Politica - 08 gennaio 2020, 07:25

L'On. Romano fa il punto (anche) sui rimborsi: ora sono in pari, ma sulle rendicontazioni serve maggior trasparenza

Intervista a tutto tondo con il deputato M5S, che non lesina critiche a Di Maio e auspica un cambio di passo nella gestione del Movimento "per evitare l'implosione"

L'Onorevole Paolo Romano

Per comprendere che il Movimento 5 Stelle sta attraversando uno dei momenti più difficili della sua pur breve storia è sufficiente scorrere i titoli dei giornali delle ultime settimane, tra abbandoni volontari come quello dell’ex ministro dell’Istruzione Fioramonti e espulsioni con strascichi polemici come nel caso del Senatore Paragone. Episodi cui si aggiunge il nodo delle mancate (o ritardate) restituzioni volontarie di parte delle indennità percepite da parte dei senatori e deputati pentastellati. Tra i morosi che non avrebbero ‘restituito’ quanto dovuto nel corso del 2019, il Corriere della Sera cita anche l’On. Paolo Romano, deputato astigiano alla seconda (e ultima, come previsto dallo statuto M5S) legislatura.

Lo abbiamo incontrato – nello studio dell’avv. Alberto Pasta, legale del Movimento astigiano – non solo per farci spiegare non soltanto le cause che lo hanno portato a ritardare i pagamenti (ora comunque ‘in pari’ fino all’agosto 2019), ma anche per confrontarci con lui sul passato, presente e futuro del Movimento 5 Stelle.

 

Onorevole, iniziamo questa nostra chiacchierata proprio dalla polemica relativa la restituzione di parte delle indennità maturate nel corso del 2019...
L’argomento è ricollegabile alla vicenda giudiziaria che mi vede accusato di aver rivelato segreti d’ufficio quando, nel 2015, ho pubblicato i piani di volo che dimostravano come l’allora premier Matteo Renzi avesse usato un volo di stato per andare a fare una settimana bianca a Courmayeur. Questa vicenda comporta un esborso economico per seguire la causa e, sinceramente, mi aspettavo maggior collaborazione da parte del Gruppo Parlamentare. Supporto che non è arrivato, quindi ho intrapreso uno “sciopero bianco”, destinando quel denaro al pagamento delle spese legali, anche per cercare di far emergere questa situazione, che poi ho scoperto essere comune anche ad altri colleghi. Quello che chiedo al Gruppo è di costituire un fondo o di sottoscrivere un’assicurazione che copra le spese legali, oppure di farci gestire i soldi delle restituzioni in maniera più ampia: ad esempio nelle caselle da compilare per la rendicontazione non ce n’è una relativo le spese legali. In ogni caso, ho recentemente versato nei termini previsti quanto dovuto, regolarizzando fino ad agosto 2019. Ora debbo vedere il termine entro cui versare per i mesi rimanenti. Però quel che è evidente è che questo sistema di rendicontazione non funziona.

 

Qual è l’iter attuale?
Il denaro che versiamo confluisce su un conto corrente intestato al capo politico Di Maio e ai capigruppo di Camera e Senato. Su quel conto ci sono oltre 4 milioni di euro che dovrebbero utilizzati per finalità benefiche, da definire previa votazione sulla piattaforma Rousseau, ma che per il momento sono lì fermi.

 

Al netto delle rendicontazioni, è evidente una certa maretta nel Movimento, con alcuni deputati che abbandonano di loro volontà e altri, come Paragone, cacciati. Com’è cambiata la natura del Movimento rispetto ai meetup delle origini? Ritiene abbiate compiuto errori? O forse vi ha cambiati Roma?
Ci siamo un po’ dovuti adeguare a quella che è la politica. Soprattutto a causa della legge elettorale che, non consegnandoci una maggioranza netta, ci ha costretti a scendere a compromessi: prima con un partner di centrodestra e ora con uno di centrosinistra.

