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Al Direttore | 04 maggio 2020, 10:55

"Lavorare al Cardinal Massaia al tempo del Covid". 177 risposte al questionario di "Uniti si può"

Il questionario sulla sicurezza dei lavoratori all'ospedale di Asti ha avuto un grande riscontro

"Lavorare al Cardinal Massaia al tempo del Covid". 177 risposte al questionario di "Uniti si può"

Il gruppo consiliare di Uniti si può, Michele Anselmo e Mauro Bosia ha fatto circolare al Cardinal Massaia di Asti un questionario sulla sicurezza dei lavoratori.

In soli tre giorni hanno risposto in 177 in merito alle condizioni di lavoro durante l'emergenza Covid

"È stato possibile diffonderlo - scrivono Anselmo e Bosia - fra il personale attraverso un modulo di Google e grazie alla collaborazione di alcuni dipendenti e del sindacato Nursind, i quali hanno prontamente condiviso l’indagine con i colleghi".

Il questionario, totalmente anonimo, è composto da tredici domande: nove obbligatorie a scelta multipla con una sola opzione possibile (dalla 1a alla 3a, dalla 5a alla 8a, la 10a e la 11a); una obbligatoria a scelta multipla con più opzioni (la 4a); una facoltativa a scelta multipla con una sola opzione possibile (la 12a); due facoltative a risposta aperta (la 9a e la 13a).

Nove domande (dalla 1a alla 7a, la 9a e la 12a) richiedono risposte “oggettive” su date ed avvenimenti degli ultimi due mesi; le altre invece vogliono indagare il parere, l’umore e il vissuto “soggettivo” del personale.

"Considerando circa 1500 i lavoratori dell’Ospedale, 177 risposte ricevute rappresentano l’11,8% dell’intera forza lavoro: statisticamente ci sembra un campione significativo, tenuto conto del breve lasso di tempo in cui il questionario è stato aperto alle risposte.

In premessa teniamo a precisare che lo scopo del questionario non è quello di cercare colpevoli, capri espiatori, responsabilità specifiche relative alla gestione dell’emergenza. Ci preme evidenziare le condizioni nelle quali hanno lavorato e continuano a lavorare centinaia e centinaia di operatori sanitari".

"A fronte del trionfalismo che viene espresso quotidianamente dal sindaco, continuano Anselmo e Bosia, circa la gestione della pandemia vogliamo semplicemente evidenziare alcune situazioni che, dalla disamina del questionario, ci paiono rilevanti. Spetta ad altri esprimere giudizi sulla capacità operativa posta in essere dai Responsabili della Asl. Lo scopo del questionario non vuole essere quello di definire responsabilità e capacità dei vertici, ma indurre, fin da subito, maggiore sicurezza agli Operatori Sanitari. La speranza è che simili eventi non si ripetano più. Tuttavia bisogna essere consapevoli che qualsiasi emergenza, dalla più grave alla meno grave, deve essere affrontata nel migliore dei modi: cioè con organizzazione, mezzi idonei nella quantità e nella qualità, personale sufficiente nel numero e adeguatamente formato".

IL QUESTIONARIO

La prima domanda era finalizzata a dividere la platea di coloro che hanno compilato il questionario: il 93,2% dei rispondenti appartiene al comparto, cioè infermieri/e, oss, fisioterapisti, tecnici e impiegati, mentre il 6,8% alla dirigenza medica.

La seconda domanda chiedeva quando l’Azienda abbia dato notizia ai dipendenti della pandemia: il 6,8% ha risposto che ciò è avvenuto ad “inizio febbraio”, il 12,4% a “metà febbraio”, il 41,2% a “fine febbraio”, il 39,5% “dopo febbraio”.

La terza domanda chiedeva quando siano stati forniti i dispositivi di protezione individuale (D.P.I.); il 9,6% ha risposto “subito”, il 21,5% “dopo alcuni giorni”, il 15,3% “dopo una settimana”, il 53,7% “dopo due settimane”.

La quarta domanda chiedeva quali D.P.I. siano stati forniti: 174 dipendenti, pari al 98,9%, hanno risposto che sono state fornite loro “mascherine chirurgiche”; 73, pari al 41,5%, “mascherine FP”; 107, pari al 60,89%,”guanti e doppi guanti”; 98, pari al 55,7%, “occhiali protettivi”; 39, pari al 22,2%, “caschi protettivi”; 101, pari al 57,4%, “camici protettivi”; 37, pari al 21%, “copri scarpe”; 35, pari al 19,9%, “tute protettive complete”. Tali risposte si devono leggere in base all’esposizione dei lavoratori: è evidente che chi ha indossato la tuta complessiva portava tutti i D.P.I.

