Demetrio Paolin è uno scrittore straordinario. La sua ultima opera, Anatomia di un profeta, pubblicata per Voland, è un esperimento narrativo difficile da incasellare. In alcuni momenti ci si chiede se sia un’opera ben riuscita o meno; in altri se sia un pasticcio-nonsense; in altri ancora si rimane senza fiato di fronte alla bellezza di alcune pagine. Facciamo un passo indietro.
Chi è Demetrio Paolin? Cresciuto a Castell'Alfero, vive e lavora a Torino. Ha pubblicato poesie, racconti, romanzi e diversi studi su Primo Levi: a partire dalla tesi di laurea, che gli fu affidata dal maestro Guglielminetti. Collabora con La lettura e il Corriere della Sera. Conforme alla gloria, il suo secondo romanzo, si è collocato tra i 12 finalisti del Premio Strega 2016.
Il 3 maggio scorso Paolin ha presentato la sua ultima opera, Anatomia di un profeta, in streaming per Passepartout en hiver (la manifestazione culturale della Biblioteca Astense).
Il mio primo incontro con l'autore è, però, la postfazione che ha curato a margine della raccolta di racconti “Il male naturale” di Giulio Mozzi.
Ecco la descrizione del libro tratta dal sito dell'editore Voland. Primi anni '90, in un piccolo paese del Monferrato. Di fronte a una tomba vuota un uomo recita un verso del profeta Geremia come una preghiera. Da quel preciso istante la vita del profeta e la vicenda drammatica del bimbo/Dio che non vuole più vivere si legano. Patrick il bambino, con le figure dolenti e folli dei suoi genitori, Geremia il profeta e le sue parole piene di ira e tenerezza, l'io narrante, sempre in bilico tra il tentativo di raccontare e il non senso del mondo, e Dio, che vive e muore, che odia e vuole redimere, sono le voci che si intrecciano in questo romanzo ibrido e complesso che narra la più semplice e antica delle storie: una storia d'amore e morte.
Chi è Patrick? Perché il protagonista del libro (o forse l’autore?) ne è così ossessionato? Quando inizia il bene e, soprattutto, dove finisce il male? Non è chiaro capire se sarà Geremia, mitico personaggio biblico, a fornire le risposte al lettore. L’impianto narrativo del (non) romanzo di Paolin è costruito per mezzo di scatole cinesi dentro le quali si trovano la grazia e la giustizia, l’io e l’Io, il bene e il male, Dio e l’Uomo. Le riflessioni dell’autore sono nascoste fra le pagine del libro e fanno capolino grazie alle diverse forme di narrazioni intrecciate tra loro; trovano ampio margine di manovra nella materia biblica. Le primissime pagine del libro offrono al lettore un incipit perfetto:
“Tu cosa vedi?”
“Un mandorlo.”
“Non vedi nient’altro?”
“È malato?”
L’asserzione di Geremia è fondamentale: dice “Vedo un ramo di mandorlo”. Dio risponde: “Hai visto bene, perché io il Signore vigilo sulla mia parola”. In ebraico l’espressione “io vigilo” e il sostantivo "mandorlo" si dicono, rispettivamente shoqed e shaqed. Due parole omofoniche. Geremia è visto come un ragazzo insignificante ma che raggiunge, attraverso la parola di Dio, la missione di distruggere e di abbattere. Da una parte edifica e pianta; dall’altra sradica e distrugge. Si spiega così come il mandorlo, nella storia della vocazione del profeta, diventi un elemento significativo. Il profeta Geremia è l’espediente letterario di Paolin per declinare il suo travaglio spirituale. Geremia sin da subito, sin dalla presa di coscienza della sua missione, gronda di tale incertezza, di tale frattura interiore, da apparirci un personaggio funzionale al dramma che si vuole raccontare.
Quale sia il posto che Geremia ha nel mondo di Paolin non è dato saperlo con certezza; così come non è dato sapere che posto ha Patrick, ragazzino suicida all’età di 9 anni. L’autore illustra in una poesia il mix di veleni e soda caustica che lo hanno condotto ad una morte atroce. Indugia in particolari crudi perché anche il male più assurdo (come se potesse esistere una gradualità del male) può essere scritto con grazia. Il rapporto libertà e grazia è il fulcro intorno al quale la morte di Patrick rimescola le carte del bene e del male. L’autore in una delle numerose note presenti nel testo dice: “Le indicazioni d’uso e la composizione dei veleni sono stati scritti in endecasillabi, più o meno corretti. Ogni cosa si può cantare, anche il più terribile male può diventare sequenza precisa di sillabe e toni. (…) La poesia non può nulla contro la morte, ma può farla diventare un sonetto, uno strambotto, una lassa monorima, una sequenza di versi con l’accento sulla decima sillaba, può solo questo, ma il compito di chi scrive è di non tirarsi indietro”
Gli interventi lirici sono molti: poesia, ma anche segni, schemi, riflessioni in forma diario e intermezzi saggistici sono la contro prova di una penna abile nel creare traiettorie nuove fra cultura, stile e tecnica. Anatomia di un profeta non è un libro per tutti. Non è nato per essere un best seller o inserirsi in una narrativa di genere definita. È stato creato per portare la parola dell'autore nelle case altrui; per comunicare qualcosa di importante all’Altro. Paolin disfa la narrazione in continuo, ma questo caotico universo linguistico non è casuale. Lo scrittore piemontese lascia che il lettore si perda e si confonda nel suo mondo malfermo in cui la morte è protagonista indiscussa. Anatomia di un profeta è un lavoro impegnativo e coraggioso, così come risulta coraggiosa la scelta da parte dell'editore Voland di credere in un'opera che offre il suo potenziale dialettico a lungo termine, impreziosendo il catalogo con libri di alto valore. Conforme alla gloria è un romanzo in cui la prosa di Paolin spicca, trovando terreno fertile per manifestarsi al lettore in tutta la sua bellezza. Anatomia di un profeta, di contro, può provocare disorientamento nel lettore; è un'opera meno immediata e segna l'inizio di un nuovo percorso letterario di Paolin, apprezzabile o no, ma che certo susciterà interesse e discussione, inchiodando il lettore alla sedia nella ricerca di un significato. Ci sono momenti in cui la prosa di Paolin è così ben riuscita da obbligarti a fermarti e chiederti: come si fa a essere così capaci?
“Il tuo sorriso non l'ho scordato più. Aveva qualcosa di selvatico e di autentico, nello stesso tempo si percepiva in lui una cattiveria, che non era sua ma forse il risultato di una tara secolare, quasi fosse una malattia del sangue, un'eredità genetica. La bontà si era corrotta, la sua purezza di ragazzino si era deteriorata come una lamiera abbandonata alle intemperie”.
(Demetrio Paolin, Anatomia di un profeta, Voland, 2020, pp. 256, euro 17)
Chi è Paride Candelaresi
Appassionato di musica, letteratura e storia ebraica. Iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza, gestisco la mia attività fra mille interessi.
Attualmente consigliere comunale e Presidente della Commissione Cultura del Comune di Asti.
Collaboro con le case editrici: fotografo e recensisco libri di autori piemontesi. La mia citazione preferita è "Colui che dominava gli odori, dominava il cuore degli uomini" (Il profumo, Patrick Süskind).
Lettore compulsivo e Instagram addicted.
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