Questo pomeriggio, presso lo stadio Censin Bosia, si è svolta la “Cerimonia del Grazie”, ovvero l’evento nel corso del quale il Comune di Asti - in collaborazione con la Sezione ANA di Asti, la Banca del Dono con l’associazione il Dono del Volo e il CSVAA – intende omaggiare quanti, nel pieno dell’emergenza Covid-19, hanno lavorato senza sosta per contenere il diffondersi dell’epidemia.
La cerimonia si è aperta con un lungo applauso dei presenti, tutti in piedi per ricordare i giorni dell’incubo che tutti speriamo sia ormai alle spalle. Poco dopo ha preso la parola monsignor Marco Prastaro, vescovo di Asti, che si è detto “Molto emozionato. Nel tempo del lockdown pensavo quando ne usciremo cosa faremo. Volevo poter celebrare insieme il grazie, la vita che torna. Sognavo una celebrazione dei baci e degli abbracci, che oggi ancora non è possibile, ma siamo insieme”.
“La scelta di partecipare allo studio sperimentale del vaccino – ha poi spiegato il dottor Giovanni Messori Ioli, commissario straordinario Asl AT che per l’appunto è uno dei volontari che sta testando uno dei vaccini anti-Covid – è nata da quello che abbiamo vissuto in questi mesi difficile. Mi è venuto spontaneo cercare di dare il mio contributo. Sono fiducioso, nel giro di alcuni mesi vedremo un orizzonte sicuramente più sereno, ma dobbiamo continuare a gestire la nostra quotidianità con attenzione. Grazie di cuore a tutti gli operatori dell’Asl, che hanno sostenuto una delle prove più difficili della nostra vita”.
“Abbiamo pensato fin dal primo giorno di metterci a disposizione ed essere ragionevoli – ha aggiunto il dottor Francesco De Rosa, primario del reparto di Malattie Infettive del Massaia – Siamo sempre andati d’accordo, condividendo problematiche. Ad inizio epidemia la colonia di rientro di Alassio ci ha messo a dura prova, ma abbiamo sempre operato insieme, lavorando anche su protocolli. Il modo di fare il medico è diventato diverso rispetto a quello che è stato fino a un giorno prima. I pazienti non sapevano più che persona ci fosse dietro al camice e alle tute. Magari per la prossima pandemia, tra 100 anni, ci saranno camici con le nostre foto, in modo da ridurre il distacco con il paziente”.
Tra gli interventi di chi opera quotidianamente nel sociale, segnaliamo quelli di Suor Luigina, responsabile della Mensa comunale, che ha parlato di una “gara di solidarietà, con tantissimi giovani volontari che si sono prestati” e di Beppe Amico, responsabile della Caritas, secondo cui “Vi è stato un grande aumento della povertà. Al quale Asti ha risposto dimostrando grande cuore e capacità organizzative”.
"Abbiamo aiutato anche persone sole, in solitudine, a vedere il futuro con occhi più positivi, grazie al sentimento della speranza", ha aggiunto Piero Baldovino, responsabile del CSVAA. Mentre Roberto Giolito, dirigente dei Servizi Sociali, ha spiegato che: “Quella situazione di ha portato a fare tanti cambiamenti. Tra gli sforzi più grossi, riorganizzare i servizi in modo totalmente diverso. E’ stato uno sforzo amministrativo davvero importante”.
Sono intervenuti anche Giorgio e Caterina Calabrese in rappresentanza de “Il Dono del Volo”, affermando che “La sanità astigiana è stata grandiosa, sia sul fatto clinico che sul fatto economico (con bilancio positivo anche quest’anno). Asti sta affrontando ancora questa battaglia, ma lo sta facendo con le persone giuste. Siamo riusciti a mettere insieme tutte le forze di volontariato, come se un corpo diviso fosse riuscito a mettersi in ordine”.
Spazio anche per noi giornalisti, rappresentati dal presidente regionale dell’Ordine, Alberto Sinigaglia e dal decano delle 'penne' astigiane, il 96enne Luigi Garrone: “Noi giornalisti esageriamo? Si è vero, anche perché siamo poveri, perché non ci comprano più in edicola, cerchiamo di farci notare – ha affermato Sinigaglia non senza una punta di sarcasmo – Questo è uno dei problemi più grossi di chi fa il nostro mestiere. La parola qualità siamo ancora però capaci di pronunciarla e inseguire il suo significato. I giornalisti astigiani, però, in linea di massima sono stati in grado di superare questo momento. Ci abbiamo provato e se oggi ritiro il riconoscimento per i giornalisti, significa che molti di noi ce l’hanno fatta. Anche i giornalisti hanno bisogno di rispetto e solidarietà”.