 

In merito all’espulsione di Paragone, un big del Movimento come Alessandro Di Battista si è schierato apertamente a suo favore definendolo “più grillino di tanti altri”. Lei che opinione ha al riguardo?
Ritengo Paragone pecchi di eccessiva arroganza e protagonismo. Oltre al fatto che, anche vista la sua storia personale, probabilmente gli era molto più congeniale il precedente governo rispetto all’attuale. Per cui non me la sento di dare del tutto ragione a Di Battista, per quanto alcune tematiche care a Paragone, quali ad esempio l’impegno contro il TAV o sul conflitto di interessi, siano condivisibili.

 

E’ stato un errore candidarlo?
Penso di sì. Quando vai a ripescare personaggi così noti e vicini a una certa area politica il rischio che si creino situazioni come quella che ha portato alla sua espulsione è alto. Certo, di contro, è vero che sarebbe stato opportuno tenere un po’ più il punto fermo su alcuni argomenti centrali per il Movimento.

 

Quindi ritiene che la leadership di Di Maio sia stata un po’ troppo “morbida”?
Su alcune cose sì, ha indubbiamente sbagliato, in caso contrario oggi non saremmo in questa situazione.

 

Anche nel Movimento, l’insofferenza verso il capo politico è sempre più marcata ed esplicita. Nell’ipotesi che anche le elezioni di fine gennaio in Emilia Romagna e Calabria non vi portino il consenso sperato, riterrebbe auspicabile cambiare strada?
Aggiustare il tiro sarebbe necessario, dando maggior potere al gruppo gestendo le decisioni in maniera meno verticistica. Negli ultimi mesi questa situazione, particolarmente evidente, si è sentita molto ed è stata patita da tanti. Siamo stati fin troppo governisti, mentre ritengo che, in una situazione come quella in cui ci troviamo, ovvero dovendoci necessariamente confrontare con altre forze politiche, sarebbe opportuno rafforzare il dialogo tra le forze parlamentari lasciando al governo gli aspetti esecutivi.

 

Quando siete approdati in Parlamento Grillo aveva sostenuto che lo avreste aperto “come una scatoletta di tonno”, mentre questi ragionamenti, pur politicamente legittimi, mi fanno pensare alle correnti della vecchia DC… Da rivoluzionari a dorotei in una manciata di anni?
Beh, dorotei è forse un po’ troppo… Però è ovvio che, essendo in tanti, vi siano diverse visioni e cresca il malumore. Tra l’altro, alcuni dei più insofferenti al verticismo di cui parlavo prima sono i colleghi dei collegi uninominali scelti direttamente da Di Maio che, in teoria, dovrebbero essere quelli più fidati. Ora siamo riusciti a eleggere anche alla Camera il nuovo capogruppo e speriamo si riesca ad aggiustare un po’ il tiro, se no il rischio di un’implosione sarà alto.

 

Quando terminerà questa legislatura, per lei sarà la seconda e ultima attenendosi alle regole del Movimento. Ha qualche rimpianto?
Sicuramente si sarebbe potuto fare di più, essendo in maggioranza. Ma è una maggioranza monca, non essendo solo a 5 stelle, per cui accontentiamoci di quel che abbiamo fatto, confidando comunque ci sia tempo per fare ancora di più e meglio. Ma non dimentichiamoci i risultati ottenuti: dalla legge “spazzacorrotti” alla riforma della prescrizione che, pur contestata da tutti, c’è. Poi il reddito di cittadinanza, il decreto dignità e altro ancora…

 

Come si spiega, allora, che a fronte di tanti e tali risultati il Movimento sia uscito da tutte le tornate elettorali “con le ossa rotte”?
Io credo sia prima di tutto un problema di comunicazione, che andrebbe gestita diversamente. Io ho il deja-vu della prima legislatura, fatta completamente all’opposizione, nella quale a mio parere per tutto il primo anno avevamo completamente sbagliato approccio, non andando in televisione. Poi fortunatamente abbiamo cambiato registro, ma farlo dall’opposizione è più semplice che dal governo. Spero ancora una volta ci sia la voglia di rivedere la comunicazione: è uno degli impegni che abbiamo chiesto ai capigruppo.