La quinta domanda chiedeva se vi sia stata una formazione minima nell’uso dei D.P.I. prima dell’utilizzo, portando l’esempio della vestizione e della svestizione: il 41,8% degli intervistati ha risposto “si”, il 12,4% “no”, il 45,8% “approssimativamente”.

La sesta domanda voleva approfondire una questione specifica emersa in seguito ad alcune segnalazioni, cioè se il personale sia stato, fin da subito, invitato ad utilizzare le mascherine: il 5,1% ha risposto “si”, il 14,7% “no”, l’80,2% che “inizialmente è stato espressamente detto di non utilizzarle”.

La settima domanda chiedeva se ci sia sempre stata la piena disponibilità dei D.P.I nel luogo di lavoro.: il 16,9% ha risposto “si”, il 46,3% “no”, il 36,7% che “molte volte mancavano”.

L’ottava domanda chiedeva un giudizio sulla formazione che hanno avuto quegli operatori che, provenienti da altri reparti, sono stati adibiti ai nuovi reparti COVID: il 2,8% dei rispondenti l’ha definita “tempestiva e adeguata”; il 7,3% “tardiva ma adeguata”, il 5,1% “tempestiva ma inadeguata”, il 19,8% “tardiva e inadeguata”; il 65% ha dichiarato di non aver cambiato mansioni.

La nona domanda, rivolta a coloro che hanno dichiarato di aver cambiato mansione nella domanda precedente, chiedeva di indicare la data del cambio di mansione e la data della formazione per il nuovo impiego. Hanno risposto in 30: tutti indicano il cambio di mansione, riportando diverse date tra fine febbraio e metà aprile. Solo dieci, invece, riportano la data della formazione per il nuovo lavoro: alcuni di essi riportano che essa sia avvenuta dopo poche ore dal cambio di mansione; altri rispondenti, invece, riferiscono che siano passati dai 4 ai 15 giorni.

La decima domanda chiedeva se, a parere degli operatori, siano stati assunti tutti i provvedimenti necessari per la tutela dei lavoratori: l’1,7% dei rispondenti ha risposto “si, tempestivamente”, il 21,5% “si, ma in ritardo”, il 46,9% “non ancora del tutto”, il 29,9% “assolutamente no”.

L’undicesima domanda chiedeva il parere degli operatori in merito a chi siano i responsabili dei provvedimenti necessari e non assunti: il 3,4% ha risposto “le mancanze della Regione”; il 14,7% “le scelte della direzione interna”, il 71,2% “entrambe le precedenti”, il 10,7% “nessuno dei due, il Covid è una cosa che non potevamo aspettarci”.

La dodicesima domanda chiedeva, qualora il dipendente abbia segnalato sintomi COVID, dopo quanto tempo sia stato sottoposto a “tampone” diagnostico. A questa domanda hanno risposto 86 dipendenti: il 5,8% ha risposto “immediatamente”, il 19,8% “da 1 a 3 giorni dopo”, il 26,7% “da 4 a 7 giorni dopo”, il 12,8% “da 8 a 14 giorni dopo”, il 16,3% “più di 15 giorni dopo”, il 18,6% “non mi è stato fatto il tampone”.

La tredicesima domanda chiedeva all’operatore di riferire inadempienze, episodi o circostanze ambigue in merito alla propria sicurezza sul luogo di lavoro avvenute in questo periodo “Covid”. Si sono registrate 92 risposte che hanno evidenziato questi argomenti:

  • La questione del divieto di uso delle mascherine, già oggetto della sesta domanda, ha suscitato grande e diffusa irritazione fra i rispondenti: undici di essi hanno riferito specificatamente di una mail in cui se ne proibiva l’uso, pena sanzioni;

  • Nei Reparti COVID non sarebbe stato rispettato, secondo quanto si afferma, il limite massimo di uso, in un ambiente, di 4 caschi C-PAP: il superamento di tale soglia sarebbe a rischio visto che gli ambienti di cui si parla non sono a pressione negativa;

  • La divisione dei percorsi “sporco – pulito” sarebbe stata molto approssimativa, con spazi improvvisati con mancanza di zone filtro;

  • Molti dipendenti si sono sentiti usati come pedine e spostati senza adattamento e formazione;

  • Molti operatori si sono trovati a dover transitare da una zona all’altra “sporco – pulito” senza le necessarie cautele.

Redazione


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