie ordinanze, molto restrittive. Ma c’è componente psicologica. Se l’Italia non esce tutto insieme dalla pandemia non sarà possibile uscirne nemmeno per il Piemonte. Nella nostra regione e nelle nostre imprese abbiamo da sempre una spiccata sensibilità sociale, per cui i sacrifici siamo abituati a farli, ma devono essere uguali per tutti".
Attualità - 06 novembre 2020, 19:51
Cirio: "Il Piemonte pronto a fare sacrifici, ma li devono fare tutti quelli nelle nostre condizioni"
Il governatore: "Conosco la situazione della mia regione, ma il problema è che l’Italia oggi è tutta una zona rossa. Senza misure omogenee il Paese non ne esce. Le misure a spot non servono a nessuno"
Ph. Barbara Guazzone
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