Qual è la sua opinione in merito al movimento delle “Sardine”? L’entusiasmo che desta in un gran numero di potenziali elettori può ricordare, per certi versi, l’interesse verso le manifestazioni che hanno contrassegnato l’ascesa del Movimento?
Vedendo tra di loro alcune persone e situazioni vicine ai partiti, ho qualche perplessità. Però dobbiamo dare loro atto di essere riusciti a riportare gente in piazza, smuovendo le coscienze.

 

Voltando pagina, lei ha recentemente espresso disappunto per come l’informazione locale ha trattato la notizia della chiusura delle indagini in merito a un ipotesi di falso nel Bilancio 2015 della Cassa di Risparmio di Asti. Ci può spiegare meglio il suo punto di vista?
Anche su questo fronte constato un problema di comunicazione. O meglio, di mancata comunicazione. Affinché se ne parlasse, la notizia è dovuta uscire su un quotidiano nazionale, perché nel locale nessuno ne parlava, nonostante le accuse siano piuttosto gravi e degne di attenzione. Da parte nostra vigileremo scrupolosamente, anche alla luce delle vicende che hanno riguardato altre banche. Quindi monitoreremo attentamente la situazione e vogliamo porre l’attenzione su come funziona il sistema bancario con i suoi meccanismi, a volte fin troppo oscuri, che possono andare a incidere sui risparmi dei cittadini.

 

In merito alle 'restituzioni' e al delicato tema bancario, da lui più volte affrontato anche nel corso di incontri pubblici, abbiamo chiesto il punto di vista anche all'avvocato Pasta
Voglio fare una precisazione riguardo l’On. Romano, che ritengo abbia esaustivamente spiegato la situazione rimborsi e sottolineare la sostanziale ingiustizia subita da chi, in buona sostanza, oltre a dover “restituire” parte della propria indennità, deve ancora farsi carico di difendere le proprie posizioni derivanti da un’azione politica.

Non dimentichiamo poi che l’On. Romano è l’unico parlamentare di questa e delle passate legislature che non solo non cerca di opporsi a un procedimento penale che lo vede indagato, ma che rinuncia a qualsiasi prescrizione maturata e maturanda, rinunciando altresì ad avvalersi dell’immunità che gli sarebbe garantita dall’art. 68 della Costituzione. Noi vogliamo essere giudicati perché sappiamo di essere innocenti e vogliamo dimostrarlo davanti a un giudice.

Ciò detto, sorrido pensando al diverso atteggiamento tenuto dalle persone interessate dal procedimento – sostanzialmente identico, poiché entrambi sono giunti alla chiusura indagini – relativo la Cassa. Non appena ricevuto il 415 bis (notifica di chiusura indagini, ndr.) noi lo abbiamo subito comunicato all’opinione pubblica, ritenendola una notizia che si doveva dare. I vertici della Cassa, invece, non solo non hanno detto nulla finché la notizia è uscita sul “Fatto Quotidiano”, ma evidentemente hanno condizionato a punto tale la stampa locale da portarla a non scriverne una riga finché la notizia non è uscita in nazionale.

Ricordiamoci poi che la governance della Fondazione Cassa e della Cassa sono qualcosa di allucinante, senza contare i conflitti di interesse con un ex sindaco che è vicepresidente di una banca e l’attuale sindaco che è ex vicepresidente. In primavera si aprirà la corsa alla presidenza della Cassa di Risparmio di Asti e francamente non vorrei rivedere il solito giochino delle porte girevoli. Siamo consapevoli che la Cassa è un patrimonio della Città, ma un conto è l’Istituzione in sé e un altro è chi la governa.

L'avvocato Alberto Pasta

Gabriele Massaro


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