Da noi si cercano e si trovano tanti tartufi. Uomini, cani, boschi, buio e nebbia. Tartufi che per trovare valore devono sottostare ad un nome diverso dal loro, dal loro luogo d’origine.
La scorsa settimana si è dovuta chiudere anche la fiera del tartufo ad Alba, non per obblighi da dpcm, in quanto internazionale, ma per onorabile preferenza di salute ad altro. Prima dello stop, il 25 ottobre, si è svolta l’annuale premiazione dei migliori esemplari della stagione: Tartufo Reale. Il premio è andato a Laura Robaldo con un 338 gr, assolutamente perfetto, trovato sotto un pioppo nei dintorni di Corneliano d’Alba, Roero. Subito sotto premiati due trifulau dell’Astigiano: Davide Curzietti da San Marzano Oliveto e Marco Ronzano di Costigliole d’Asti. I Tartufi Astigiani sul podio sono stati presenza fissa anche nelle passate edizioni con il top l’anno scorso grazie ad un magnifico 590 gr di Curzietti, finito poi in Giappone. Eppure quei tartufi, nonostante una precisa origine territoriale, si sono dovuti chiamare d’Alba, così come tutti gli altri tartufi bianchi del sud Piemonte. Il problema del nome origina dalla legge sul comparto, degli anni ‘80, che ha imposto la denominazione Alba a tutto e tutti. Da diversi mesi sta cercandosi novità, con una sua modifica: una nuova legge, oggi ferma in commissione Senato. Speriamo che anche lì si recepisca quanto a tutti, o quasi, pare logica.
Intanto anche San Damiano d’Asti ha deciso di stoppare la sua Fiera del tartufo, prevista per l’8 e 9 novembre; stessa scelta a Castelnuovo don Bosco con appuntamento annullato, inizialmente previsto per il 29 novembre.
A San Damiano però non si sono fermati nello sviluppo di progetti legati alla salute degli alberi, della fauna, della terra e del tartufo bianco pregiato, portati avanti da una associazione di promozione sociale, Terre di Tartufi. Evidenza del valore del prodotto e del valore per il suo territorio. Progetti concreti di testimonianza e coinvolgimento a base tartufo, consci che il suo vero nemico siamo noi: distruggendo gli ambienti di crescita, tagliando le piante simbionti e occupando troppi terreni con vigneti, coltivi e altro, come accaduto in passato ai nostri vicini, quelli che ora gli danno nome.