Un doverosissimo ringraziamento è stato altresì tributato alle Forze dell’Ordine che hanno operato h24 per garantire sicurezza e rispetto delle norme del lockdown. Particolarmente significativa la testimonianza del colonnello Fabio Canziani, comandante provinciale della Guardia di Finanza, che ha voluto condividere il proprio vissuto di paziente covid: “Della mia lotta contro il covid ho parlato a volte con degli amici, ma mai in pubblico – ha spiegato – Quando uscì la notizia, mia moglie la prese molto male. Io non me ne resi conto. È una malattia subdola, che dopo la polmonite mi ha riattaccato i polmoni. È dura. Le norme di sicurezza sono per la nostra sicurezza, se qualcuno non ci crede non si faccia allora assistere dal sistema sanitario. Quando ero ricoverato, ho visto lo sguardo dei medici che piano piano migliorava, ma sono comunque stato l’ultimo ad uscire dal reparto Covid di Alessandria”.
Non ha vissuto direttamente quel periodo nell’Astigiano il questore Sebastiano Salvo, giunto in città ad agosto: “La senzazione di chi arriva qui dopo il lockdown è di accoglienza – ha affermato – Pertanto sono davvero felice di essere qui, in un tessuto sociale che ammiro. Certo, molto da lavorare, ma daremo il massimo”.
Altra testimonianza molto rilevante è stata quella dell’avvocato Enrico Rabino, figlio del Senatore Gianni Rabino, prima vittima astigiana del Covid: “La cosa più brutta è non averlo più visto. Non poter più assistere il proprio padre è crudele. Mi aveva salutato una sera, dicendomi che il mattino successivo si sarebbe fatto la barba e che sarebbe ritornato tutto come prima. Queste sono state le sue ultime parole. Ora, però, la cosa più importante è vedere di nuovo questo Paese muoversi”.
Per quanto riguarda le presenze politiche, oltre ovviamente al sindaco Maurizio Rasero e all’intera giunta, hanno portato la propria testimonianza l’On. Andrea Giaccone, il Senatore Massimo Berruti e il vicepresidente della Regione Piemonte, Fabio Carosso.
Quest’ultimo ha spiegato che “La Regione si è trovata in preoccupazione e che in unità di crisi all’inizio non sapevamo cosa fare, ma il Piemonte ne è uscito vincente, sano. Asti ancora meglio, perché ha avuto la sfortuna di iniziare per prima, con l’episodio di Alassio. Asti e la provincia più virtuosa ed oggi quella che sta meglio”. “E’ un bellissimo colpo d’occhio vedere quanta gente si impegna per aiutare gli altri. E’ soprattutto nei momenti più difficili che ci rendiamo conto dell’importanza del volontariato”, ha argomentato Giaccone. Mentre Berruti ha sottolineato che “In questo stadio si racchiude tutto: la coesione e la solidarietà. Senza il volontariato, il popolo italiano farebbe davvero molta fatica”.
Il sindaco Rasero, che ha definito quella di oggi “una giornata solenne”, ha sostenuto che “Ognuno di noi porterà con sé questi ricordi per tutta la vita. Vi è stata grande collaborazione: nessuno si è tirato indietro, tutti si sono presi rischi e responsabilità”. “Le mie dirette Facebook sono nate quasi per caso, per gioco – ha aggiunto – , ma per gli astigiani sono diventate un aspetto fondamentale. Ho sempre detto e dirò sempre la verità. Il Covid non è sconfitto e sta colpendo Paesi molto vicini a noi, pertanto è giusto tornare alla vita di prima, ma con attenzione”.
Infine riportiamo un passaggio dell’intervento di Mario Sacco, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e dell’Università, nonché della Fondazione AstiMusei: “Questa esperienza ci ha insegnato che dobbiamo fare massima attenzione al nostro ospedale: ne parleremo anche con il presidente Cirio e l’assessore Icardi, che il primo ottobre saranno ad Asti. Dobbiamo continuare a lavorare sulla nostra rete ospedaliera”.
Agli interventi ha fatto seguito una funzione religiosa aperta a tutti i credo, preceduta da una preghiera recitata dall’Imam di Asti e dall’accensione di una fiamma, che rappresenta quanti non ci sono più, ma che vivono ancora in Dio, indipendentemente da quale sia la loro religione di appartenenza.